Le contraddizioni della Lega sulla legittima difesa

Il partito ha criticato la condanna del gioielliere che ha ucciso due rapinatori, ma le norme oggi in vigore sono state cambiate quando la Lega era al governo
Matteo Salvini e i deputati della Lega manifestano davanti a Montecitorio – Fonte: Ansa, 4 maggio 2017
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Il 4 dicembre è stato condannato in primo grado a 17 anni di carcere Mario Roggero, il gioielliere che nel 2021 uccise due rapinatori e ne ferì un terzo in provincia di Cuneo. Vari esponenti della Lega hanno criticato la sentenza, sostenendo che Roggero avrebbe agito per legittima difesa e non meriterebbe la condanna. Secondo il tribunale di Asti le azioni di Roggero rappresenterebbero un duplice omicidio, con il pubblico ministero che ha parlato di «un’esecuzione».

Il leader della Lega Matteo Salvini ha scritto sui social network che «a meritare il carcere dovrebbero essere altri, veri delinquenti, non persone come Mario», mentre la senatrice Mara Bizzotto ha voluto ricordare «alla sinistra» che «il colpevole è il ladro, non chi si difende». Secondo il parlamentare europeo della Lega Matteo Gazzini se uccidi solo due dei tre rapinatori «non devi andare in galera, devi andare al poligono ad allenarti».

Al di là dei commenti, quello che gli esponenti della Lega sembrano dimenticare è che la riforma più recente sulla legittima difesa è stata voluta proprio dal loro partito e che, come avevamo scritto a suo tempo, non ha cambiato granché la situazione.

La rapina in gioielleria e la riforma del 2019

Quando due anni fa, ad aprile del 2021, Roggero uccise due dei tre uomini che avevano tentato di rapinare la sua gioielleria, vari politici di destra espressero sin da subito solidarietà al gioielliere. Tra questi, oltre a Salvini, c’era anche l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in diversi tweet aveva ripetuto che «la difesa è sempre legittima». 

La legittima difesa è una causa di giustificazione (o scriminante): in presenza di questa, quindi, un comportamento che di norma rappresenterebbe un reato diventa lecito. Per esempio l’uccisione volontaria di un uomo è di norma qualificato come reato di omicidio doloso. Ma se sussiste la legittima difesa il fatto dell’uccisione è reso lecito e non c’è reato. Il fatto che la difesa sia legittima deve comunque essere verificato da un giudice in un processo sulla base delle regole e dei limiti previsti dal codice penale. 

A oggi le norme sulla legittima difesa attualmente in vigore sono state modificate, da ultimo, quando la Lega era al governo con il Movimento 5 Stelle. A marzo 2019 il Senato ha infatti approvato in via definitiva un disegno di legge di riforma della legittima difesa, il cui testo è nato dall’unione di vari disegni di legge presentati da più partiti, tra cui appunto la Lega. 

Sulla legittima difesa la legge in questione ha modificato l’articolo 52 del codice penale rendendo «sempre» sussistente il rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa per chi reagisce con un’arma legalmente detenuta a un’intrusione all’interno della propria abitazione o del proprio negozio. La legge prevede poi che «agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone». 

Queste norme non implicano comunque che qualunque risposta a una rapina o a un furto debba essere per forza considerata come legittima difesa. Spetta infatti sempre al giudice il compito di valutare se si tratti o meno di legittima difesa. Tra l’altro, nel caso specifico di Roggero, è bene ricordare che l’uomo non ha ucciso i rapinatori mentre questi erano nel suo negozio ma solo in seguito, quando i banditi erano in fuga – e dunque era venuta meno “l’attualità” del pericolo, una delle condizioni previste dall’articolo 52 del codice penale – e il negoziante li ha rincorsi fino alla loro auto.  

Come aveva spiegato il presidente dell’Unione Camere Penali Gian Domenico Caiazza a Pagella Politica in un precedente approfondimento, il “sempre” introdotto dall’ultima riforma della legittima difesa «è un rafforzativo che non modifica nulla, la norma che fissa il principio è identica». Secondo Caiazza, il rischio era quello di «un equivoco culturale», ossia di credere «che la presunzione affranchi il fatto dalla valutazione del giudice, che invece dovrà sempre esserci».

La riforma voluta dalla Lega ha poi riformato le regole riguardo l’eccesso colposo di legittima difesa, ossia di chi per esempio reagisce a una rapina oltre i limiti previsti dalla legge. In questo caso la riforma ha previsto che chi va oltre i limiti della legittima difesa non può essere punito se ha agito «in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto». Anche su questo spetta però sempre al giudice valutare caso per caso la presenza o meno del «grave turbamento». 

Le riforme mancate

Già al momento della promulgazione della legge sulla legittima difesa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva fatto osservazioni su tre articoli del testo, in particolare sull’articolo 2, quello che introduceva per il giudizio di legittima difesa lo stato di «grave turbamento» da parte dell’imputato. Secondo il presidente della Repubblica era «evidente» la necessità di stabilire un criterio oggettivo per definire in che modo si poteva determinare o meno la presenza di questo stato.

Sono passati più di quattro anni dalle osservazioni di Mattarella ma gli articoli del codice penale sulla legittima difesa non sono più stati modificati. Nel programma elettorale della Lega per le elezioni politiche 2022 non c’è nessuna proposta riguardante una modifica o una riforma della legge sulla legittima difesa. Quest’ultima viene inclusa tra le proposte del precedente programma elettorale che sono state «approvate o in fase di approvazione». Non è quindi chiaro a che cosa si riferisca per esempio il senatore della Lega Giorgio Maria Bergesio, che il 4 dicembre ha commentato la condanna di Roggero scrivendo: «Avanti tutta con la riforma della legittima difesa voluta da Matteo Salvini».

In questa legislatura l’unica proposta di legge sul tema è stata fatta dal capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri: il testo propone di intervenire su alcune delle questioni sollevate dal presidente della Repubblica, senza però stabilire un criterio oggettivo per il «grave turbamento».

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