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Salvini sbaglia: il ponte sullo Stretto non creerà 120 mila posti di lavoro

| 26 aprile 2024
La dichiarazione
«Gli studi della Società Stretto di Messina calcolano che dall’apertura del cantiere del ponte sullo Stretto saranno creati 120 mila posti di lavoro»
Fonte: Cinque minuti – Rai 1 | 24 aprile 2024
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Verdetto sintetico
La stima citata da Salvini è sbagliata.
In breve
  • La Società Stretto di Messina non parla di 120 mila posti di lavoro creati, ma di 120 mila unità lavorative annue (ULA) attivate. Le ULA sono una cosa diversa rispetto ai posti di lavoro. TWEET
  • Secondo la società, il cantiere del ponte sullo Stretto richiederà 4.300 occupati l’anno, con un picco di 7 mila. Questa stima, prendendola per attendibile, è molto più bassa rispetto a quella indicata da Salvini. TWEET
Il 24 aprile, ospite di due programmi su Rai 1 condotti da Bruno Vespa, il leader della Lega Matteo Salvini ha ripetuto che la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina creerà 120 mila posti di lavoro. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha citato questo numero due volte ospite a Cinque Minuti (min. 0:47 e min. 2:43) e poi una volta ospite a Porta a Porta (min. 23:40). In entrambe le trasmissioni, il leader della Lega ha citato come fonte la Società Stretto di Messina, riattivata lo scorso anno dal governo Meloni per costruire il ponte.

Già all’inizio del suo mandato Salvini aveva detto che l’opera avrebbe creato 120 mila posti di lavoro, ma nei mesi successivi ha via via ridotto questa stima, parlando di 100 mila posti di lavoro, scesi a 50 mila, a 40 mila e ad «alcune decine di migliaia». Il 27 aprile, tre giorni dopo le interviste su Rai 1, lo stesso Salvini ha detto in un’intervista al Corriere della Sera che «aprire i cantieri» del ponte «significherà, secondo le stime della Società Stretto di Messina, creare fino a 100 mila posti di lavoro in tutta Italia».

Dunque, Salvini continua a ripetere cifre diverse sull’impatto occupazionale del ponte sullo Stretto. Ma numeri alla mano, vediamo perché la stima sui 120 mila posti di lavoro creati è scorretta.

L’errore di Salvini

A marzo la Società Stretto di Messina ha presentato il progetto del ponte sullo Stretto in un’audizione alle Commissioni Ponte dei comuni di Messina (Sicilia) e Villa San Giovanni (Calabria). Tra le slide della presentazione, ce n’è una dedicata agli impatti che la realizzazione del «collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria» potrebbe avere sull’occupazione. 

Come mostra l’Immagine 1, la Società Stretto di Messina ha stimato che la costruzione del ponte richiederà 30 mila unità lavorative annue (abbreviate con la sigla “ULA”) per quanto riguarda il lavoro diretto e 90 mila ULA per quanto riguarda il lavoro indiretto e quello indotto. Sommando questi due numeri, si ottiene il dato di 120 mila a cui con tutta probabilità fa riferimento Salvini quando parla di «120 mila posti di lavoro creati». La lettura che il leader della Lega dà di questa stima è però sbagliata.
Immagine 1. Slide della presentazione del progetto del ponte sullo Stretto dedicata all’impatto occupazionale dell’opera – Fonte: Società Stretto di Messina
Immagine 1. Slide della presentazione del progetto del ponte sullo Stretto dedicata all’impatto occupazionale dell’opera – Fonte: Società Stretto di Messina
Le unità di lavoro annuo non corrispondono al numero di occupati: un’unità di lavoro annuo rappresenta infatti la quantità di lavoro svolta da una persona impiegata a tempo pieno per un intero anno. In base alle tempistiche stimate dalla Società Stretto di Messina, il cantiere del ponte durerà almeno sette anni. Da qui viene il numero dei «4.300 occupati in media nel periodo di costruzione del ponte» indicato dalla Società Stretto di Messina: bisogna dividere le 30 mila ULA per sette. La stessa Società stima un picco di «7 mila occupati» durante la costruzione del ponte. Prendendo questi numeri per attendibili, sono parecchio più bassi di quelli rilanciati in tv da Salvini.

L’analisi costi-benefici

Numeri simili sono contenuti in una vecchia relazione, pubblicata nel 2001 dal Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo (Certet) dell’Università Bocconi di Milano, che insieme alla società di consulenza Pricewaterhouse Coopers, aveva valutato da un punto di vista economico la costruzione del ponte sullo Stretto. All’epoca si parlava di unità lavorative annue “attivate”: con questo termine si fa riferimento generalmente alla forza lavoro impiegata nella costruzione di un’opera e non necessariamente a nuova occupazione. In più la relazione sottolineava che una volta realizzato il ponte, e quindi finiti i cantieri, ci sarà una diminuzione dei posti di lavoro impiegati nei traghetti, solo in parte compensati da quelli impiegati nella gestione e nella manutenzione dell’opera. 

A novembre 2023 è stata aggiornata l’analisi costi-benefici del ponte, realizzata dal Certet. Il testo dell’analisi non è pubblicamente disponibile, ma Pagella Politica ha potuto prenderne visione. Nel testo non è mai menzionato il numero di occupati che sarebbe creato grazie alla realizzazione dell’infrastruttura, ma si stima che i benefici dell’opera sono superiori ai costi grazie alle riduzioni dei gas serra. Nell’analisi costi-benefici pubblicata dalla Società Stretto di Messina si sottolinea solo genericamente che, per la realizzazione del ponte, «le imprese di costruzione assumeranno anche persone già occupate le quali, a loro volta, dovranno essere sostituite liberando occasioni di lavoro per persone inoccupate».

Di recente questa analisi costi-benefici è stata criticata da Francesco Ramella, professore di Trasporti all’Università di Torino, che ha realizzato un’analisi costi-benefici alternativa, secondo cui il rapporto tra benefici e costi dell’opera sarebbe negativo. Su lavoce.info Ramella ha spiegato che il risultato positivo dell’analisi costi-benefici pubblicata dalla Società Stretto di Messina «è positivo solo grazie all’alto valore economico attribuito alla riduzione delle emissioni di CO2». Alcune osservazioni all’analisi costi-benefici sono state fatte anche dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, che ha chiesto varie integrazioni alla Società Stretto di Messina.

La stima di OpenEconomics

Negli scorsi mesi Salvini ha più volte citato un’altra stima sull’occupazione creata dal ponte sullo Stretto, realizzata dalla società di consulenza OpenEconomics. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha spesso presentato questa stima come il risultato di un’analisi costi-benefici, ma non è così: OpenEconomics ha stimato l’impatto economico del cantiere senza soppesare i costi con i benefici. Al di là di questo chiarimento, la società di consulenza ha scritto che «saranno oltre 36 mila gli occupati, tra diretti e indiretti, per la durata del cantiere stimata in otto anni». Un numero molto più basso di quello rilanciato su Rai 1 da Salvini.

OpenEconomics non ha pubblicato i dati e i calcoli dietro alle sue stime, ma li ha riassunti in una presentazione composta da venti slide: non è dunque possibile verificare con precisione l’attendibilità delle stime contenute nello studio. Prendendole per buone, stiamo parlando di un numero pari a un terzo dei «120 mila posti di lavoro» di cui parla Salvini.

Il verdetto

Matteo Salvini ripete che il ponte sullo Stretto di Messina creerà 120 mila posti di lavoro, citando come fonte la Società Stretto di Messina. Abbiamo verificato e il numero citato dal ministro delle Infrastrutture è scorretto.

La società non parla di 120 mila posti di lavoro creati, ma di 120 mila unità lavorative annue (ULA) “attivate”. Le ULA sono una cosa diversa rispetto ai posti di lavoro. Secondo la Società Stretto di Messina, il cantiere del ponte sullo Stretto richiederà 4.300 occupati l’anno, con un picco di 7 mila. Prendendo per attendibile questa stima, è parecchio più bassa rispetto a quella indicata da Salvini.

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