Meloni è troppo ottimista sull’attuazione del Pnrr?

La presidente del Consiglio dice che i dati sulla spesa delle risorse europee sono «molto buoni». Abbiamo controllato se il suo ottimismo è fondato
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Giovedì 22 febbraio, ospite del programma Cinque Minuti su Rai 1, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rivendicato quanto fatto finora dal suo governo per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Secondo Meloni, i dati sulla spesa italiana dei soldi ricevuti finora dall’Unione europea sono «molto buoni», visto che sono stati usati in totale circa 45 miliardi di euro, di cui 21 miliardi nel 2023. 

Ma quanto sono davvero «buoni» questi numeri? L’ottimismo della presidente del Consiglio è fondato oppure no? Facciamo un po’ di chiarezza.

Quanti soldi del Pnrr sono stati spesi

Giovedì il governo Meloni ha presentato alla stampa la quarta “Relazione sullo stato di attuazione del Pnrr”, che sarà trasmessa al Parlamento. La relazione non è ancora pubblicamente disponibile, ma è stata presentata in conferenza stampa dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto. Pagella Politica ha potuto prendere visione di una sintesi della relazione, trasmessa dal governo alla stampa. Questa relazione era molto attesa: l’ultima, infatti, era stata pubblicata otto mesi fa, a giugno del 2023. 

Il Pnrr è stato approvato ufficialmente dall’Ue nell’estate del 2021, con finanziamenti complessivi pari a oltre 191 miliardi di euro, da ricevere suddivisi in dieci rate entro giugno 2026 nel rispetto di determinate scadenze. Con la revisione del piano, approvata all’inizio dello scorso dicembre, il valore del Pnrr è salito a 194,4 miliardi di euro, per effetto anche dell’integrazione con le risorse del programma REPowerEU, promosso dall’Ue per ridurre la dipendenza europea dai combustibili fossili russi. 

In base ai dati più aggiornati, contenuti nella nuova relazione del governo, fino al 31 dicembre 2023 l’Italia ha speso circa 45,6 miliardi di euro in investimenti finanziati dal Pnrr. Ricordiamo che fino a oggi il nostro Paese ha incassato circa 102 miliardi di euro dall’Ue, grazie al prefinanziamento di agosto 2021 e a quattro rate, l’ultima erogata dalla Commissione europea alla fine di dicembre. Solo nel 2023 la spesa si è attestata intorno ai 21,1 miliardi di euro, più o meno quanto speso nell’anno e mezzo precedente. In conferenza stampa il ministro Fitto ha precisato che il dato sulla spesa del 2023 è «prudenziale», visto che non sarebbero stati caricati ancora tutti i dati sul sistema ReGiS. Questa piattaforma è stata sviluppata dalla Ragioneria generale dello Stato, un dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e serve alle autorità per monitorare l’andamento del piano. 

In realtà, dai 45,6 miliardi di euro visti sopra vanno tolti 2,6 miliardi di euro di risorse usate per investimenti che sono stati tolti dal Pnrr con la revisione del piano. Dunque, la spesa si attesta intorno ai 43 miliardi di euro: questo vuol dire che al momento l’Italia ha speso il 43 per cento dei soldi finora incassati dall’Ue (meno della metà) e il 22 per cento di tutte le risorse su cui può contare il Pnrr (poco più di un quinto). Questi sono numeri «buoni», come dice Meloni, o mostrano dei problemi nell’attuazione?

I ritardi nella spesa

Come prima cosa, possiamo vedere per che cosa sono stati spesi finora i soldi del Pnrr. Quasi 28 miliardi di euro sono stati usati per incentivi fiscali, in particolare per il Superbonus edilizio e Industria 4.0 (un piano che incentiva l’innovazione tecnologica delle imprese). Questi sono investimenti nati prima del Pnrr, il cui finanziamento è stato in parte poi inserito nel piano. Togliendo questa spesa da quella raggiunta finora, otteniamo 15 miliardi di euro, una spesa pari a circa il 15 per cento degli oltre 102 miliardi incassati dal nostro Paese.

Un altro modo per valutare la bontà della spesa è confrontare i dati attuali con le previsioni fatte in passato. Per esempio la terza relazione sull’attuazione del Pnrr, pubblicata a giugno 2023, aveva previsto una spesa di poco inferiore ai 34 miliardi di euro per tutto l’anno scorso. I dati più recenti divulgati dal governo dicono che si è indietro di circa 14 miliardi di euro. Ancora prima, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), approvata a settembre 2022 dal governo Draghi e poi integrata dal governo Meloni, aveva previsto di spendere 41 miliardi di euro nel 2023. Questa previsione era già al ribasso rispetto agli oltre 43 miliardi previsti dal Documento di economia e finanza (Def) di aprile 2022. La Nadef del 2022 aveva stimato che, nel complesso, alla fine del 2023 si sarebbero spesi 61,4 miliardi di euro del Pnrr, mentre il Def 2022 77 miliardi (Tabella 1). Oggi siamo intorno ai 43 miliardi, come abbiamo visto.
Tabella 1. Previsioni di spesa delle risorse del Pnrr contenute nella Nadef 2022
Tabella 1. Previsioni di spesa delle risorse del Pnrr contenute nella Nadef 2022
Questi ritardi di spesa non sono una novità: si erano già accumulati durante il governo Draghi. Se i numeri divulgati dal governo non saranno rivisti particolarmente al rialzo, vorrà dire che nel 2024, nel 2025 e nel 2026 l’Italia dovrà spendere ancora circa 151 miliardi di euro, in media oltre 50 miliardi di euro l’anno, più di quanto speso finora tra il 2021 e il 2023. 

I ritardi non ci sono solo nella spesa: lo scorso dicembre l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani, ha spiegato che «l’avvio delle gare soffre di ritardi su tutto il territorio nazionale ma con maggiore rilievo nel Mezzogiorno». In generale, ha sottolineato l’Upb, «la valutazione dello stato di attuazione del Pnrr è un’operazione complessa», visto che il governo non pubblica tutti i dati completi sui progetti finanziati dal piano. Di recente Openpolis, una fondazione che promuove maggiore trasparenza nella politica, ha inviato una nuova richiesta di accesso generalizzato agli atti (Foia) per ottenere maggiore trasparenza sul Pnrr. «Allo stato attuale tuttavia risulta impossibile capire quali siano le opere effettivamente finanziate con il piano e anche quale sia il loro reale stato di avanzamento. Ciò perché i dati riguardanti tali aspetti non sono ancora pubblici», ha scritto Openpolis

L’Italia prima in Europa?

Il 22 febbraio, per dimostrare il buon operato del governo, il ministro Fitto ha annunciato su Facebook che «l’Italia è prima in Europa per obiettivi e investimenti raggiunti nell’ambito del Pnrr». La fonte è la valutazione di medio termine pubblicata dalla Commissione Ue sul Recovery and resilience facility (Rrf), il fondo che finanzia i piani nazionali di ripresa e resilienza di tutti gli Stati membri dell’Ue. Secondo la Commissione Ue, a oggi l’Italia ha raggiunto 178 obiettivi (chiamati target in gergo tecnico) e traguardi (milestone), il 34 per cento dei 527 concordati con l’Ue. I traguardi fanno riferimento al raggiungimento di risultati qualitativi (per esempio, l’approvazione di riforme o singoli provvedimenti normativi), mentre gli obiettivi a risultati quantitativi (per esempio, l’assunzione di un determinato numero di personale in un settore specifico).

È vero che il nostro Paese occupa il primo posto, ma vanno fatte almeno due osservazioni. La prima: l’Italia è il Paese che ha concordato più obiettivi e traguardi con l’Ue. Per esempio la Spagna ne ha raggiunti finora 121, ma su 416 (il 29 per cento), mentre la Croazia 104 su 372 (il 28 per cento). Discorso analogo vale per le rate: l’Italia ne ha già incassate quattro e ha chiesto l’erogazione della quinta rata, primo Paese nell’Ue. Ma non tutti i Paesi hanno concordato con l’Ue l’erogazione dei fondi del Recovery and Resilience Facility attraverso dieci rate. Insomma, fare classifiche tra i Paesi ha senso fino a un certo punto: basti pensare che il Pnrr italiano può contare su risorse pari a circa l’11 per cento del Pil italiano, mentre il Pnrr della Germania su risorse pari allo 0,7 per cento del Pil tedesco.

La seconda osservazione: questa valutazione, come ha sottolineato la stessa Commissione Ue, non tiene conto del fatto che con la revisione del Pnrr il numero di obiettivi e traguardi è aumentato da 527 a 617. Al momento non è quindi disponibile una “classifica” aggiornata con gli obiettivi e i traguardi raggiunti da tutti i Paesi in percentuale sul totale di quelli concordati con le revisioni dei piani. La revisione del piano ha spostato in avanti anche il raggiungimento di buona parte di questi obiettivi, come mostra il Grafico 1 realizzato dall’Upb. Per esempio, la quinta rata è stata ridotta da 69 a 52 tra obiettivi e traguardi, mentre quelli della prossima rata, la sesta, sono passati da 31 a 39. La rata più consistente è l’ultima: per chiedere l’erogazione della decima rata, l’Italia dovrà raggiungere entro la fine di giugno 2026 173 tra obiettivi e traguardi, contro i 120 fissati dal Pnrr originario.
Grafico 1. Come è cambiato il numero dei traguardi (M) e degli obiettivi (T) dopo la revisione del Pnrr – Fonte: Upb
Grafico 1. Come è cambiato il numero dei traguardi (M) e degli obiettivi (T) dopo la revisione del Pnrr – Fonte: Upb

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