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No, i social non producono il 4 per cento delle emissioni di CO2

| 23 aprile 2021
La dichiarazione
«I social producono il 4 per cento dell’anidride carbonica che viene immessa in atmosfera»
Fonte: Piazza Pulita – La 7 | 22 aprile 2021
Ansa
Ansa
Verdetto sintetico
Pinocchio andante
Il 22 aprile il fisico Roberto Cingolani è stato per la prima volta ospite in televisione, a Piazza Pulita su La 7, da quando è ministro della Transizione ecologica. Tra le altre cose, Cingolani ha spiegato (min. 0:15) che non ha profili sui social network perché li ritiene «assolutamente inutili» e perché inquinano, producendo «il 4 per cento» delle emissioni di anidride carbonica (CO2) a livello globale. Il ministro ha anche aggiunto che «qualunque tecnologia inquina», ma che lui usa «la posta elettronica e alcune piattaforme» perché «sono utili».

Al di là della legittima scelta di Cingolani, è vero che tutti i social network (come Facebook, Twitter e Instagram) messi insieme sono responsabili del 4 per cento delle emissioni di anidride carbonica? Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e il ministro sbaglia, di parecchio. Vediamo perché.

Quali settori emettono più CO2

Come abbiamo spiegato più volte, il riscaldamento globale negli ultimi decenni è un dato di fatto ed è causato dalle attività umane, che immettono i cosiddetti “gas serra” – tra cui l’anidride carbonica, o CO2 – nell’atmosfera, responsabili dell’aumento medio delle temperature. Secondo i dati più aggiornati, ogni anno vengono emessi gas serra per l’equivalente di circa 50 miliardi di tonnellate di CO2, che vanno a sommarsi a quelle già presenti nell’atmosfera. Ma quali sono le attività che producono più emissioni?

Circa tre quarti delle emissioni sono relative alla produzione e al consumo di energia (73,2 per cento) in diversi settori. Qui dentro troviamo al primo posto l’energia utilizzata nell’industria (24,2 per cento delle emissioni totali), per esempio per la produzione di acciaio e altri prodotti manifatturieri; nei trasporti (16,2 per cento), siano essi auto, treni, navi e aerei; e negli edifici (17,5 per cento), per esempio per il loro riscaldamento e la loro illuminazione.

Quasi un quinto delle emissioni (18,4 per cento) fa riferimento all’agricoltura e all’utilizzo della terra, mentre oltre un decimo (5,2 per cento) ai sottoprodotti delle industrie, per esempio nella produzione del cemento, dei prodotti chimici e petrolchimici (Grafico 1).
Grafico 1. Emissioni di gas serra per settori – Fonte: Our World in Data
Grafico 1. Emissioni di gas serra per settori – Fonte: Our World in Data
È plausibile, come dice Cingolani, che i soli social network siano responsabili del 4 per cento di tutte le emissioni di CO2, per esempio attraverso l’energia consumata per mantenere attivi i server o i dispositivi come pc e smartphone? Per avere un’ordine di grandezza, tutto il trasporto aereo del mondo è responsabile di quasi il 2 per cento delle emissioni. Se Cingolani avesse ragione, vorrebbe dire che Facebook, Twitter o TikTok emettono il doppio dei gas serra rispetto a quelli prodotti da tutti i voli passeggeri e quelli commerciali, sia domestici che internazionali.

Da questa prospettiva, la percentuale indicata dal ministro della Transizione ecologica sembra davvero parecchio esagerata. Ma servono i numeri per dimostrarlo. In questo caso la dichiarazione di Cingolani a Piazza Pulita sembra frutto di un errore di confusione.

Quante emissioni sono prodotte dal digitale

Non è la prima volta che Cingolani parla della percentuale del «4 per cento». In una conferenza dello scorso 3 marzo, il ministro aveva detto che «la digitalizzazione è una tecnologia fantastica se usata in modo intelligente ma anch’essa non è gratis energeticamente: si stima produca circa il 4 per cento della CO2 totale, gli aerei fanno il 2 per cento».

Dunque è molto probabile che Cingolani abbia scambiato le emissioni dei social network con quelle del «digitale», come l’ha chiamato lui stesso nella conferenza del 3 marzo. Ma che cosa si intende per «digitale» e da dove viene il 4 per cento tanto caro al ministro?

La risposta sta in un rapporto pubblicato a marzo 2019 da The Shift Project, un think tank francese che promuove la decarbonizzazione nel mondo. Secondo i calcoli dei ricercatori, la percentuale del «4 per cento» (3,7 per cento, per la precisione) rappresenta il contributo alle emissioni di un settore parecchio generale: quello delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Information and communication technologies, Ict). Come spiega il rapporto, non esistono stime a livello mondiale basate sull’energia direttamente consumata da prodotti e servizi digitali. Per ottenerle bisogna basarsi su un’ampia serie di assunzioni, da prendere con la dovuta cautela.

Nella categoria Ict ci entra un po’ di tutto, e i social network non sono neppure citati esplicitamente. Sono stati infatti presi in considerazione le reti di telecomunicazioni, i data center, i computer, gli smartphone e altri prodotti come le televisioni e i sensori del cosiddetto “internet delle cose” (come gli elettrodomestici connessi alla rete internet). Secondo altre stime, il contributo delle tecnologie dell’Ict si aggirerebbe intorno al 3 per cento delle emissioni di gas serra, o addirittura meno, intorno all’1,5 per cento. Il punto è sempre quello di valutare quali numeri vengono presi in considerazione e sulla base di quali assunti, un compito da ricercatori.

Come riporta un approfondimento pubblicato a marzo 2020 dalla Bbc, esistono alcune stime sulle emissioni dei social. Tra le varie forme di intrattenimento digitale, sembrano essere quelli con il minor impatto ambientale, sebbene l’elevato numero di utenti a livello mondiale non renda trascurabile i loro effetti. Inoltre aziende come Facebook si sono impegnate a raggiungere entro il 2030 il traguardo delle “emissioni nette zero”, dove le emissioni bilanciano perfettamente la quantità di CO2 rimossa dall’atmosfera.

In generale i dati suggeriscono che negli anni una parte dell’energia consumata dal settore digitale sia in crescita e che questo debba essere preso in considerazione quando si parla delle iniziative da mettere in campo per ridurre l’impatto degli esseri umani sul clima.

Il verdetto

Secondo Roberto Cingolani, «i social producono il 4 per cento dell’anidride carbonica che viene immessa in atmosfera». Ma questa percentuale è parecchio esagerata, se si considera che equivale al doppio delle emissioni prodotte da tutto il trasporto aereo nel mondo.

È molto probabile che il ministro della Transizione ecologica volesse fare riferimento a un’altra stima, relativa alle emissioni di CO2 di tutto il settore del digitale, comprendendo non solo i social network, ma tutte le reti di telecomunicazioni e dispositivi come computer e smartphone.

In conclusione, Cingolani si merita un “Pinocchio andante”.

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