Lo scorso 22 luglio, ospite della trasmissione Radio anch’io, il presidente della regione Veneto Luca Zaia ha ribadito l’urgenza e necessità di procedere con l’attuazione dell’autonomia differenziata richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.

Secondo Zaia, ogni anno lo Stato sprecherebbe (min. 29:50) 30 miliardi per gli «enti pubblici».

Quanto sono affidabili i numeri sugli sprechi riportati da Zaia? Abbiamo verificato.

Che cosa ci dicono i numeri (di qualche anno fa)

Lo studio più autorevole in materia risale a un decennio fa. È quello realizzato a giugno 2008 da tre economisti italiani: Oriana Bandiera, Andrea Prat e Tommaso Valletti e pubblicato a settembre 2009 sull’autorevole rivista American Economic Review. Lo stesso studio è stato poi ripreso lo scorso anno da Gustavo Piga (ex presidente della Consip) su Panorama.

Lo studio distingue gli sprechi “attivi” da quelli “passivi”: nel primo caso si tratta di sprechi la cui «presenza comporta vantaggi diretti o indiretti per il decisore pubblico». Esempio che viene fatto è la corruzione degli appalti, occasione in cui il «pubblico ufficiale gonfia il prezzo pagato per un certo bene in cambio di una bustarella». Gli sprechi passivi sono, invece, quelli da cui non proviene, per il «decisore pubblico» alcune beneficio. Si tratta, ad esempio, dell’incapacità da parte della pubblica amministrazione di ridurre i propri costi.

Gli autori dello studio hanno preso in esame 21 tipologie di appalto di beni e servizi (dalle stampanti al carburante) in Italia dal 2000 al 2005. Per ogni tipologia hanno esaminato la differenza di spesa nei diversi settori pubblici e i tempi di acquisto.

Lo studio ha dimostrato che, se tutte le amministrazioni avessero comprato lo stesso bene allo stesso prezzo, la spesa complessiva avrebbe potuto ridursi complessivamente di circa il 2 per cento del Pil, pari più o meno a 30 miliardi di euro. Non ci sono però riferimenti al risparmio annuo.

L’analisi si riferisce però ad un preciso arco temporale e non consente di effettuare stime precise sull’entità degli sprechi negli ultimi anni.

Quanto si risparmierebbe?

Il rapporto “Gli acquisti di beni e servizi della Pubblica Amministrazione: si sta risparmiando?” pubblicato il 30 aprile 2018 dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore parlava delle possibilità di risparmio della pubblica amministrazione.

Nel documenti viene riportata una stima elaborata dalla Consip: sarebbero potenzialmente 3,6 i miliardi di euro di risparmi, in caso di effettivo utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche delle convenzioni attive per le diverse categorie di merci.

Il rapporto chiariva però che al momento non sono disponibili cifre effettive sui risparmi (e sprechi) reali nel sistema della pubblica amministrazione.

Il Codacons

L’associazione di consumatori Codacons ha riportato, a settembre 2015, alcuni dati relativi alle spese della pubblica amministrazione.

Nel comunicato sono stati denunciati sprechi e inefficienze nell’acquisto di beni materiali «per la bellezza di 30 miliardi euro all’anno», spendendo «fino al 70 per cento in più rispetto ai prezzi convenzionati».

Secondo quanto dichiarato dal Presidente Codacons Carlo Rienzi in quell’occasione «gli enti pubblici usano stratagemmi per acquistare prodotti fuori convenzione, in modo da non dover sottostare ai prezzi fissati dalla Consip [la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana], pur potendo scegliere pc, stampanti e fotocopiatrici a tariffe più basse di quelle di mercato».

In sostanza, i diversi enti locali avrebbero effettuato acquisti al di fuori delle tariffe stabilite dalla Consip, arrivando a sostenere, per uno stesso bene o servizio, costi di gran lunga maggiori, in contesti e modalità poco trasparenti.

Anche un’altra fonte è d’accordo con Zaia, ma…

Oltre alla stima della Codacons di settembre 2015, c’è un’altra fonte più recente che riporta dati in linea con quanto affermato dal presidente della regione Veneto. Si tratta di un rapporto pubblicato il 1° novembre 2017 dall’ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese (Cgia) di Mestre.

Qui si legge che gli sprechi complessivi da parte degli enti pubblici ammonterebbero a circa 29 miliardi di euro annui. Rientrano tra «gli sprechi» le spese nel «trasporto pubblico locale, nella sanità, nelle misure economiche a sostegno delle persone meno abbienti e nella quota di spesa pubblica indebita denunciata dalla Guardia di Finanza».

Notiamo però che la Cgia di Mestre non specifica come sono stati rielaborati i dati, aspetto che rende questa fonte meno affidabile rispetto a quelle riportate sopra.

Non è infatti chiaro come siano stati definiti e quantificati gli “sprechi”, né quindi in che modo dati di diversa natura siano stati aggregati.

Inoltre, la Cgia di Mestre, pur elencando le diverse fonti utilizzate nella rielaborazione dei dati (The European House-Ambrosetti, Ferrovie dello Stato, Ispe Sanità, il rapporto Inps del 2015 “Non per cassa, ma per equità” e il rapporto annuale della Guardia di Finanza del 2016) non specifica come sia stata ottenuta una stima annuale e complessiva partendo dai diversi criteri adottati dalle differenti fonti.

Il verdetto

Luca Zaia ha dichiarato che l’ammontare di sprechi degli enti pubblici raggiunge annualmente i 30 miliardi di euro.

Lo studio più autorevole in materia è stato pubblicato nel 2008 e prende in esame gli sprechi della pubblica amministrazione italiana tra il 2000 e il 2005. Prendendo in esame questo quinquennio è stato stimato che gli sprechi della PA erano pari, nel complesso, a circa 30 miliardi di euro (circa il 2 per cento del Pil).

Altre fonti, nel 2015 e nel 2017, hanno riportato cifre che oscillano tra i 29 e i 30 miliardi di euro di sprechi. Ma questi documenti rischiano di risultare poco affidabili dal momento che non vengono riportate le fonti o il metodo utilizzato nella rielaborazione dei dati.

Gli studi disponibili non consentono di affermare con certezza che ad oggi «ogni anno» lo spreco effettivo degli enti locali ammonti a 30 miliardi di euro.

In conclusione, Luca Zaia merita un “Nì”.




[1] The European House-Ambrosetti, Ferrovie dello Stato, Ispe Sanità, il rapporto Inps del 2015 “Non per cassa, ma per equità” e il rapporto annuale della Guardia di Finanza del 2016.