Sull’ergastolo ostativo il governo ripropone un testo che Fratelli d’Italia non votò

L’esecutivo di Giorgia Meloni è intervenuto sul tema con il suo primo decreto-legge, riproponendo un provvedimento approvato nella scorsa legislatura, ma senza il voto del partito della presidente del Consiglio
Pagella Politica
Il 31 ottobre, in una conferenza stampa, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha presentato il contenuto del primo decreto-legge approvato dal suo governo, omettendo però un dettaglio importante, che riguarda il suo partito.

Tra le altre cose, il decreto-legge contiene alcune novità sul cosiddetto “ergastolo ostativo”, ossia il regime carcerario che esclude gli autori di alcuni reati particolarmente gravi, tra cui quelli di stampo terroristico o mafioso, da possibili benefici penitenziari, a meno che questi non decidano di collaborare con la giustizia. Nel 2021 la Corte costituzionale aveva dichiarato incompatibile con la Costituzione l’attuale regime dell’ergastolo ostativo, invitando il Parlamento a intervenire, prima di un nuovo giudizio sul tema, previsto per il prossimo 8 novembre. 

Visti i tempi ristretti, il governo Meloni ha deciso di intervenire sulla questione con il primo decreto-legge, recuperando quanto già fatto dai parlamentari nella scorsa legislatura per rendere l’ergastolo ostativo in linea con la Costituzione. «Il Parlamento ci ha lavorato nella scorsa legislatura, la Camera dei deputati ha approvato una norma all’unanimità, ma per effetto della fine della legislatura la norma non è stata approvata anche al Senato», ha dichiarato Meloni in conferenza stampa. «Abbiamo scelto di inserire in un decreto la norma esattamente come è stata approvata dalla Camera dei deputati, per rispetto anche del lavoro che il Parlamento aveva fatto nella scorsa legislatura, per rispetto a una norma che aveva avuto l’unanimità del consenso».

Il testo in questione è stato approvato il 31 marzo 2022 alla Camera, ma non con il voto favorevole di tutti i deputati, come invece lasciato intendere da Meloni. Quel giorno, in aula, erano presenti 333 deputati: i voti favorevoli erano stati 285 e quelli contrari uno, con 47 deputati astenuti, tra cui c’erano i membri proprio di Fratelli d’Italia, il partito guidato da Meloni, che era all’opposizione.

Nelle dichiarazioni di voto finale, il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro Delle Vedove – che il 31 ottobre è stato nominato sottosegretario alla Giustizia – aveva motivato l’astensione del partito sul provvedimento. Fratelli d’Italia «si asterrà perché questo provvedimento cerca di mettere una toppa a un lento, ma inarrestabile, processo di erosione della normativa speciale che poneva l’Italia all’avanguardia nel contrasto alla criminalità organizzata», aveva dichiarato in aula Delmastro Delle Vedove, accusando il testo di essere troppo generoso verso i mafiosi.

Che cosa prevede il decreto

Adesso il Parlamento avrà 60 giorni di tempo per convertire in legge il decreto approvato dal governo, anche introducendo eventuali modifiche al testo, che dovrà ricevere il via libera nella stessa forma dalla Camera e dal Senato.

In base al decreto, i condannati per reati connessi, tra le altre cose, all’associazione di tipo mafioso, alla tratta illegale di stranieri e al traffico illecito di sostanze stupefacenti, potranno accedere ai benefici penitenziari anche senza aver collaborato con la giustizia, a patto che rispettino una serie di condizioni: dovrà essere esclusa la presenza di legami attuali con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva; il condannato dovrà aver adempiuto a tutte le obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna; e il giudice dovrà valutare la presenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime.

Inoltre, potranno essere ammessi alla libertà condizionale solo i detenuti che hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea oppure, in caso di condanna all’ergastolo, almeno trent’anni di pena.

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