Il fact-checking del nuovo libro di Renzi

Pagella Politica
Il 13 luglio è uscito nelle librerie Controcorrente (Edizioni Piemme), il nuovo libro del leader di Italia viva Matteo Renzi.

Tra storici cavalli di battaglia e numeri sulla pandemia, passando per il reddito di cittadinanza e il governo Draghi, abbiamo verificato 12 dichiarazioni dell’ex presidente del Consiglio per vedere se corrispondono al vero o meno. Nel complesso Renzi ha esagerato su diverse questioni, fatto alcune affermazioni corrette, ma anche commesso diversi errori non da poco.

I record negativi dell’Italia durante la pandemia

«Con Conte eravamo il Paese in cima alle classifiche della mortalità, con un rapporto tra cittadini e decessi devastanti. Avevamo chiuso le scuole più degli altri, subito un crollo del Pil superiore agli altri»

È vero che l’Italia è stato uno dei Paesi al mondo che, numeri alla mano, ha subito le conseguenze peggiori per la pandemia, sia in termini economici che di mortalità. Ma qui Renzi esagera per i primati negativi dell’Italia, per una serie di motivi.

Partiamo dalla mortalità. Come abbiamo spiegato più volte in passato, è vero che per molti mesi l’Italia ha avuto un rapporto tra morti da Covid-19 e popolazione tra i più alti al mondo. A fine 2020 era di 1,2 morti ogni mille abitanti, oggi è di 2,1 ogni mille abitanti, non più tra le prime posizioni (Grafico 1). Ma i confronti tra Paesi sui dati della mortalità rapportata alla popolazione vanno presi con molta cautela, per una serie di motivi, in primo luogo per il fatto che i criteri di conteggio sono diversi da Stato e Stato.
Grafico 1. Rapporto tra morti Covid-19 diagnosticati e popolazione – Fonte: Our world in data
Per quanto riguarda la chiusura delle scuole, Renzi esagera, come ha già fatto nei mesi scorsi sullo stesso tema. A fine gennaio 2021 l’Italia era il grande Paese europeo che ha chiuso di più le scuole, ma nell’Unione europea c’erano Stati che avevano agito con maggiore decisione rispetto a noi (vedi Romania e Repubblica Ceca, per citarne un paio) o come noi (vedi Ungheria e Polonia).

L’ex presidente del Consiglio esagera anche sul nostro primato per il crollo del Pil. Nel 2020 il Pil italiano è diminuito dell’8,9 per cento, ma c’è chi ha fatto peggio di noi. Nell’Unione europea, per esempio, il Pil della Spagna è sceso del 10,8 per cento, mentre a livello mondiale il Regno Unito ha segnato un -9,9 per cento e l’Argentina un -10 per cento.

Quanti soldi per i giovani nel primo Pnrr e quanti per il cashback

«Nella prima versione del Pnrr per il cashback erano destinate risorse superiori di almeno cinque volte rispetto a quelle investite per i giovani»

Renzi esagera di parecchio. Come abbiamo spiegato nel dettaglio in un altro fact-checking, la prima bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) avanzata dal governo Conte II destinava ai giovani circa 3 miliardi di euro tra il 2021 e il 2026. Per il cashback – ora sospeso dal governo Draghi – sono invece stati stanziati circa 4,7 miliardi di euro per il 2021 e 2022. Dunque non «almeno cinque volte» i 3 miliardi visti prima.

Il reddito di cittadinanza disincentiva a lavorare?

«Non è un caso che oggi molti commercianti, ristoratori, albergatori fatichino a trovare personale: col sussidio si prende quasi la stessa cifra e non si fa fatica»

Anche qui Renzi esagera. Secondo i dati Inps aggiornati a giugno 2021, un nucleo famigliare beneficiario del reddito di cittadinanza in media riceve (Tavola 1.2) un importo mensile di circa 548 euro. Non esistono dati ufficiali sui salari mensili medi dei lavoratori stagionali in Italia, che variano molto da mansione a mansione. Ma come hanno scritto diverse fonti stampa nelle ultime settimane – che citano associazioni di settore – le paghe medie mensili in regola si aggirano almeno tra i 1.100 euro e i 1.400 euro lordi.

È dunque molto improbabile, salvo qualche caso isolato, che il beneficio ricevuto dal reddito di cittadinanza sia paragonabile a quello di uno stipendio regolarmente retribuito per un lavoro stagionale. Ad oggi comunque non esistono studi scientifici che mostrino un effetto negativo del reddito di cittadinanza sulla ricerca del lavoro, sebbene come abbiamo scritto più volte questa misura abbia raccolto risultati negativi sul fronte delle politiche attive del lavoro.

Come hanno sottolineato diversi esperti, le cause della difficoltà di alcuni commercianti e ristoratori nel trovare lavoratori stagionali in questo periodo sono più da ricercare nei limiti del mercato del lavoro italiano (per esempio nell’incrociare la domanda e l’offerta di lavoro) e nella pandemia.

Le risorse di Renzi sulla povertà

«Io sono arrivato a Palazzo Chigi e per combattere la povertà ho trovato un fondo da 20 milioni di euro. Sono uscito da Palazzo Chigi tre anni dopo e per combattere la povertà c’erano 2 miliardi e 700 milioni»

Come abbiamo spiegato in passato, questo risultato è stato più volte rivendicato in passato da Renzi, ma va un po’ ridimensionato.

Prima di febbraio 2014 – quando Renzi è diventato presidente del Consiglio – con il governo Letta in Italia si spendevano circa 50 milioni di euro in via sperimentale per il contrasto alla povertà (e non 20 milioni), attraverso il cosiddetto “Sostegno di inclusione attiva” (Sia). Letta ha poi aumentato i fondi con 250 milioni di euro per il solo 2014 e 120 milioni da spalmare nel triennio 2014-2016.

Il governo Renzi ha a sua volta stanziato ulteriori risorse nel contrasto alla povertà, con oltre 730 milioni di euro nel 2016. I 2,7 miliardi di euro di cui parla Renzi fanno riferimento allo stanziamento previsto per il 2020 dal successivo governo Gentiloni per finanziare il Reddito di inclusione (Rei), introdotto nel 2018 con risorse per circa 2 miliardi di euro. Il Rei è poi stato sostituito nel 2019, con il primo governo Conte, dal reddito di cittadinanza.

Tutta colpa del Titolo V della Costituzione?

«Il Titolo V della Costituzione così com’è non funziona. Quattro anni fa – in quel famoso referendum – avevamo proposto di inserire la clausola di supremazia. Quella scelta ci avrebbe evitato il caos di oggi»

Ci siamo occupati a novembre 2020 delle critiche proprio di Renzi al Titolo V della Costituzione e alle sue conseguenze sulla gestione sanitaria durante la pandemia.

Il Titolo V della Costituzione è quello dedicato ai poteri e alle competenze di regioni, province e comuni, ed è stato riformato nel 2001, accentuando la conflittualità fra Stato e regioni davanti alla Corte Costituzionale, dato che nella pratica si è rivelato molto difficile distinguere dove finissero le competenze statali e dove cominciassero quelle regionali in tema di salute. Nel referendum del 2016, promosso da Renzi e bocciato dalla maggioranza degli italiani, si chiedeva di inserire una “clausola di supremazia” per lo Stato nei casi in cui si volesse tutelare l’interesse nazionale.

Come abbiamo però spiegato in passato, secondo alcuni esperti la Costituzione, così com’è scritta oggi, prevede già la superiorità della legge statale in circostanze nelle quali rientra senza dubbio la pandemia. La supremazia può infatti scattare nei casi di «profilassi internazionale», cioè per le procedure necessarie a prevenire la diffusione di una malattia, o nei casi di «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica».

L’eterno ritorno del «milione di posti di lavoro» con il Jobs act

«Con il Jobs act creiamo oltre un milione di posti di lavoro»

Questo risultato rivendicato da Renzi è uno dei suoi cavalli di battaglia più famosi. La stessa statistica compare per esempio anche nel suo libro del 2019 Un’altra strada e in quello del 2020 La mossa del cavallo, e in molte altre dichiarazioni pubbliche, risalenti anche a quattro anni fa. Come abbiamo scritto più volte, però, le cose non stanno proprio come dice l’ex presidente del Consiglio.

L’espressione Jobs act fa riferimento a un insieme di misure approvate dal governo Renzi dal 2014 in poi per riformare il mercato del lavoro. Valutare con precisione l’impatto dei singoli provvedimenti è un compito molto difficile da un punto di vista empirico. Quando l’ex presidente del Consiglio parla del «milione di posti di lavoro», fa dunque riferimento alla variazione del numero degli occupati – che sono una cosa diversa dai «posti di lavoro» – dopo l’introduzione dei provvedimenti del Jobs act. Ma questo non significa che tutto l’aumento dell’occupazione sia imputabile alle nuove misure.

In ogni caso, la cifra indicata da Renzi è più o meno esagerata, a seconda del periodo che si prende in considerazione. Dal primo trimestre del 2014 al primo trimestre del 2018 – quando si sono tenute le ultime elezioni politiche – gli occupati in Italia sono cresciuti di circa 900 mila unità. Ma se si guarda l’aumento registrato da dicembre 2014 – mese di entrata in vigore del contratto “a tutele crescenti”, una delle misure centrali del Jobs act – la crescita è stata di circa 665 mila unità.

L’andamento del debito pubblico

«Nel 2015-2017 il rapporto debito/Pil dell’Italia, dopo molti anni consecutivi in cui era sempre aumentato, tornò a scendere, precisamente di 1,3 punti. Il debito/Pil, per contro, avrebbe poi ricominciato a risalire con il governo gialloverde Conte I»

È vero. Secondo i dati Eurostat, nel 2014 il rapporto debito pubblico/Pil dell’Italia era al 135,4 per cento – in crescita almeno dal 2009 in poi – sceso al 135,3 per cento nel 2015, al 134,8 per cento nel 2014 e al 134,1 per cento nel 2017. A fine 2018 – il governo Lega-M5s è entrato in carica il 1° giugno 2018 – il rapporto era risalito al 134,4 per cento. Nel 2020, a causa della pandemia di Covid-19, questa percentuale è arrivata al 155,8 per cento.

Il non-record sui viaggi in Africa

«Sono stato il primo premier italiano nella storia a visitare i Paesi africani subsahariani»

Qui Renzi rivendica un primato che non è suo. Come abbiamo verificato a luglio 2016, Romano Prodi è stato il primo presidente del Consiglio italiano a fare visita in un Paese dell’Africa subsahariana, più precisamente nel 2007 ad Addis Abeba, in Etiopia.

Anche con Draghi lo spread è risalito

«Con Draghi scende lo spread»

Come abbiamo spiegato in passato, è un po’ semplicistico indicare nel presidente del Consiglio Mario Draghi – o in generale nei cambi di governo – le ragioni dietro l’andamento dello spread, ossia la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni (i Btp) e quello dei corrispettivi tedeschi (i Bund).

In ogni caso non è vero che con Draghi a Palazzo Chigi lo spread sia sempre diminuito. Come mostra il Grafico 2, lo spread è sceso sotto quota 90 verso metà febbraio, con l’entrata in carica del nuovo governo, ma poi è tornato a salire, superando a maggio quota 120, un livello che non si vedeva dalla crisi di governo di fine gennaio scorso. Durante il 2020 c’è stato comunque per mesi un calo generale dello spread, anche con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, merito soprattutto dei provvedimenti presi dalla Banca centrale europea (Bce) nell’acquisto massiccio dei titoli di Stato italiani.
Grafico 2. Andamento dello spread nell’ultimo anno – Fonte: Il Sole 24 Ore
Grafico 2. Andamento dello spread nell’ultimo anno – Fonte: Il Sole 24 Ore

Che cosa dice la Costituzione sui parlamentari intercettati

«Le intercettazioni dei parlamentari sono (sarebbero) vietate persino dalla Costituzione»

Renzi ha ragione, ma con una precisazione. In base all’articolo 68 della Costituzione, i membri del Parlamento non possono essere sottoposti «ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza», tranne che non ci sia l’autorizzazione da parte della camera di appartenenza.

È poi possibile che vengano intercettati, e in questo caso non serve l’autorizzazione, indirettamente e in modo fortuito. Cioè l’utenza intercettata è di un’altra persona, che viene intercettata mentre parla col parlamentare senza che questo fosse stato previsto e voluto dal magistrato. In ogni caso è necessaria poi l’autorizzazione della camera di appartenenza per usare l’intercettazione in un eventuale processo contro il parlamentare.

Nigeria vs Ue sulla popolazione nel 2045

«Tra venticinque anni la Nigeria da sola avrà più abitanti di tutta l’Unione europea»

Anche se qui si entra nel campo delle previsioni, possiamo dire che Renzi sbaglia in base alle stime oggi a disposizione. Secondo le previsioni della Banca mondiale, nel 2045 la Nigeria avrà circa 365 milioni di abitanti, in crescita rispetto ai 206 milioni attuali, mentre l’Unione europea ne avrà circa 445 milioni, un numero leggermente in calo rispetto agli attuali quasi 448 milioni attuali.

Il referendum contro il reddito di cittadinanza

«Nel 2022 Italia viva raccoglierà le firme in tutto il territorio nazionale per chiedere un referendum che abolisca il reddito di cittadinanza»

Come abbiamo verificato più nel dettaglio in un altro fact-checking, leggi e date alla mano, al momento sembra molto improbabile – se non quasi certamente impossibile – che la proposta avanzata da Renzi possa andare a buon fine.

La legge prevede infatti un periodo di stop alle richieste referendarie nell’anno solare precedente alla scadenza delle Camere, prevista per il 22 marzo 2023. Se anche poi, con una diversa interpretazione della norma, il leader di Italia viva dovesse depositare la richiesta entro fine marzo 2022, quindi nel termine dei 365 giorni antecedenti la fine della legislatura, il referendum cadrebbe necessariamente tra aprile e giugno 2023, in concomitanza con le elezioni politiche: una situazione che l’attuale ordinamento vuole evitare.

Le richieste di referendum potranno ricominciare a essere depositate a partire dal 1° gennaio 2024, e le convocazioni saranno poi indette tra il 15 aprile e il 15 giugno 2025. Per anticipare i tempi sarebbe necessaria non solo una nuova interpretazione delle norme esistenti, ma anche una loro modifica o disapplicazione per intervento della Corte Costituzionale.

In conclusione

Abbiamo verificato 12 dichiarazioni fatte da Matteo Renzi nel suo nuovo libro Controcorrente, uscito il 13 luglio. Nel complesso, il leader di Italia viva ha fatto alcune affermazioni corrette, altre esagerate, e altre ancora errate.

Per esempio, l’ex presidente del Consiglio ha ripetuto che con il Jobs act si è creato «oltre un milione di posti di lavoro» – dato esagerato – e che con il suo governo sono stati messi 2,7 miliardi di euro sulla povertà – dato da ridimensionare.

Non è vero che Renzi è stato il primo presidente del Consiglio della storia in visita in uno Stato dell’Africa subsahariana – era stato Prodi – e non è vero, in base alle previsioni della Banca mondiale, che la popolazione della Nigeria nel 2045 sarà di più di quella dell’Unione europea, anche se è vero che crescerà molto nei prossimi 25 anni.

Renzi poi semplifica troppo la relazione tra l’entrata in carica di Mario Draghi a Palazzo Chigi e l’andamento dello spread, che oltre a essere sceso è anche risalito, e semplifica le responsabilità del Titolo V della Costituzione nella gestione dell’epidemia.

L’ex presidente del Consiglio sbaglia quando scrive che il primo Pnrr di Conte dedicava risorse per i giovani «cinque volte» più basse di quelle per il cashback, così come esagera i risultati negativi, economici e sulla mortalità, dell’Italia durante la pandemia. È vero invece che i parlamentari, in base alla Costituzione, di norma non possono essere intercettati, anche se ci sono delle eccezioni, e che tra il 2015 e il 2017 il rapporto debito pubblico/Pil in Italia è sceso dopo anni di crescita.

Infine, Renzi esagera quando dice che il reddito di cittadinanza ha un importo «quasi» uguale a quello del salario di un lavoratore stagionale. In media un nucleo familiare beneficiario del reddito di cittadinanza prende meno di 550 euro al mese, mentre i salari minimi regolari oscillano tra i 1.100 e i 1.400 euro lordi al mese.

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