Il 1° marzo, in un’intervista a La Repubblica, la storica leader radicale Emma Bonino ha commentato le politiche migratorie restrittive dell’Europa e dell’Italia, sottolineando come la creazione di flussi «ordinati e robusti» di migranti possa essere una possibile soluzione al problema delle poche nascite e al conseguente invecchiamento della popolazione.

«Dieci anni fa il Paese Ue con la percentuale più alta di over 65 era la Germania», ha detto Bonino. «Oggi è l’Italia e la Germania è scesa al quinto posto, grazie all’immigrazione».

I numeri le danno ragione o no? Abbiamo verificato.

Passato e presente dei Paesi Ue più vecchi

Secondo i dati Eurostat (qui rielaborati da Pagella Politica), nel 2010 l’Italia aveva una popolazione di circa 59,2 milioni di abitanti, di cui poco più di un quinto (il 20,4 per cento circa) aveva 65 anni o più. In Germania questa percentuale era leggermente più alta e si attestava al 20,7 per cento, su una popolazione di 81,8 milioni di residenti.

Dieci anni fa il dato tedesco era il più elevato di tutta l’Ue, che aveva una media di circa il 16,4 per cento.

Tra i grandi Paesi europei, oltre all’Italia, seguivano la Spagna (16,8 per cento), la Francia (16,6 per cento) e il Regno Unito (16,3 per cento), mentre in generale i tre Paesi con i rapporti più bassi tra popolazione anziana e quella totale erano Irlanda (11,2 per cento), Slovacchia (12,3 per cento) e Cipro (12,5 per cento).

Nei nove anni successivi com’è cambiata questa classifica? Sempre in base alle rilevazioni Eurostat (qui rielaborate da Pagella Politica), nel 2019 l’Italia è salita al primo posto dell’Ue con oltre il 22,8 per cento della popolazione composto da residenti con 65 anni o più (contro una media comunitaria del 19,3 per cento). Al secondo posto troviamo la Grecia (poco più del 22 per cento), seguita da Portogallo e Finlandia (21,8 per cento), e Germania (21,5 per cento).

Anche l’anno scorso il Paese Ue con meno anziani era l’Irlanda (14,1 per cento), seguita da Lussemburgo (14,4 per cento) e da Slovacchia (16 per cento).

Quindi la prima parte dell’affermazione di Emma Bonino è corretta: in dieci anni l’Italia ha scalzato la Germania dalla vetta dei Paesi Ue con la percentuale più alta di over 65 sulla popolazione totale. Nel 2010 la Germania era al primo posto e l’Italia seconda, mentre nel 2019 il nostro Paese è salito in testa alla classifica e la Germania è scivolata in quinta posizione.

Ma, passando alla seconda parte della dichiarazione della leader radicale, qual è il ruolo dell’immigrazione in questi cambi in classifica?

Immigrazione e natalità

Il contributo dell’immigrazione allo svecchiamento di una popolazione avviene in diversi modi. Il primo, più intuitivo, è che i migranti che arrivano in Europa sono normalmente giovani. Quindi l’accoglienza in Germania negli ultimi anni di centinaia di migliaia di giovani profughi (provenienti, per esempio, dalla Siria o dall’Afghanistan) ha aumentato il numero delle famiglie nelle fasce di età più basse, diluendo percentualmente l’incidenza degli anziani. Ma ci sono anche altri aspetti.

Secondo un’analisi pubblicata il 28 febbraio 2020 su lavoce.info, scritta da due ricercatori della Fondazione Leone Moressa (che si occupa di economia e immigrazione), in 10 anni la Germania avrebbe ottenuto, grazie a un forte contributo dato dall’aumento della popolazione straniera, risultati positivi anche per quanto riguarda la natalità. E, aumentando le nascite, lo stesso numero di over-65 pesa in percentuale meno sul totale della popolazione.

«La scelta della Germania ha sicuramente un impatto sulla sua struttura demografica: l’ingresso di popolazione giovane (e di intere famiglie) ha contribuito a innalzare la natalità e a riequilibrare l’incidenza della popolazione anziana», si legge su lavoce.info.

Ma analizziamo nel dettaglio i dati.

Gli stranieri in Germania e Italia

Nel 2010 la Germania aveva circa 81,8 milioni di residenti, di cui poco più di 74,7 milioni erano cittadini tedeschi. L’8,7 per cento della popolazione era dunque composto da stranieri.

Questa percentuale era più bassa in Italia (il 6,2 per cento circa) con 55,5 milioni di cittadini italiani su una popolazione residente di quasi 59,2 milioni di persone.

Dieci anni dopo, nel 2019, la percentuale di stranieri in Germania è salita del 3,4 per cento, arrivando al 12,1 per cento (l’anno scorso erano tedeschi 72,9 milioni di residenti su 83 milioni). Grazie, come abbiamo detto sopra, soprattutto all’ingresso di famiglie giovani.

In Italia la percentuale di stranieri è invece cresciuta meno (+2,5 per cento) arrivando all’8,7 per cento, con 55,1 milioni di italiani residenti su poco meno di 60,4 milioni.

Dunque, tra il 2010 e il 2019 la Germania ha visto crescere la sua popolazione residente straniera di più che l’Italia: un +3,4 per cento contro un +2,5 per cento dell’Italia (in numeri assoluti, +3,6 milioni di stranieri contro un +1,6 milioni).

Come sono cambiati con questa dinamica i numeri sulla natalità?

Le nascite in Germania e in Italia

In demografia, uno degli indicatori più utilizzati è il tasso di fecondità totale (o total fertility rate) che, semplificando, esprime il numero medio di figli per donna in età feconda (ossia tra i 14 e i 50 anni).

Secondo Eurostat, tra il 2010 e il 2018 (ultimo anno disponibile) la Germania ha visto il suo tasso di fecondità totale crescere da 1,39 a 1,57 figli (la media Ue è scesa da 1,62 a 1,56). Al primo posto troviamo la Francia, con un tasso di 1,88 (in calo rispetto al 2,03 del 2010), seguita da Romania e Svezia, entrambe a 1,76. L’Italia si è collocata invece in terzultima posizione, con un tasso di fecondità totale di 1,29 (in calo rispetto all’1,46 del 2010), davanti a Spagna (1,26) e Malta (1,23).

Un forte contributo all’aumento registrato dalla Germania, anche se non l’unico come vedremo più avanti, è arrivato proprio dalle madri con nazionalità straniera.

Su oltre 787.500 nuovi nati nel 2018 in Germania (+16,1 per cento rispetto al 2010), quasi 186 mila (circa un quarto) avevano una madre straniera, un +63,2 per cento rispetto a otto anni prima.

In Italia, dal 2010 al 2018 le nascite sono calate del 21,7 per cento, passando da quasi 562 mila a circa 439.800, di cui 88.619 (circa un quinto) da madre straniera.

Il calo per i nuovi nati in Italia ha interessato anche quelli da madre straniera (-10,7 per cento), ma è stato meno marcato rispetto a quello che ha toccato i nati da madri di nazionalità italiana (-24,1 per cento).

Dunque, come ha sottolineato in passato anche l’Ufficio federale di statistica tedesco, rispetto a dieci anni fa la Germania ha registrato un aumento della popolazione straniera a cui è corrisposto anche una crescita della natalità maggiore rispetto ai dati dell’Italia (dove gli stranieri sono aumentati, ma meno che in Germania, e dove le nascite sono calate).

È vero comunque che in Germania la popolazione sarebbe aumentata anche senza gli stranieri, ma in misura minore, così come è vero che in Italia la popolazione sarebbe diminuita comunque, ma il calo è stato meno forte di quanto sarebbe successo se non ci fossero stati gli stranieri.

Che cos’ha in più la Germania dell’Italia

In un articolo del 29 giugno 2019, l’Economist ha però spiegato che l’immigrazione non è l’unica causa dell’aumento del tasso di fertilità della Germania.

«Un’altra spiegazione per l’improvviso aumento delle nascite è che la Germania ha reso più facile crescere dei figli», ha sottolineato il settimanale britannico. «Nel 2007 il governo federale tedesco ha introdotto leggi generose per il congedo parentale e ha modificato le regole per incentivare i padri a riposarsi. Nel 2013 ha inoltre stabilito che i bambini con più di un anno hanno diritto a un posto negli asili nido».

A questo va inoltre aggiunta la condizione positiva dell’economia tedesca degli ultimi anni, che ha migliorato fattori che favoriscono la natalità, come l’occupazione giovanile e quella femminile.

Tra il 2010 e il 2018, per esempio, in Germania il tasso di occupazione nella fascia di età tra i 20 e i 29 anni è cresciuto dal 69,5 per cento al 73,3 per cento, mentre in Italia è calato dal 47,5 per cento al 43,4 per cento (peggior dato di tutta l’Ue). Il tasso di occupazione femminile tedesco è poi cresciuto dal 75 per cento al 79,9 per cento, mentre quello italiano è passato dal 61 per cento al 63 per cento (secondo peggior dato dell’Ue, davanti solo alla Grecia).

Il verdetto

Secondo Emma Bonino, «dieci anni fa il paese Ue con la percentuale più alta di over 65 era la Germania», mentre «oggi è l’Italia e la Germania è scesa al quinto posto, grazie all’immigrazione».

Abbiamo verificato e i dati dicono che gli spostamenti in questa classifica citati da Bonino sono corretti, ed è poi vero che l’immigrazione ha avuto un ruolo determinante nello svecchiamento della popolazione. Non è però l’unico elemento da tenere in considerazione.

Altri fattori sono correlati al miglioramento dei numeri della Germania, come quelli legati all’occupazione – soprattutto giovanile e femminile – e alle politiche in favore della natalità.

Per Bonino dunque un “C’eri quasi”.