Una delle critiche più diffuse alla legge di Bilancio per il 2022, approvata dalla Camera lo scorso 30 dicembre, sta riguardando ormai da giorni una misura che nella manovra finanziaria non c’è. Stiamo parlando del cosiddetto “bonus psicologo”, ossia un contributo economico che alcuni parlamentari hanno proposto di introdurre, al momento senza successo, per aiutare i cittadini a sostenere le spese legate alla propria salute mentale.

Il 4 gennaio è stata lanciata una petizione sul sito Change.org per chiedere al governo di «prendere davvero in considerazione» la proposta del “bonus psicologo” «e inserirla nel primo provvedimento utile per andare incontro a un’esigenza immediata e pressante». In meno di 48 ore sono state raccolte più di 20 mila firme.

Ricordiamo che ad oggi, secondo quanto stabilito dall’Ordine nazionale degli psicologi, un’ora di consulenza individuale può costare da un minimo di 35 euro all’ora fino a un massimo di 115 euro. Il prezzo medio, generalmente, oscilla tra i 50 e i 90 euro l’ora.

La storia del “bonus psicologo” non è nuova: misure simili sono state proposte anche in passato. Ma il risultato è sempre stato lo stesso.

Di che cosa stiamo parlando

Il 2 dicembre le senatrici Caterina Biti, Paola Boldrini, Vanna Iori e il senatore Eugenio Comincini, tutti del Partito democratico, hanno presentato un emendamento (il 102-bis) per modificare il disegno di legge di Bilancio per il 2022 presentato dal governo. La modifica ha poi ricevuto il supporto di tutte le forze politiche.

L’emendamento chiedeva la creazione di un “Fondo salute mentale” da 50 milioni di euro l’anno, diviso in due sussidi principali: un bonus “avviamento” finanziato con 15 milioni di euro e un bonus “sostegno” da 35 milioni di euro. Il primo avrebbe permesso a tutti i cittadini maggiorenni a cui non è stato diagnosticato un disturbo mentale, senza limiti di reddito, di accedere a un contributo forfettario da 150 euro ogni due anni. Il secondo bonus invece avrebbe erogato sussidi tra i 400 e i 1.600 euro in base all’Isee del richiedente.

La modifica è stata però bocciata e quindi non compare nella versione definitiva della manovra. «Siamo amareggiati, certo, ma quello che è importante davvero resta tale e continueremo a lavorarci fino a che potremo», ha commentato il 22 dicembre la senatrice Biti.

Ogni anno sono molti gli emendamenti che vengono scartati nella versione finale della legge di Bilancio, ma la decisione sul “bonus psicologo” ha attirato parecchie critiche, soprattutto perché la manovra ha rinnovato altri bonus, come quello per l’installazione di zanzariere o di sistemi per il filtraggio dell’acqua (il cosiddetto “bonus rubinetti”).

Il fondo finanziato dal decreto “Sostegni bis”

Come abbiamo anticipato, il “bonus psicologo” non è comunque una novità delle ultime settimane. Già a luglio 2021, con la conversione in legge del decreto “Sostegni bis”, il governo aveva previsto l’istituzione (art. 33, co. 6-bis) di un fondo da 10 milioni di euro destinato ad agevolare «l’accesso ai servizi psicologici delle fasce più deboli della popolazione», dando priorità ai pazienti oncologici, ai bambini e agli adolescenti. A novembre i fondi sono poi stati allocati alle varie regioni con un decreto attuativo dei ministeri della Salute e dell’Economia.

Non si trattava però di un vero e proprio “bonus psicologo”, quanto piuttosto di una serie di fondi che le regioni possono utilizzare per potenziare i servizi di ascolto, formare il personale o migliorare le reti di assistenza.

I tentativi già falliti

Alla fine del 2020 altre proposte per l’attivazione di sussidi per la salute mentale erano già state presentate, senza successo, con alcuni emendamenti alla legge di Bilancio per il 2021.

In particolare, la deputata democratica Lia Quartapelle aveva proposto di creare un fondo finanziato con 30 milioni di euro all’anno, dal 2021 al 2023, da utilizzare per «favorire l’accesso ai servizi psicologici», durante la pandemia, con lo strumento dei voucher.

Un’altra proposta prevedeva invece l’istituzione di un vero e proprio «bonus per i servizi di sostegno psicologico», del valore massimo di 200 euro all’anno, finanziato con un fondo da 50 milioni di euro. Un altro emendamento infine proponeva di attivare un credito d’imposta, basato sull’Isee, per ridurre i costi dei servizi sanitari, compresi quelli relativi alla salute mentale. Nessuna di queste misure è stata poi approvata.