Il 29 gennaio si è tenuto al Senato il vertice “Italia-Africa”, organizzato dal governo Meloni per rafforzare la cooperazione tra il nostro Paese e oltre 40 Paesi africani. Nel suo discorso di apertura la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilanciato il “Piano Mattei per l’Africa”, presentato come «un piano concreto di interventi strategici, concentrato su poche, fondamentali, priorità di medio e lungo periodo». Le priorità di intervento presentate durante il vertice – su cui, come vedremo, mancano ancora molti dettagli concreti – sono l’istruzione e la formazione, la salute, l’agricoltura, l’acqua e l’energia. 

Meloni ha detto anche su quante risorse potrà contare il “Piano Mattei” (che prende il nome dall’imprenditore Enrico Mattei), mostrando che il governo non è riuscito a recuperare soldi aggiuntivi rispetto a quelli già a disposizione. Il piano, ha dichiarato la presidente del Consiglio, «può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo».

Il Fondo italiano per il clima è stato istituito alla fine del 2021 dalla legge di Bilancio per il 2022, durante il governo tecnico di Mario Draghi, supportato da tutti i principali partiti in Parlamento, eccetto Fratelli d’Italia. Con questo fondo l’Italia contribuisce agli impegni presi nel 2015 a livello internazionale per finanziare i progetti di adattamento e contrasto ai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. Per questo obiettivo sono stati stanziati 840 milioni di euro per ogni anno dal 2022 al 2026 e 40 milioni di euro dal 2027 in poi. In totale stiamo parlando di almeno 4,2 miliardi di euro, che possono essere concessi ai Paesi e alle imprese beneficiarie sotto forma di prestiti o garanzie. Il fondo è infatti “rotativo”: è sostenuto da risorse pubbliche, ma si autofinanzia quando le imprese restituiscono i prestiti di cui hanno beneficiato. 

Il Fondo italiano per il clima è gestito da Cassa Depositi e Prestiti, una società il cui azionista di maggioranza è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sotto la guida di due comitati interministeriali: il Comitato di indirizzo, che si è insediato a luglio 2023, stabilisce la strategia di investimento del fondo, mentre il Comitato direttivo approva il finanziamento delle singole operazioni.

Le intenzioni del governo sono ancora poco chiare. Meloni ha parlato di circa 3 miliardi di euro provenienti dal Fondo italiano per il clima, una cifra pari a oltre il 70 per cento delle risorse a disposizione. Tra le altre cose, il governo deve spiegare se vuole inserire dentro al “Piano Mattei” progetti che sarebbero comunque stati finanziati con il Fondo italiano per il clima oppure se vuole spostare le risorse a disposizione del fondo su voci di spesa alternative. In questo secondo caso si pone il problema di come rifinanziare eventualmente il fondo che, ricordiamo, è nato per rispettare gli accordi sul clima presi a livello internazionale. Su questo punto in passato l’Italia non ha sempre rispettato la parola data. Come spiega un dossier del Parlamento, «le risorse effettivamente messe a disposizione dall’Italia nel periodo 2015-2018 si sono attestate su valori inferiori rispetto agli impegni assunti, risultando mediamente pari a circa 500 milioni di dollari all’anno». 

Durante l’introduzione alla conferenza stampa finale del vertice “Italia-Africa”, Meloni ha elencato una serie di progetti che il governo vuole sostenere in alcuni Paesi africani. Tra questi ci sono lo sviluppo della filiera dei biocarburanti in Etiopia, il potenziamento delle stazioni di depurazione delle acque in Tunisia e la costruzione in Congo di pozzi e reti di distribuzione dell’acqua a fini agricoli.

La cooperazione allo sviluppo è la seconda voce di spesa da cui il governo vuole attingere risorse da destinare al “Piano Mattei”. La presidente del Consiglio ha detto che saranno recuperati «circa due miliardi e mezzo» dagli stanziamenti già previsti, oggi suddivisi tra vari ministeri. La cosiddetta “cooperazione allo sviluppo” raccoglie infatti una serie di iniziative tra i Paesi più sviluppati del mondo per combattere la povertà, tutelare i diritti umani e prevenire e risolvere i conflitti nei Paesi più poveri. Tra le iniziative della cooperazione allo sviluppo, ci sono per esempio la partecipazione ai programmi di cooperazione dell’Unione europea o interventi diretti in aree di emergenza umanitaria.

Secondo le stime di Openpolis, una fondazione che promuove più trasparenza nella politica italiana, la legge di Bilancio per il 2024 ha stanziato per quest’anno 6,5 miliardi di euro destinati alla cooperazione allo sviluppo. Oltre 400 milioni di euro finanzieranno progetti infrastrutturali in Libia, mentre un’altra parte delle risorse può essere usata per l’accoglienza dei migranti in Italia, dunque non per interventi nei Paesi africani. In cooperazione allo sviluppo l’Italia spende meno di quanto dovrebbe in base agli impegni presi a livello internazionale, anche se negli anni i soldi destinati a questa voce di spesa sono aumentati. 

L’unico provvedimento concreto che il governo Meloni ha preso finora sul “Piano Mattei” è stato il decreto-legge presentato in Parlamento lo scorso novembre e convertito in legge il 10 gennaio. Il decreto è composto da 11 articoli, ma non contiene i progetti che saranno finanziati dal piano né le risorse che saranno usate. Il provvedimento ha solo definito i settori di collaborazione tra l’Italia e i Paesi africani, dando al governo il compito di adottare un piano di quattro anni, rinnovabili, con un decreto del presidente del Consiglio (Dpcm), dopo aver ricevuto il parere delle commissioni parlamentari. La definizione e l’attuazione del “Piano Mattei” saranno seguiti da una Cabina di regia, di cui faranno parte la presidente del Consiglio e vari ministri, affiancata da una struttura di missione, finanziata con poco più di 2 milioni di euro.