La proposta di Meloni sull’elezione diretta del presidente della Repubblica è stata respinta dalla Camera

Il centrodestra si è schierato compatto a favore della riforma costituzionale, mentre il Pd e il M5s contro. Italia viva si è astenuta
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
Il 10 maggio l’aula della Camera dei deputati ha respinto la proposta di legge, a prima firma della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, per introdurre, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Si sono schierati contro la riforma della Costituzione il Partito democratico e il Movimento 5 stelle, mentre a favore i partiti di centrodestra. I deputati di Italia viva si sono invece astenuti.

Poco prima del voto, Meloni aveva dichiarato alla stampa che la proposta di legge, per introdurre in Italia un semipresidenzialismo simile a quello in vigore in Francia, è «la madre di tutte le riforme per chiunque creda che la sovranità appartenga al popolo, per chiunque voglia una politica capace di decidere e di assumersi le responsabilità delle sue decisioni». 

Anche se il testo fosse stato approvato dalla Camera, sarebbe stato quasi impossibile arrivare a un definitivo via libera entro la fine della legislatura, che, salvo sorprese, terminerà tra meno di un anno. Come tutte le proposte di riforma costituzionale, il testo difeso da Meloni e da Fdi sarebbe dovuto infatti essere approvato due volte da entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi, dopo l’esame delle commissioni.

Che cosa chiede Fratelli d’Italia

La proposta di legge, presentata a giugno 2018 alla Camera da Meloni e dagli altri deputati di Fratelli d’Italia, è composta di 13 articoli ed è intitolata ​​“Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l’elezione diretta del Presidente della Repubblica”.

Tra le altre cose, il testo propone di modificare l’articolo 84 della Costituzione, introducendo l’elezione diretta e a suffragio universale del presidente della Repubblica, che oggi è invece eletto dai deputati, dai senatori e dai delegati regionali. La proposta di Fratelli d’Italia prevede anche che il presidente della Repubblica presieda il Consiglio dei ministri, rimanga in carica per cinque anni – dunque due in meno di quelli attualmente in vigore – e possa essere rieletto solo una volta (ad oggi la Costituzione non prevede limiti al numero di mandati per il capo dello Stato). 

In più, il testo fissa ad almeno quarant’anni l’età che un candidato può avere per essere eletto presidente della Repubblica. Le candidature devono essere presentate da un gruppo parlamentare presente in almeno una delle due camere o da almeno 200 mila elettori.

Che cos’era successo in commissione

Il destino del testo era comunque già stato segnato circa due mesi fa. Lo scorso 15 marzo la Commissione Affari costituzionali della Camera aveva infatti approvato una serie di emendamenti per sopprimere i vari articoli della proposta di legge presentata da Fdi, dando mandato al relatore Giuseppe Brescia (Movimento 5 stelle) di riferire in aula la contrarietà della maggioranza dei partiti al testo. In quell’occasione, il centrosinistra (formato da Partito democratico, M5s e Liberi e uguali) avevano votato a favore degli emendamenti soppressivi, insieme ai fuoriusciti del M5s, mentre Italia viva si era astenuta. Dal canto suo, il centrodestra composto da Lega, Fdi e Forza Italia aveva votato contro gli emendamenti. Alla fine la differenza tra i due schieramenti era stata di solo due voti, riconducibili a due deputati assenti: una della Lega e una di Forza Italia.

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