Schlein e Calenda sono i leader dell’opposizione che parlano meno in Parlamento

La segretaria del PD e il segretario di Azione hanno fatto meno di dieci interventi in aula dall’inizio della legislatura. Il co-portavoce di Europa Verde Bonelli è primo con 63 interventi, uno ogni quattro giorni circa
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Il segretario di Azione Carlo Calenda e la segretaria del Partito Democratico Elly Schelin sono i leader dei partiti dell’opposizione che intervengono meno in Parlamento. In base alle verifiche di Pagella Politica il segretario di Azione, eletto senatore alle elezioni politiche, ha fatto cinque interventi al Senato in quasi nove mesi dall’inizio della legislatura, in media uno ogni due mesi circa. La segretaria del PD ha fatto invece nove interventi, circa uno al mese, di cui tre dopo aver vinto le primarie del 26 febbraio. L’ultima e unica volta in cui Schlein da segretaria si è confrontata nell’aula della Camera con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata il 15 marzo durante un question time, con una domanda sul salario minimo. 

Al contrario il leader che dall’inizio della legislatura ha fatto il maggior numero di interventi in Parlamento è il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, eletto alla Camera nelle liste di Alleanza Verdi-Sinistra. Alla Camera Bonelli ha fatto 63 discorsi, in media circa sette al mese. Dietro a Bonelli ci sono il segretario di Sinistra Italiana e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Nicola Fratoianni (35 interventi), il segretario di Più Europa Riccardo Magi (31) e l’altra co-portavoce di Europa Verde Eleonora Evi (26). Il leader di Italia Viva Matteo Renzi e il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte sono invece più staccati, rispettivamente con 12 e 11 interventi.
In questa classifica abbiamo tenuto conto solo degli interventi fatti in Parlamento dai leader politici dei partiti di opposizione. La leader di Fratelli d’Italia e presidente del Consiglio Meloni ha fatto sei interventi dall’inizio della legislatura, il segretario della Lega Matteo Salvini 18 mentre l’attuale presidente di Forza Italia Tajani 11. In tutte le occasioni, però, Meloni, Salvini e Tajani hanno fatto interventi in qualità di membri del governo – come le comunicazioni prima delle riunioni del Consiglio europeo o i question time – e non come leader dei loro partiti. 

Ma come mai Calenda e Schlein sono ultimi per numero di interventi fatti mentre Bonelli è al primo posto? Ci sono varie risposte a questa domanda.

Come si decide chi parla in aula

Gli interventi parlamentari non sono tutti uguali e non hanno tutti la stessa importanza nei lavori delle aule. «I parlamentari possono fare interventi su questioni diverse, per esempio quelli sull’ordine dei lavori, sul regolamento, per fatto personale, nell’ambito di una discussione durante l’esame di un provvedimento, per annunciare il proprio voto o quello del gruppo parlamentare di appartenenza, su atti di indirizzo o di controllo», ha spiegato a Pagella Politica Simone Baldelli, deputato di Forza Italia dal 2006 al 2022, ex vicepresidente della Camera e autore del libro W Montecitorio! Guida pratica ai «misteri» dell’aula della Camera (Rubettino, 2012). Gli ordini del giorno sono atti di indirizzo politico con cui i parlamentari chiedono al governo di intervenire su una questione specifica e hanno un ruolo secondario nei lavori del Parlamento. Per contro ci sono atti che invece hanno un peso più significativo, come le questioni di fiducia. La questione di fiducia è l’atto con cui il governo chiede il sostegno del Parlamento su un progetto di legge.

In base all’oggetto della discussione i gruppi parlamentari decidono a chi assegnare il compito di intervenire in aula. «La scelta su chi far intervenire solitamente è in capo al gruppo parlamentare e dipende dall’importanza del tema. Più il gruppo lo considera rilevante più di solito impegna esponenti di rilievo nella gerarchia politica del partito o in quella istituzionale», ha detto Baldelli, che è stato membro della Giunta per il regolamento della Camera.

Equilibri interni e ricerca di consenso

La scelta su chi far parlare in Parlamento dipende anche dalla grandezza dei gruppi parlamentari e dai loro equilibri interni. Al momento il PD può contare su 106 parlamentari (69 deputati e 37 senatori), mentre Alleanza Verdi-Sinistra su 15 (11 deputati e quattro senatori), circa un decimo. «Il fatto di avere un numero elevato di parlamentari può consentire al PD di avere una scelta più ampia di deputati e senatori da far intervenire durante le discussioni», ha spiegato Luigi Di Gregorio, professore di Comunicazione pubblica, politica e sfera digitale all’Università della Tuscia. «In più bisogna tenere conto che il PD è fatto di tante correnti ed è normale che vi sia un’alternanza, anche tra chi interviene in Parlamento, tra le varie anime del partito». La strategia comunicativa è un altro aspetto fondamentale da considerare quando si parla di discorsi dei leader. «Il primato di Bonelli si può spiegare sia con il fatto che è l’esponente più conosciuto e in vista del suo partito, e dunque si preferisce far parlare lui, sia perché Europa Verde ha bisogno di visibilità, visti i risultati elettorali e quanto dicono al momento i sondaggi», ha aggiunto Di Gregorio. 

Alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 Alleanza Verdi-Sinistra, la lista unitaria formata da Europa Verde e Sinistra Italiana, ha ottenuto poco più di un milione di voti, pari al 3,6 per cento. A fine giugno, secondo i sondaggi Alleanza Verdi-Sinistra si attestava al 2,9 per cento, in calo di circa 0,3 punti percentuali rispetto all’inizio dello scorso mese.

Questione di stile

Secondo Di Gregorio per Calenda e Schlein il discorso è diverso. «Il segretario di Azione e la segretaria del PD sono entrambi “giovani” dal punto di vista politico: sono alla loro prima esperienza nel Parlamento italiano e sono meno abituati ai canoni della politica tradizionale, mentre sono più concentrati sulle nuove forme della comunicazione, come quella sui social network», ha spiegato.

Di recente Calenda e Schlein non sono intervenuti nemmeno in occasione delle comunicazioni di Meloni al Parlamento prima della riunione del Consiglio europeo, tenutesi mercoledì 28 giugno. Durante la comunicazioni al Senato Calenda risultava “in congedo”: in Senato questa formula corrisponde all’essere assenti per motivi personali, mentre “in missione” vuol dire essere assenti per svolgere un incarico specifico assegnato dall’Ufficio di presidenza. Per quanto riguarda Schlein, fonti del Partito Democratico hanno spiegato a Pagella Politica che la segretaria non è intervenuta perché si trovava a Bruxelles per una serie di incontri istituzionali. Per lo stesso motivo Schlein non ha partecipato alla discussione finale in aula sul decreto “Lavoro”, avvenuta il giorno dopo. Al di là di questo, Schlein non sembra comunque discostarsi dalla strategia di Enrico Letta, suo predecessore alla segreteria del PD. Nella scorsa legislatura, da quando è stato eletto alla Camera alla fine di ottobre 2021, Letta ha fatto in totale sette interventi in quasi un anno e in quella attuale ne ha fatti al momento sei. 

«A differenza di Schlein e Calenda, Bonelli è un politico di lungo corso: la scelta di dare centralità ai discorsi in Parlamento non mi stupisce ed è segno di uno stile comunicativo più tradizionale», ha aggiunto Di Gregorio. Nella sua carriera politica Bonelli è già stato parlamentare dal 2006 al 2008, durante la quindicesima legislatura, e in precedenza è stato consigliere regionale nel Lazio per tre mandati tra il 1995 e il 2005. «Ho sempre concepito la politica con uno spirito che definirei “gesuita”, per me il Parlamento è il luogo dove il politico deve essere presente il più possibile a far sentire la sua voce, senza nulla togliere ovviamente ai colleghi che fanno scelte e adottano strategie diverse», ha detto Bonelli a Pagella Politica.

Una forma di ostruzionismo

Gli interventi in Parlamento possono comunque essere usati dai partiti di opposizione come strumento di ostruzionismo per rallentare l’esame dei provvedimenti proposti dal governo. «Per esempio durante l’esame di un decreto-legge in aula alla Camera i partiti di opposizioni possono discutere decine di emendamenti, iscrivendo a parlare su questi emendamenti tutti loro parlamentari», ha aggiunto Baldelli. «Finché nessuno decide di cambiare il regolamento e permettere, come avviene al Senato, il contingentamento dei tempi dei decreti anche nell’aula della Camera, l’ostruzionismo resterà sempre una facile tattica per l’opposizione e una buona scusa per porre la fiducia da parte del governo, e questo, a mio modesto avviso, a scapito del dibattito sul merito dei temi».

Negli ultimi anni la Camera e il Senato hanno comunque modificato i propri regolamenti, introducendo limiti di tempo alla durata dei discorsi in aula per contenere l’ostruzionismo. Negli anni Ottanta, quando questi limiti ancora non esistevano, i parlamentari intervenivano anche per svariate ore durante le discussioni. Un esempio è quello dell’ex deputato del Partito Radicale Marco Boato, oggi presidente di Europa Verde, che a febbraio 1981 fece un discorso di oltre 15 ore alla Camera durante l’esame di un decreto-legge che modificava le regole sul fermo di polizia.

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