Il segretario della Lega Matteo Salvini ha dichiarato, ospite di Radio Anch’io su Rai Radio 1 il 17 giugno, che quota 100 ha consentito a 300 mila italiani di andare in pensione anticipata e ad «altrettanti giovani» di cominciare a lavorare.

Si tratta di un’affermazione errata.

Che cos’è quota 100

Ricordiamo brevemente che con l’espressione “quota 100” si intende il diritto di ottenere la pensione anticipata al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni. Era una promessa contenuta esplicitamente nel Contratto di governo firmato da Lega e M5s a metà del 2018, all’inizio del primo governo Conte.

Quota 100 è stata introdotta in via sperimentale dal 2019 al 2021 con un costo previsto per lo Stato nella legge di Bilancio per il 2019 di 3,9 miliardi per il 2019, 8,3 per il 2020, nel 8,6 per il 2021 e – se la misura venisse poi confermata – 8,1 miliardi per il 2022, 7 per il 2023 e 7 miliardi di euro ogni anno a partire dal 2024.

In realtà, secondo un rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (organismo indipendente che vigila sulla finanza pubblica) di dicembre 2019, la misura ha avuto meno successo del previsto e i costi di conseguenza si sono ridotti a 2,6 miliardi nel 2019, 5,9 miliardi nel 2020 e 7 miliardi nel 2021.

I dati Inps sui beneficiari di quota 100

Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, ascoltato il 14 gennaio dalla Commissione per il controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale della Camera, aveva fatto sapere che le pensioni «tra quelle riferibili esclusivamente a quota cento, le pensioni liquidate sono state circa 150.000» nel 2019.

Per il 2020 i dati più aggiornati dell’Inps sono stati dati nel corso di un’altra audizione del presidente Tridico, del 19 maggio, davanti alla Commissione lavoro del Senato. Dalle schede allegate all’audizione risulta che le circa 150 mila pensioni “quota 100” liquidate nel 2019 sono relative a quasi 230 mila domande (per un tasso di accoglimento pari a circa i due terzi).

Nel 2020, tra gennaio e maggio, sono poi state presentate altre 43 mila domande circa, con una progressiva diminuzione mese su mese (dalle quasi 14 mila di gennaio alle cinquemila scarse di maggio). Applicando lo stesso tasso di accoglimento del 2019, possiamo ipotizzare ne saranno accolte circa 30 mila.

Dunque, anche sommando alle circa 150 mila pensioni quota 100 liquidate nel 2019 le circa 30 mila che possiamo ipotizzare saranno liquidate nel 2020, arriviamo a circa 180 mila in totale. Un dato lontano da quello citato di 300 mila da Salvini, che forse fa ancora riferimento alle stime per il 2019 sui possibili beneficiari – di cui avevamo scritto –, oggi superate dai dati reali.

Non tutti i beneficiari sono lavoratori

Non tutti i beneficiari di “quota 100” sono lavoratori, che quindi andando in pensione “liberano” un posto di lavoro per un giovane. Questo fatto, emerso già nei primi mesi del 2019, è stato poi confermato dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in un’intervista al Corriere della Sera del 10 novembre 2019. Tridico aveva allora detto in proposito che «i pensionati che accedono a quota 100 sono per il 70 per cento persone che lavorano».

Dunque, in base alla stima di 180 mila pensionati grazie a quota 100 citata sopra, intorno a 50 mila non avrebbero nei fatti lasciato libero un posto di lavoro.

E i giovani?

L’impatto di quota 100 sulle nuove assunzioni al momento è sconosciuto. Tridico, sempre nell’audizione del 15 gennaio, ha affermato che «l’impatto positivo, il cosiddetto tasso di sostituzione, è indeterminato. Non c’è una valutazione numerica».

Una stima autorevole di quello che potrebbe accadere in futuro è però contenuta nel bollettino della Banca d’Italia di gennaio 2020. Qui si legge infatti che nel periodo 2020-2022 «le maggiori fuoriuscite dal mercato del lavoro connesse con le nuove forme di pensionamento anticipato (quota 100) verrebbero solo parzialmente compensate da assunzioni». Dunque non ci sarebbe un tasso di sostituzione di uno a uno come invece afferma Salvini.

Che le cose sarebbero molto probabilmente andate così, oltretutto, lo sostenevano diversi studi – tra gli altri anche uno dell’Ufficio parlamentare di bilancio – e diversi esperti prima ancora che i dati lo confermassero, come avevamo scritto in una nostra analisi di febbraio 2019.

Questo è dovuto principalmente al fatto che i lavoratori anziani e quelli giovani non sono spesso una forza lavoro omogenea, che si presti a una perfetta sostituibilità. Inoltre c’è la preoccupazione che un aumento della spesa pensionistica rischi di tradursi nel medio periodo in un maggior costo del lavoro (le pensioni di oggi le pagano i lavoratori di oggi), con conseguenze negative sull’occupazione.

Il verdetto

Matteo Salvini ha sostenuto che grazie a quota 100 siano andate in pensione 300 mila persone e che altrettanti giovani abbiano di conseguenza trovato un posto di lavoro. L’affermazione è sbagliata in primo luogo per quanto riguarda il numero di beneficiari di quota 100: sono stati 150 mila nel 2019 e nel 2020 potrebbero essere altri 30 mila circa.

Inoltre questi 180 mila pensionati non hanno probabilmente liberato 180 mila posti di lavoro, considerato che – secondo quanto affermato dal presidente dell’Inps – circa il 30 per cento di loro non erano lavoratori.

Che poi 150 mila giovani – la metà della cifra riportata dal segretario della Lega – abbiano trovato lavoro grazie ai pensionamenti di quota 100 al momento non si può sapere dai dati ufficiali. Ma le previsioni sono che un tasso di sostituzione di uno a uno tra nuovi pensionati e giovani assunti non si verificherà: secondo quanto riportato da Banca d’Italia nel suo bollettino di gennaio, la sostituzione tra pensionati e nuovi assunti prevista nel periodo 2020-2022 è soltanto parziale. Uno scenario che peraltro era stato previsto dagli esperti prima ancora che si conoscessero i dati sul primo anno di funzionamento della misura.

In conclusione per Salvini un “Pinocchio andante”.