Mes e Giurì d’onore: chi ha ragione tra Conte e Meloni

Una commissione speciale dovrà stabilire se la presidente del Consiglio ha leso «l’onorabilità» del presidente del Movimento 5 Stelle
ANSA
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Giovedì 18 gennaio il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte è stato ascoltato dal Giurì d’onore istituito alla Camera per accertare se la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha leso «la sua onorabilità» in merito al dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes). In base al regolamento della Camera, il Giurì d’onore è una commissione speciale composta da cinque deputati, che su richiesta di un deputato deve verificare se le accuse mossegli contro da un altro deputato su un tema specifico siano fondate oppure no. Lo scorso 13 dicembre Meloni ha accusato Conte e il suo governo di aver firmato nel 2021 la riforma del trattato che ha istituito il Mes da dimissionario e «contro il parere del Parlamento». Poche ore dopo il presidente del Movimento 5 Stelle aveva respinto le accuse, dicendo che il Mes è stato introdotto in Italia proprio da Meloni, che sarà ascoltata dal Giurì d’onore venerdì 19 gennaio.

Fatti alla mano, ricostruiamo che cosa c’è di vero e cosa no nelle accuse fatte da Meloni e Conte. Per un’analisi più approfondita, vi consigliamo la lettura di due fact-checking che nelle scorse settimane abbiamo pubblicato sulle versioni date dai due politici: le trovate qui e qui

La versione di Meloni

Come anticipato, l’accusa di Meloni contro Conte poggia su due elementi in particolare: secondo la leader di Fratelli d’Italia, Conte ha dato il via libera alla riforma del Mes quando il suo governo era dimissionario e contro la volontà espressa dal Parlamento. Ricordiamo che il Mes è stato istituito nel 2012 con l’obiettivo di prestare aiuto ai Paesi che adottano l’euro in caso di crisi economica. Negli anni successivi sono iniziate le trattative per riformare il trattato che ha istituito il Mes, conclusesi alla fine del 2020. All’epoca Conte guidava per la seconda volta il governo, supportato da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva e Liberi e Uguali. 

L’incontro decisivo per la riforma del Mes si è tenuto il 30 novembre 2020. Quel giorno l’Eurogruppo, un organo informale che raggruppa i ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi dell’area euro, ha deciso di procedere con la riforma del Mes e di fissare al 27 gennaio 2021 la firma della riforma del trattato. Pochi giorni dopo, il 9 dicembre 2020, Conte ha parlato alla Camera e al Senato in vista del Consiglio europeo il 10 e l’11 dicembre. Nel secondo giorno era in programma anche un incontro del cosiddetto “Euro Summit”, dove i capi di Stato o di governo dei Paesi dell’area euro forniscono orientamenti strategici sulla politica economica. Tra le altre cose, l’Euro Summit aveva all’ordine del giorno l’esame della riforma del Mes. 

Il 9 dicembre la Camera e il Senato hanno approvato una risoluzione presentata dai partiti di maggioranza che, tra le altre cose, impegnava il governo Conte a «finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Euro Summit sulla riforma del trattato del Mes». Tranne qualche eccezione nel Movimento 5 Stelle, i partiti che sostenevano il governo Conte hanno votato a favore, mentre i partiti all’opposizione – che oggi sono al governo – hanno votato contro.

È scorretto quindi, come ha fatto Meloni, dire che non c’era un mandato parlamentare a favore della chiusura delle trattative sulla riforma del Mes. E per quanto riguarda l’accusa sulla firma da governo «dimissionario»?

I rappresentanti permanenti dei Paesi membri del Mes hanno poi firmato il via libera alla riforma il 27 gennaio 2021. All’epoca il rappresentante permanente dell’Italia era Maurizio Massari. Conte si era dimesso da presidente del Consiglio il giorno prima, dopo che Italia Viva aveva aperto ufficialmente una crisi di governo l’11 gennaio. 

Quindi è vero che la firma sulla riforma è arrivata mentre il secondo governo Conte era dimissionario. Il governo, però, aveva dato il mandato a Massari di firmare la riforma il 20 gennaio, prima delle dimissioni di Conte. Questa data compare nel messaggio ufficiale, mostrato in aula dalla stessa Meloni, che l’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva inviato a Massari.

Ricordiamo che la firma della riforma non ha fatto entrare in vigore le modifiche al funzionamento del Mes. Dopo la firma di gennaio 2021 hanno dovuto ratificare la riforma tutti i parlamenti nazionali dei Paesi membri del Mes. Dopo vari rinvii, il disegno di legge per la ratifica della riforma del Mes è stato bocciato dalla Camera lo scorso 21 dicembre.

La versione di Conte

Conte ha replicato alle parole di Meloni accusandola di essere stata lei a introdurre il Mes in Italia, quando era ministra della Gioventù nel quarto governo Berlusconi. A sostegno della sua accusa, in un video il presidente del Movimento 5 Stelle ha mostrato un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri ad agosto 2011.

Il disegno di legge in questione, presentato poi in Parlamento a settembre 2011 dal quarto governo Berlusconi, proponeva di ratificare la modifica dell’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue). Questa modifica era stata decisa a marzo 2011 dal Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo dell’Ue, per consentire in modo generico ai Paesi membri dell’area euro di creare un organismo che prestasse assistenza finanziaria agli Stati in crisi economica. Questo organismo era il Mes, che all’epoca non era ancora stato ufficialmente istituito. 

Il trattato ufficiale che ha istituito il Mes è stato firmato a febbraio 2012 dal governo tecnico di Mario Monti, che a novembre 2011 aveva preso il posto del governo Berlusconi.

Ad aprile 2012 il governo Monti ha poi presentato in Parlamento il disegno di legge per ratificare il trattato con cui era stato ufficialmente creato il Mes. In Parlamento era ancora fermo il percorso di approvazione dell’altro disegno di legge, quello citato da Conte, che riguardava la modifica dei trattati europei. Il 12 luglio 2012 il Senato ha approvato entrambi i disegni di legge, mentre il via libera definitivo ai due testi è stato dato dalla Camera una settimana dopo, il 19 luglio. Salvo poche eccezioni, i parlamentari del Popolo della Libertà (nato dall’unione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale) votarono a favore della ratifica del trattato del Mes, così come il Partito Democratico. La Lega Nord votò contro, mentre l’allora deputata Meloni era assente.

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