Tutti i risultati sui referendum della giustizia

Quattro grafici per capire meglio quanti sono stati i voti per i cinque quesiti referendari, che non hanno raggiunto il quorum
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Il 12 giugno si sono tenuti i cinque referendum sulla giustizia promossi dalla Lega e dal Partito Radicale. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, aggiornati alle ore 9 del 13 giugno, l’affluenza è stata pari al 21 per cento: non avendo votato almeno la metà più uno degli elettori, non è stato raggiunto il quorum e quindi i referendum sono falliti.

Numeri e grafici alla mano, vediamo che cosa dicono più nel dettaglio i voti ai referendum.

Il referendum con la più bassa affluenza di sempre

Al voto ha partecipato il 21 per cento circa degli aventi diritto di voto, dunque meno di 10 milioni di elettori. Questa tornata referendaria è stata dunque quella con la minore affluenza di sempre, facendo peggio anche dei referendum sulla legge elettorale del 2009, che si fermarono al 23 per cento di affluenza. Per fare un confronto con un referendum più recente, quello del 2016 sulle trivelle aveva registrato la partecipazione del 31 per cento degli elettori.

Negli ultimi 25 anni i pochi referendum che hanno superato il quorum sono stati solo quelli che hanno coinvolto l’opinione pubblica e in cui i partiti si sono schierati apertamente in campagna elettorale a favore di una posizione. Nel caso dei referendum sulla giustizia, i telegiornali hanno parlato poco dei quesiti, ma anche i partiti promotori dei quesiti, come la Lega di Matteo Salvini, hanno fatto poca campagna elettorale a favore dei sì.

Come cambia l’affluenza tra i territori

In Italia storicamente le regioni settentrionali e centrali votano di più di quelle meridionali. Questa volta la regione con la maggiore partecipazione al voto referendario è stata la Liguria, dove l’affluenza è arrivata al 28 per cento, mentre quella con la minore partecipazione è stata il Trentino-Alto Adige, dove si è fermata al 13 per cento. 

Va comunque considerato che, insieme ai referendum, si sono tenute anche le elezioni amministrative in 971 comuni, tra cui 26 capoluoghi di provincia e oltre 140 comuni con più di 15 mila abitanti. L’effetto delle elezioni amministrative sulla partecipazione ai referendum è stato evidente: dove si è andati a votare per eleggere il nuovo sindaco e consiglio comunale, si è andato a votare anche di più per i referendum.

Le regioni con un’affluenza maggiore rispetto a quella nazionale sono state Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Lombardia, Piemonte, Puglia e Abruzzo, mentre quelle con un’affluenza più bassa sono state Emilia-Romagna, Marche, Calabria, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, Valle d’Aosta, Umbria, Sardegna, Molise e Trentino-Alto Adige. 

A livello provinciale, Gorizia è stata la provincia con la maggiore affluenza, raggiungendo il 39 per cento. Poi ci sono Messina, al 37 per cento, al 34 per cento Taranto e al 33 per cento Genova. In tutte e quattro queste città si votava anche per il sindaco del capoluogo. Viceversa, Brindisi, con meno del 10 per cento, è stata la provincia con la minore affluenza. All’11 per cento ci sono Bolzano e Crotone.  

In generale, nelle province del Nord, con l’eccezione del Trentino-Alto Adige, si è votato tendenzialmente di più rispetto a quelle del Sud, ma la presenza delle amministrative complica la lettura del dato.

Come cambiano i sì e no sul territorio

I risultati mostrano che i referendum sulla giustizia non sembrano essere stati popolari tra gli elettori. Oltre alla bassa percentuale, infatti, i quesiti che riguardavano l’abolizione della legge Severino e le limitazioni all’utilizzo della custodia cautelare hanno visto un elevato numero di no, con i voti favorevoli che si sono fermati al massimo al 56 per cento. 

Sono andati leggermente meglio gli altri tre quesiti: ha votato a favore il 74 per cento per separare le carriere dei magistrati, il 72 per cento per quello che riguardava i membri laici nei consigli giudiziari e il 73 per cento per l’abolizione delle firme per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Va comunque considerato che tutti e tre questi quesiti erano estremamente tecnici, e, oltre all’appoggio di Lega e Forza Italia, avevano ricevuto l’appoggio anche di Fratelli d’Italia, che invece aveva dichiarato di votare no ai primi due quesiti.

Visto che sono andate a votare le persone probabilmente più favorevoli al sì, non è da escludere che se l’affluenza fosse stata più alta, i no avrebbero prevalso in almeno due dei cinque quesiti.
La regione che ha votato più a favore all’abrogazione della legge Severino è stata la Lombardia, dove i sì sono stati il 59 per cento, seguita da Valle d’Aosta, Veneto e Calabria. In Puglia, Trentino-Alto Adige e Liguria invece i sì si sono fermati poco sotto il 50 per cento. Una dinamica simile si è registrata per il quesito sulla limitazione del ricorso alla custodia cautelare, con il sì che hanno superato il 60 per cento in Calabria e si sono fermati nuovamente sotto il 50 per cento in Liguria, così come in Trentino-Alto Adige.


Gli altri tre referendum, sebbene siano andati meglio per il fronte dei favorevoli, presentano differenze nella distribuzione del voto. In media, in Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta e Umbria i sì hanno superato il 77 per cento, mentre in Trentino Alto Adige si sono fermati al 62 per cento. Sono sotto il 70 per cento anche Campania, Puglia, Sicilia e Liguria.


In dieci province i voti contrari all’abrogazione della legge Severino hanno superato quelli favorevoli, con Bolzano a guidare la classifica: qui i sì si sono fermati al 34 per cento. Sulla limitazione delle misure cautelari, in quasi tutte le province hanno prevalso i sì, tranne che in sei. Le province più favorevoli a questi due quesiti sono state Sondrio, Reggio Calabria e Brescia.


Per quanto riguarda gli altri tre quesiti, in nessuna provincia ha prevalso il no. A Sondrio, Brescia, Venezia e Bergamo i voti favorevoli all’abrogazione delle norme sono arrivati a più dell’80 per cento.

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