Meloni è la “presidente delle tasse” come dice Boschi?

Secondo la deputata di Italia Viva il governo ha aumentato molte imposte. Abbiamo verificato se ha ragione oppure no
Pagella Politica
Molti lettori ci hanno chiesto di verificare le accuse contro il governo che la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi ha fatto alla Camera il 25 gennaio durante il question time della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. 

«Lei è la presidente delle tasse, onorevole Meloni», ha dichiarato in aula l’ex ministra del governo Renzi, iniziando una lista di tasse che, a detta sua, sono aumentate con l’attuale governo. Secondo Boschi, Meloni «ha raddoppiato l’Iva sul latte in polvere per i bambini e i seggiolini», e ha aumentato le tasse per gli agricoltori, le tasse sui prodotti igienici per le donne, le accise sulla benzina, le tasse «per l’acquisto della prima casa» da parte di giovani coppie e «per chi vende la casa dopo averla ristrutturata», le tasse «per i cervelli che rientrano nel nostro Paese» e per i lavoratori transfrontalieri. 

Questo spezzone dell’intervento di Boschi in aula è stato pubblicato sulla pagina Instagram di Italia Viva, in un reel che al momento ha raggiunto 3,6 milioni di visualizzazioni.
Tassa per tassa, abbiamo controllato che cosa non torna nella lista fatta da Boschi.

Le tasse per gli agricoltori

Iniziamo dalle tasse degli agricoltori. In aula Boschi ha detto che il governo «ha aumentato le tasse a coltivatori diretti e imprenditori agricoli, aumentando l’Irpef per 248 milioni di euro l’anno». Questa dichiarazione è fuorviante perché, come vedremo anche per altre tasse menzionate dalla deputata di Italia Viva, stiamo parlando della mancata proroga di una misura temporanea, e non di un vero e proprio aumento delle imposte.

La legge di Bilancio per il 2024, approvata alla fine dello scorso dicembre, non ha rinnovato una misura temporanea introdotta nel 2017. Fino al 2023 il valore dei cosiddetti “redditi dominicali e agrari” relativi ai terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali era escluso dal calcolo della base imponibile, ossia il reddito su cui calcolare quanta Irpef versare allo Stato. Il reddito dominicale fa riferimento al reddito generato dalla proprietà di un terreno, mentre il reddito agrario a quello generato dall’attività agricola. Questa misura era stata inizialmente introdotta solo per i tre anni tra il 2017 e il 2019, poi è stata prorogata da vari governi, da ultimo proprio dal governo Meloni, che con la legge di Bilancio per il 2023 l’aveva estesa anche allo scorso anno. 

Con la nuova legge di Bilancio il governo ha deciso di non rinnovare questo beneficio a favore degli agricoltori, che alle casse dello Stato costava 248 milioni di euro l’anno, la cifra citata in aula da Boschi.

Le accise sulla benzina

Non è vero che il governo Meloni ha aumentato il valore delle accise sui carburanti: anche questa accusa, ripetuta negli scorsi mesi da vari esponenti di Italia Viva, è fuorviante.

Il governo Meloni ha deciso di non stanziare nuove risorse per finanziare dal 2023 in poi il taglio temporaneo delle accise dal governo Draghi. In passato Meloni ha giustificato questa scelta dicendo che il taglio delle accise costa troppo (in base ai nostri calcoli, circa 750 milioni di euro al mese) e avvantaggia tutti i cittadini senza distinzioni di reddito, quindi non solo i meno abbienti.

Il taglio delle accise sui carburanti è stato introdotto per la prima volta a marzo 2022. In quell’occasione, il governo Draghi aveva ridotto, inizialmente solo dal 22 marzo al 21 aprile, l’accisa sulla benzina da 73 centesimi di euro al litro a 48 centesimi e quella sul gasolio da 62 centesimi a 37 centesimi al litro. In concreto, un taglio di 25 centesimi al litro. Questo taglio è stato poi ripetutamente confermato dal governo Draghi fino al 18 novembre 2022, attraverso vari decreti-legge o decreti del Ministero dell’Economia. In seguito il governo Meloni, da poco entrato in carica, ha prima confermato il taglio fino al termine dell’anno, salvo poi ridurlo pochi giorni dopo a 15 centesimi per il solo mese di dicembre. 

Dal 1° gennaio 2023 il valore delle accise su benzina e gasolio è tornato al livello precedente a quello del taglio.

Le tasse sui prodotti per la prima infanzia

Boschi ha accusato il governo di aver raddoppiato «l’Iva sul latte in polvere per i bambini e i seggiolini». Qui la deputata di Italia Viva ha ragione, anche se ha omesso un dettaglio importante.

La legge di Bilancio per il 2024 ha aumentato dal 5 al 10 per cento l’aliquota dell’Iva su alcuni prodotti per la prima infanzia, tra cui il latte in polvere per i bambini. L’Iva sui seggiolini è invece salita dal 5 al 22 per cento. È vero che un aumento c’è stato, ma prima che il governo Meloni entrasse in carica l’Iva sul latte in polvere era al 22 per cento: la legge di Bilancio per il 2023 l’ha portata al 5 per cento per lo scorso anno, mentre la nuova legge di Bilancio l’ha rialzata al 10 per cento, una percentuale comunque più bassa del 22 per cento.

Le tasse sugli assorbenti

La legge di Bilancio per il 2024 ha aumentato dal 5 al 10 per cento anche l’Iva sui prodotti igienici femminili, come i tamponi e le coppette mestruali. Un aumento c’è stato quindi, come ha detto Boschi, ma l’aliquota del 5 per cento era stata introdotta dallo stesso governo Meloni con la legge di Bilancio per il 2023. Ora l’Iva su questi prodotti è tornata la stessa che c’era prima dell’insediamento del nuovo governo.

Le tasse sulla casa

La deputata di Italia Viva ha accusato il governo di aver aumentato le tasse «per l’acquisto della prima casa» da parte di giovani coppie e «per chi vende la casa dopo averla ristrutturata». 

Per quanto riguarda il primo punto, la legge di Bilancio per il 2024 ha stanziato quasi 300 milioni di euro per prorogare fino al 31 dicembre 2024 il Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa. Questo fondo ha l’obiettivo di aiutare i cittadini a comprare una casa, fornendo una garanzia pubblica nel rispetto di alcuni criteri. Alle giovani coppie coniugate e ai giovani con meno di 36 anni di età è garantito l’accesso prioritario al fondo. Perché Boschi ha parlato di un aumento delle tasse se il governo ha rinnovato le risorse a disposizione del fondo? Con tutta probabilità la deputata di Italia Viva ha fatto riferimento al mancato rinnovo di alcune agevolazioni temporanee rimaste in vigore fino al 2023. Queste agevolazioni permettevano di non pagare alcune imposte con l’acquisto della prima casa, tra cui l’imposta di registro, quella ipotecaria e quella catastale.

Il governo ha poi aumentato le imposte per chi decide di vendere una seconda casa ristrutturata con il Superbonus 110 per cento. Se si vende l’immobile entro i dieci anni dalla ristrutturazione, bisogna versare al fisco il 26 per cento della plusvalenza generata dalla vendita. Senza entrare troppo nei dettagli, la percentuale del 26 per cento si applicherà sulla differenza tra il prezzo con cui si è acquistato l’immobile in passato e il prezzo della sua vendita, sottraendo le spese per eventuali costi di interventi edilizi fatti negli anni, a eccezione di quelli coperti dal Superbonus. Se si vende l’immobile in un periodo tra i sei e i dieci anni successivi alla ristrutturazione, nel calcolare la plusvalenza si tiene conto della metà delle spese coperte dal Superbonus. Queste nuove regole valgono solo per chi ha usufruito del Superbonus attraverso lo sconto in fattura o la cessione del credito a una banca.

Le tasse per il rientro dei cervelli

È vero come ha detto Boschi che i lavoratori che nel 2024 torneranno a vivere in Italia dovranno pagare imposte più alte rispetto alle regole in vigore in precedenza. Il governo ha reso più stringente un trattamento fiscale che resta comunque di favore per i lavoratori che trasferiscono la loro residenza nel nostro Paese dopo aver vissuto alcuni anni all’estero. Le novità sono contenute in un decreto legislativo approvato dal governo alla fine dello scorso dicembre.

Secondo la deputata di Italia Viva, sono aumentate anche le tasse per i lavoratori transfrontalieri, ossia chi risiede in Italia ma lavora in un altro Paese. Probabilmente Boschi ha fatto riferimento a una misura contenuta nella legge di Bilancio per il 2024, criticata nelle scorse settimane da altri esponenti di Italia Viva. Il governo Meloni in effetti ha introdotto una forma di compartecipazione alla spesa sanitaria che dovrà essere pagata da chi risiede in Italia, ma lavora e soggiorna in Svizzera, e usa il Servizio sanitario nazionale, e dai loro familiari. Le loro regioni di residenza dovranno definire ogni anno il valore di questa compartecipazione familiare, che dovrà essere compresa tra un valore minimo del 3 per cento a un valore massimo del 6 per cento, da calcolare sul salario netto percepito in Svizzera.

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