L’11 giugno il deputato di Fratelli d’Italia e responsabile Giustizia del suo partito Andrea Delmastro ha sostenuto in un comunicato stampa che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede abbia premiato i carcerati che si erano resi protagonisti delle rivolte di marzo, all’inizio dell’epidemia di coronavirus, con lo “Svuota-carceri”, mentre gli agenti della polizia penitenziaria che hanno sedato le rivolte «con Bonafede» sono stati raggiunti da avvisi di garanzia.

L’affermazione è sbagliata sotto diversi punti di vista. Andiamo con ordine.

I rivoltosi non sono stati “premiati”

Per prima cosa è falso che i carcerati «rivoltosi» siano stati premiati con lo “Svuota-carceri”. Con l’espressione, Delmastro sta facendo riferimento al provvedimento contenuto all’articolo 123 del decreto “Cura Italia” del 17 marzo (convertito in legge il 24 aprile senza modifiche rilevanti ai fini della nostra analisi).

Come abbiamo spiegato in una nostra analisi, questo articolo ha modificato le procedure, velocizzandole, per concedere a certi detenuti (vedremo tra poco quali) di scontare i 18 mesi di pena residua ai domiciliari col braccialetto elettronico. Questa possibilità non era una novità: era stata introdotta dal centrodestra nel 2010 (per una pena residua di 12 mesi) e ampliata dal governo Monti nel 2011 (a 18 mesi).

Come anticipato, solo alcuni detenuti possono godere di questa possibilità. Sono esclusi ad esempio i condannati per reati gravi (e infatti questa norma non c’entra con la scarcerazione di alcuni boss mafiosi, come abbiamo scritto), i delinquenti abituali e i «detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare (…) in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020» (lettera e) del primo comma dell’art. 123 del decreto “Cura Italia”).

Non solo. Sono esclusi anche (lettera d del primo comma dell’art. 123 del decreto “Cura Italia”) i detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati per partecipazione a disordini o a sommosse, promozione di disordini o di sommosse, evasione e fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori (articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230).

Insomma, già parlare di “svuota-carceri” per un provvedimento che ha modificato solo alcuni aspetti procedurali di una norma in vigore da dieci anni potrebbe essere considerato forzato. Ma soprattutto il provvedimento esclude dal beneficio proprio i carcerati che hanno partecipato alle rivolte e/o che hanno aggredito gli agenti della polizia penitenziaria.

Il ruolo di Bonafede negli avvisi di garanzia agli agenti della polizia penitenziaria

In secondo luogo Bonafede, chiamato esplicitamente in causa da Delmastro anche su questo aspetto, non c’entra con gli avvisi di garanzia – a cui fa riferimento il deputato di Fdi – inviati l’11 giugno agli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, accusati di aver pestato i detenuti a inizio aprile per “punirli” per la rivolta di marzo.

Questi “avvisi”, più correttamente chiamati “informazioni di garanzia”, vengono infatti inviati dal pubblico ministero (art. 369 c.p.p.) per informare l’indagato di atti a cui ha diritto di assistere anche il difensore (ad esempio, interrogatorio, perquisizione o sequestro).

Se il pm, che per via della separazione dei poteri è indipendente dal potere esecutivo e quindi anche dal ministro della Giustizia, riceve una notizia di reato dalla polizia o dalle denunce di privati cittadini in teoria è obbligato ad agire, per via dell’obbligatorietà dell’azione penale stabilita dall’articolo 112 della Costituzione. Questo nella prassi non sempre accade: le procure sono sommerse di denunce e succede che venga deciso, non senza un margine di discrezionalità, di dare la precedenza alle indagini su certe notizie di reato piuttosto che su altre.

Nel caso in questione però, i pm sono stati chiamati in causa direttamente dal Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (organismo statale indipendente incaricato di monitorare le carceri) per la regione Campania, Samuele Ciambriello, e per un fatto che se fosse vero sarebbe molto grave. Ciambriello è infatti stato a sua volta sollecitato dalle denunce di diversi familiari dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere che avevano raccontato di essere stati picchiati a inizio aprile da agenti a volto coperto (e ci sarebbero delle foto che testimoniano le percosse subite) come punizione a distanza per la rivolta di marzo.

Per accertare se le accuse sono vere, se gli agenti della polizia penitenziaria hanno agito in maniera legittima – ricordiamo che è legittimo ad esempio difendersi anche con l’uso della forza da un’eventuale aggressione – e per poterli eventualmente scagionare dalle accuse di reato che sono state mosse, è necessario compiere determinati atti d’indagine che prevedono appunto di inviare le informazioni di garanzia.

Infatti anche gli stessi agenti della polizia penitenziaria, secondo i resoconti di stampa, si sono indignati più che per gli “avvisi di garanzia” in sé soprattutto per le modalità con cui questi sono stati dati, recapitandoli direttamente in carcere: una maniera ritenuta eccessivamente “spettacolare”. «Bastava andare a casa dei poliziotti, anche per una questione di rispetto tra corpi dello Stato», ha dichiarato ad esempio l’assistente capo della Penitenziaria, in servizio a Santa Maria Capua Vetere, Gaetano Napoleone.

In ogni caso, come abbiamo detto, in questa vicenda il ministro Bonafede non sembra aver avuto alcun ruolo.

Il verdetto

Il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro l’11 giugno ha sostenuto che Bonafede abbia premiato i carcerati protagonisti delle rivolte di marzo con un provvedimento chiamato da FdI “svuota-carceri”, mentre avrebbe in qualche modo una responsabilità per gli avvisi di garanzia dati ad alcuni agenti della polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Si tratta di un’affermazione priva di fondamento: il provvedimento contenuto nel decreto “Cura-Italia” – chiamato da FdI “Svuota-carceri” con una certa forzatura – esclude esplicitamente proprio i detenuti che hanno partecipato alle rivolte. Dall’altro il ministro della Giustizia non sembra aver avuto un ruolo nell’invio da parte dei pm di avvisi di garanzia a persone coinvolte in eventuali indagini. Nel caso in questione, inoltre, queste indagini sono state avviate dalla denuncia avanzata dal Garante dei detenuti della Campania e non per la repressione delle rivolte, ma per una supposta “punizione” impartita ai detenuti a settimane di distanza.

Nel complesso, dunque, per Delmastro una “Panzana pazzesca”.