L’Italia repubblicana ha cambiato diverse volte la legge elettorale, anche se lo ha fatto quasi solo negli ultimi 25 anni. Durante la Prima repubblica, la legge è rimasta invariata fino al 1993, con la breve parentesi della “legge truffa” del 1953. Poi sono cominciati gli -ellum: il Mattarellum (il nome fu inventato dal politologo Giovanni Sartori), un sistema elettorale misto tra maggioritario e proporzionale; il Porcellum, alla vigilia delle elezioni del 2006; l’Italicum nel 2015, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.



Altri Paesi hanno, in questo campo, una storia meno effervescente: il Regno Unito ha mantenuto più o meno invariato il suo sistema elettorale dalla fine dell’Ottocento. Il Third Reform Act del 1884 – e la legge che ridisegnò i collegi elettorali l’anno successivo – allargò la democraticità e rappresentatività introducendo il principio di un voto per ogni cittadino, anche se la parità uomo-donna fu ottenuta solo nel 1928.



Il sistema scelto nel 1884-1885 fu il cosiddetto first past the post (FPTP): all’interno di ognuno dei 650 collegi, chi ottiene anche solo un voto più degli avversari guadagna il seggio corrispondente alla House of Commons, la camera bassa del Parlamento britannico (per la House of Lords le cose sono assai più complicate, e sono cambiate molte volte nel tempo).



Il FPTP ha una lunga storia, ma non è esente da difetti. Dato che ogni collegio elegge un solo parlamentare e non ci sono meccanismi per recuperare, a livello nazionale, i voti che sono andati al secondo o al terzo partito, moltissimi voti vanno dispersi. I partiti piccoli sono quelli che soffrono di più. Prendere una percentuale relativamente alta in molti collegi, senza vincerne nessuno, è equivalente a non presentarsi neppure alle elezioni, per quanto riguarda la traduzione dei voti in seggi.



L’esempio più recente: circa 600.000 persone hanno votato per il partito euroscettico UKIP alle elezioni del 2017, ma la formazione politica ha ottenuto zero seggi. Al contrario, con 977.000 voti concentrati nei collegi scozzesi lo Scottish National Party ha portato a casa 35 parlamentari.



Man mano che il sistema bipolare britannico è entrato in crisi, e i partiti minori hanno acquistato forza, sono cresciute anche le voci di chi ha detto che il FPTP non è più adeguato a rappresentare il volere degli elettori britannici. Un referendum per passare a un altro metodo, il voto alternativo (in cui l’elettore può classificare i candidati in ordine di preferenza, usato ad esempio in Australia) è stato però bocciato con oltre due terzi dei voti contrari nel 2011.