Come si scrive la legge di Bilancio

Il testo deve essere approvato entro il 31 dicembre, ma la sua scrittura inizia molto prima e coinvolge vari ministeri, uffici legislativi, il governo e il Parlamento
ANSA
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Fin dai primi giorni del suo insediamento, il governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando alla stesura della legge di Bilancio, una delle più importanti dell’anno, perché spiega nel dettaglio come saranno spese le risorse pubbliche nei prossimi anni e per quali voci. Visto che nella prima volta nella storia si è votato in autunno, le tempistiche per la scrittura della legge di Bilancio sono più strette del solito.

Proprio a causa della complessità del processo che porta alla sua approvazione e all’importanza dei suoi provvedimenti, la legge di Bilancio è spesso oggetto di anticipazioni e retroscena che compaiono sui giornali anche mesi prima dell’effettiva presentazione del testo. Ma chi scrive, da un punto di vista pratico, la legge di Bilancio? Quali sono le figure che curano la stesura del testo? E come avviene la discussione in Parlamento? 

Le tempistiche della legge di Bilancio

La legge di Bilancio rappresenta la conclusione del cosiddetto “ciclo di bilancio”, ossia il percorso con cui ogni anno l’Italia approva la programmazione del suo bilancio nazionale. I vari passaggi del ciclo di bilancio hanno scadenze precise, che però non sono sempre rispettate. Entro il 27 settembre, per esempio, il governo dimissionario di Mario Draghi ha dovuto presentare la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), che aggiorna le previsioni economiche e di finanza pubblica del Documento di economia e finanza presentato ad aprile. Quest’anno, a causa delle anomale elezioni in autunno e dell’insediamento di un nuovo governo a ridosso di questa scadenza, il governo Draghi ha presentato una prima versione della Nadef il 28 settembre, che è stata poi rivista e aggiornata dal governo Meloni il 4 novembre. 

In seguito, entro il 15 ottobre tutti gli Stati dell’Unione europea hanno dovuto trasmettere alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio (Dpb), che illustra all’Ue il proprio progetto di bilancio per l’anno successivo. La scadenza è stata rispettata dal governo Draghi. La Commissione europea ha poi un mese e mezzo di tempo per valutare i Dpb ricevuti e confermare se questi rispettano o meno gli impegni e gli obiettivi di bilancio dell’Ue. 

Entro il 20 ottobre, poi, il governo avrebbe dovuto approvare e presentare alle camere il vero e proprio disegno di legge di Bilancio per l’anno successivo. La data però non è vincolante e in passato diversi governi hanno accumulato ritardi. In ogni caso, la legge di Bilancio deve essere inderogabilmente approvata entro il 31 dicembre, altrimenti si rischia di entrare nel cosiddetto “esercizio provvisorio”. In questo caso la spesa pubblica è permessa “per dodicesimi”, ossia si prende la previsione di spesa fatta dal governo nella legge di Bilancio dell’anno precedente e la si divide per dodici mesi. Il risultato rappresenta il tetto di spesa mensile per un massimo di quattro mesi, con uno stallo che al massimo potrebbe durare fino ad aprile 2023. 

Come si scrive la legge di Bilancio

La legge di Bilancio è una legge di iniziativa governativa, che quindi non è presentata da uno o più deputati o senatori, come accade per le leggi di iniziativa parlamentare, ma viene scritta, approvata e trasmessa al Parlamento direttamente dal governo in carica. Di conseguenza, «il testo viene scritto negli uffici ministeriali, con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) che fa da connettore tra i vari dipartimenti», ha spiegato a Pagella Politica Francesca Biondi, professoressa di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano. 

Più nel dettaglio, di norma verso la fine dell’estate al testo lavorano gli uffici legislativi dei vari ministeri. Questi sono dipartimenti interni ai ministeri che hanno il compito di curare la progettazione e l’elaborazione dei testi normativi. La legge di Bilancio stabilisce i margini di spesa per tutte le attività dello Stato e quindi nella sua stesura sono di fatto coinvolti tutti i ministeri, o almeno quelli principali. In concreto, gli uffici legislativi di ogni ministero inviano al Ministero dell’Economia e delle finanze il proprio “pezzo” di legge di Bilancio. L’ufficio legislativo del Mef dovrà poi trovare una sintesi tra le richieste e produrre il testo finale, verificando anche la presenza delle necessarie coperture finanziarie. «Il testo non viene scritto interamente dall’ufficio legislativo del Mef, ma c’è una continua interlocuzione tra gli uffici legislativi dei vari ministeri», ha detto Biondi. «È un lavoro collegiale, molto tecnico». 

A questo punto, una volta pronto, il testo della legge di Bilancio viene discusso e approvato dal Consiglio dei ministri e passa poi all’esame del Parlamento. Come detto, in teoria il governo dovrebbe presentare al Parlamento la legge di Bilancio entro il 20 ottobre, in modo da dare a entrambe le camere il tempo per discuterla ed eventualmente presentare emendamenti per modificarla. Negli anni recenti, questa data non è stata mai rispettata: nel 2021, per esempio, il governo Draghi ha trasmesso la legge al Parlamento l’11 novembre e quest’anno, con l’anomalo cambio di governo in autunno, le tempistiche si stanno allungando ulteriormente.

La discussione in Parlamento

In ogni caso, l’approvazione da parte del governo rappresenta soltanto un primo passo verso l’entrata in vigore definitiva del testo, che come tutti i disegni di legge deve ricevere il via libera, con gli stessi contenuti, da entrambi i rami del Parlamento. La prassi vuole che l’esame parlamentare inizi in modo alternato tra le due camere, quindi un anno dalla Camera e quello successivo dal Senato. Quest’anno l’esame inizierà alla Camera. 

Una volta approdato in Parlamento, il testo della legge di Bilancio viene affidato alla Commissione Bilancio della camera competente (quest’anno, appunto, la Camera dei deputati), che la esamina «in sede referente, quindi può lavorarci e modificarla articolo per articolo», ha detto a Pagella Politica Giorgio Lovecchio (Movimento 5 stelle), attuale vicepresidente della Commissione Finanze alla Camera ed ex vicepresidente della Commissione Bilancio, nella scorsa legislatura. Anche tutte le altre commissioni sono chiamate a esprimere un parere sul testo, ma solo in sede consultiva, quindi senza possibilità di apportare cambiamenti. 

Una fase fondamentale nel processo di approvazione in Parlamento è la presentazione e l’esame degli emendamenti, ossia le proposte di modifica al testo che possono essere presentate dai singoli parlamentari, dalla commissione di competenza o dal governo. Generalmente, nel caso della legge di Bilancio vengono presentati molti emendamenti, anche a causa dell’importanza del testo e della densità di contenuti. «A volte capita che si presentino anche 8 mila emendamenti per una legge di Bilancio, ma si è arrivati a picchi di 10 mila», ha detto Lovecchio. «Normalmente la Camera lavora circa un mese e mezzo sul testo e analizzare così tanti emendamenti è impossibile. In accordo con i gruppi parlamentari, viene fatta una prima scrematura, in modo da rimanere con circa mille emendamenti». 

Ognuno degli emendamenti, prima di essere votato, deve ricevere il via libera dal ministero di competenza e, in caso di emendamenti onerosi, cioè che comportano una spesa, anche dal Ministero dell’Economia. «Per poter discutere gli emendamenti dobbiamo prima avere i pareri in mano, altrimenti potremmo anche votarli ma poi potremmo ritrovarci a doverli cambiare perché il mistero dà parere negativo», ha spiegato Lovecchio. «I pareri spesso arrivano in ritardo, perché le proposte da analizzare sono tante e alcune possono apportare modifiche significative all’impianto della legge». 

Il maxiemendamento del governo

Per evitare di allungare eccessivamente i tempi di esame, «a un certo punto il governo presenta in commissione o in assemblea un maxiemendamento interamente sostitutivo del testo originario e pone la questione di fiducia», ha detto Biondi. «Oggi è quasi impossibile che si approvi una legge di Bilancio senza maxiemendamento. Pur utilizzando al meglio le tecniche del diritto parlamentare, gli emendamenti presentati sono troppi per poterli discutere singolarmente». Quando il governo pone la “questione di fiducia” su un provvedimento, in questo caso la legge di Bilancio, i tempi dell’esame del testo da parte del Parlamento si riducono, perché cade la possibilità per le aule di votare modifiche al testo. In questo modo, però, il governo rischia di perdere la fiducia di una delle due aule, nel caso in cui non avesse la maggioranza dei voti. 

Generalmente, il maxiemendamento rappresenta comunque una sintesi dei lavori parlamentari e delle richieste avanzate in sede di esame: «Alcune proposte che trovano d’accordo la maggioranza, e a volte anche l’opposizione, che vengono elaborate durante il dibattito parlamentare, molto spesso vengono inserite nel maxiemendamento», ha sottolineato Biondi. 

Non sempre però questa prassi viene rispettata. Nel 2018, per esempio, il primo governo Conte sostenuto da Lega e Movimento 5 stelle presentò in Senato un maxiemendamento che modificò profondamente le prima versione del testo, già approvata dalla Camera, per venire incontro alle richieste della Commissione europea che di fatto aveva bocciato il Documento programmatico di bilancio presentato dall’Italia. La nuova versione del testo fu inviata ai senatori nella serata del 22 dicembre e fu approvata con la questione di fiducia il giorno stesso, senza possibilità di modificarla e sollevando molte critiche da parte delle opposizioni.

Un “monocameralismo alternato”?

Pur rispettando tutte le tempistiche stabilite – uno scenario che non sempre si verifica – i tempi a disposizione delle due camere per discutere la legge di Bilancio sono comunque stretti. Di conseguenza, soltanto la prima camera riesce realmente a presentare emendamenti e avanzare proposte, mentre alla seconda approvazione il testo arriva «blindato», ossia «bloccato a causa della mancanza di tempo», ha spiegato il deputato Lovecchio. 

Questo meccanismo, ha detto Biondi, viene definito «monocameralismo di fatto», perché solo una delle due camere ha potere sul testo, mentre l’altra si limita ad approvarlo; oppure «monocameralismo alternato», perché la camera che inizia l’esame della legge di Bilancio, e che quindi ha voce in capitolo, cambia di anno in anno. «L’anno scorso le Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento hanno provato a collaborare durante la redazione della legge, ma non è detto che sia una buona cosa», ha detto Biondi. «Lo è nella sostanza, ma non nella forma, perché il sistema bicamerale prevede due esami successivi, e non un solo esame congiunto».

I decreti attuativi

Una volta arrivata l’approvazione definitiva in Parlamento della legge di Bilancio, il testo non dispiega subito tutti i suoi effetti. Di solito, la legge di Bilancio contiene decine di decreti attuativi: in concreto, l’attuazione di una misura prevista dalla legge viene demandata a singoli ministeri, che devono approvare ulteriori decreti per rendere definitivamente operative alcune misure, come la ripartizione dei soldi di un fondo o i criteri di assunzione di personale. Non è raro che alcuni provvedimenti contenuti da una legge di Bilancio poi finiscano su un binario morto, perché i necessari decreti attuativi per renderli operativi non vengono approvati. Secondo i dati più aggiornati del dipartimento Ufficio per il programma di governo, della Presidenza del Consiglio dei ministri, a oggi non sono ancora stati adottati 28 decreti attuativi previsti dalla legge di Bilancio per il 2022, approvata alla fine dell’anno scorso. Oltre 120 decreti attuativi previsti dal testo, invece, sono stati approvati.

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