I partiti europei esistono, ma si notano poco

Questi schieramenti riuniscono le forze politiche degli Stati Ue con valori e programmi comuni, ma non sono famosi come i partiti nazionali
Ansa
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Alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno i cittadini italiani non potranno votare un partito europeo: sulla scheda elettorale troveranno infatti i simboli dei partiti italiani, come avviene per le elezioni politiche nazionali. E questo vale per tutti i Paesi dell’Unione europea. 

Eppure i partiti europei esistono, anche se non si notano e non tutti gli elettori li conoscono. Questi partiti hanno una loro organizzazione e vertici interni, e sono rappresentati all’interno del Parlamento europeo dai vari gruppi politici.

Le regole sui partiti europei

Innanzitutto, va chiarita la differenza tra “partito europeo”, “gruppo politico” e “delegazione nazionale” all’interno del Parlamento europeo. 

I partiti europei sono organizzazioni che raggruppano i singoli partiti nazionali che, al di là di alcune differenze, hanno le stesse idee politiche. All’interno del Parlamento europeo, i parlamentari non sono raggruppati in base al loro Paese di provenienza, ma sono suddivisi in gruppi. Ognuno di questi gruppi è espressione di uno o più partiti europei, ma può contenere al suo interno parlamentari di forze politiche che non fanno parte di nessun partito europeo. I parlamentari europei che all’interno di un gruppo provengono dallo stesso Paese compongono le “delegazioni nazionali” di quel gruppo, anche se fanno parte di partiti nazionali diversi (più avanti vedremo meglio in concreto queste differenze).

I partiti europei sono organizzazioni regolate da norme specifiche. In base al Trattato sull’Unione europea (TUE), «i partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e a esprimere la volontà dei cittadini dell’Unione». A oggi sono dieci i partiti europei registrati sul sito dell’Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee. Questa autorità controlla l’operato dei partiti europei e sanziona le violazioni del regolamento sugli statuti e sul finanziamento dei partiti europei, approvato nel 2014.  

Per esistere un partito europeo deve avere tra i suoi membri parlamentari europei, nazionali e consiglieri regionali in almeno un quarto dei 27 Stati Ue (a oggi sette Stati). I partiti che ne fanno parte devono avere ottenuto almeno il 3 per cento dei voti negli Stati dove sono presenti. I partiti europei devono presentare ogni anno il proprio bilancio economico all’autorità europea e devono avere una sede all’interno di uno degli Stati membri dell’Ue. 

In base alle verifiche di Pagella Politica, otto tra i dieci partiti europei esistenti hanno la propria sede a Bruxelles, in Belgio, mentre due hanno la sede in altri Paesi europei. Identità e Democrazia, il partito di cui fa parte la Lega, ha sede a Parigi, mentre il Movimento Politico Cristiano Europeo, un partito europeo di ispirazione cristiana, ha sede ad Amsterdam, nei Paesi Bassi.

Il Partito Popolare Europeo

Il partito europeo con più parlamentari europei è il Partito Popolare Europeo (PPE). Questa forza politica si posiziona nel centrodestra moderato ed europeista e i suoi parlamentari europei fanno parte del gruppo politico che porta lo stesso nome del partito. Tra i principi fondamentali promossi dal PPE ci sono il pluralismo democratico, l’economia sociale di mercato e la sostenibilità ambientale. Sei partiti italiani aderiscono al PPE: Forza Italia, il cui segretario Antonio Tajani è vicepresidente del PPE, il Südtiroler Volkspartei, Alternativa Popolare, il Partito Autonomista Trentino Tirolese, Popolari per l’Italia e Unione di Centro. Oltre a Forza Italia, i principali partiti europei membri del PPE sono l’Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU), il Partito Popolare spagnolo e il partito di centrodestra francese Les Républicains.

Il presidente del PPE è il tedesco Manfred Weber, capogruppo dei popolari al Parlamento europeo. Fanno parte del PPE alcune figure di primo piano dell’Ue, tra cui la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

Fino al 2021 ha fatto parte del PPE anche Fidesz, il partito del presidente ungherese Viktor Orbán. A causa delle sue idee estremiste e antieuropeiste nel 2020 il partito di Orbán è stato sospeso a tempo indeterminato dal PPE, rimanendo però all’interno del gruppo politico omonimo al Parlamento europeo. A marzo 2021 i parlamentari di Fidesz hanno lasciato il gruppo del PPE e sono passati al gruppo dei non iscritti.

Del gruppo del PPE fanno parte anche due membri di un altro partito, il già citato Movimento Politico Cristiano Europeo (ECPM), che «promuove esplicitamente i valori cristiani» nell’Ue. L’ECPM non costituisce infatti un gruppo politico autonomo, dal momento che può contare solo su cinque parlamentari europei, di cui nessuno è italiano. Altri due membri dell’ECPM siedono tra i Conservatori e Riformisti europei, mentre uno risulta “non iscritto”. Pur non avendo rappresentanti al Parlamento europeo, di questo movimento fa parte il partito italiano Identità e Azione (Idea), fondato dall’ex ministro Gaetano Quagliariello e poi confluito in Noi Moderati.

Il Partito Socialista Europeo

Il secondo partito più rappresentato nel Parlamento europeo è il Partito Socialista Europeo (PSE), i cui membri siedono nel gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D). Il PSE riunisce «i partiti socialisti, socialdemocratici, laburisti e democratici» che promuovono i valori di «equità sociale, uguaglianza e benessere sociale». 

I partiti italiani che hanno aderito al PSE sono il Partito Democratico (che fino al 2014 faceva parte solo del gruppo S&D al Parlamento europeo) e il Partito Socialista Italiano. Sono membri del PSE anche il Partito Socialdemocratico di Germania (SPD) del cancelliere tedesco Olaf Scholz e il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez.

L’attuale presidente del PSE è lo svedese Stefan Löfven, mentre il segretario generale è l’italiano Giacomo Filibeck. Tra gli esponenti di primo piano del PSE ci sono l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell e il commissario per gli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio italiano.

I liberali

Due partiti europei formano il gruppo di Renew Europe: l’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (ALDE) e il Partito Democratico Europeo (PDE). Mentre l’ALDE rivendica una «visione liberale» della società europea, il PDE pone al centro i «valori condivisi di pace, libertà, solidarietà e istruzione». 

Tra i partiti italiani, Azione, i Liberali Democratici Europei, Più Europa e Radicali Italiani fanno parte dell’ALDE, mentre Italia Viva e L’Italia c’è, un partito fondato dall’ex deputato Gianfranco Librandi, sono membri del PDE. 

Del gruppo Renew Europe fa parte anche Renaissance, il partito del presidente francese Emmanuel Macron, che però non ha aderito al momento né all’ALDE né al PDE.

La destra europea

I partiti più a destra per orientamento politico sono i Conservatori e Riformisti Europei (European Conservatives and Reformists Party – ECR) e il già citato Identità e Democrazia (ID). 

Il partito ECR, di cui è presidente la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, promuove «la libertà individuale, la sovranità nazionale, la democrazia parlamentare, la proprietà privata, la limitazione della sfera d’intervento dello Stato, il libero scambio, i valori familiari e il decentramento dei poteri». Fanno parte dell’ECR anche il partito di estrema destra spagnolo Vox e Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość – PiS), partito dell’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. 

ID, rappresentato in Italia dalla Lega di Matteo Salvini, ha tra i suoi principi fondanti «la sovranità degli Stati» in contrapposizione al trasferimento di competenze alle istituzioni europee, «la preservazione dell’identità dei popoli e delle nazioni d’Europa» e «la difesa delle libertà individuali». Presidente di ID è Gerolf Annemans, eurodeputato del partito nazionalista fiammingo Vlaams Belang (“Interesse fiammingo”). Oltre alla Lega, i due schieramenti principali di ID sono il Rassemblement National di Marine Le Pen e il partito dell’estrema destra tedesca Alternative für Deutschland (AfD).

Pur essendo entrambi due partiti di destra, tra ECR e ID ci sono alcune differenze, a partire dalla posizione sulla guerra in Ucraina: il partito presieduto da Meloni ha più volte ribadito il suo sostegno all’Ucraina, mentre all’interno di ID ci sono diversi partiti con posizioni filorusse. In generale, a livello europeo ECR nell’ultimo periodo sembra essersi attestato su posizioni più moderate, mentre ID rimane un partito riconducibile alle idee della destra radicale.

Dai Verdi alla sinistra radicale

Dal 1999 il Partito Verde Europeo (European Green Party – EGP) e l’Alleanza Libera Europea (ALE) costituiscono un gruppo unitario al Parlamento europeo, quello dei Verdi/ALE. 

Il Partito Verde Europeo si basa «sui valori della responsabilità ambientale, della giustizia sociale, dell’inclusione, della diversità e della pace». Del Partito Verde Europeo fanno parte Europa Verde e i Verdi dell’Alto Adige, mentre il principale componente è il partito tedesco Bündnis 90/Die Grünen (Alleanza 90/I Verdi).

L’ALE invece è un partito che raggruppa le forze politiche regionaliste e autonomiste, e promuove «il diritto all’autodeterminazione democratica e sostiene le aspirazioni dei popoli di scegliere il proprio futuro politico», con particolare riferimento alle rivendicazioni indipendentiste e autonomiste. Nonostante la maggior parte dei partiti membri dell’ALE sia di area progressista, alcuni sono più vicini a posizioni di destra. Per esempio, tra le formazioni politiche italiane che hanno aderito ci sono l’Alliance valdôtaine (“Alleanza valdostana”) e Patto per l’Autonomia (attivo in Friuli-Venezia Giulia), che sono di centrosinistra, mentre il partito Süd-Tiroler Freiheit (“Libertà Sudtirolese”) è considerato di estrema destra: la sua fondatrice Eva Klotz ha rivendicato in varie occasioni la secessione dell’Alto Adige dall’Italia e la sua annessione all’Austria.

Di recente anche il Movimento 5 stelle, i cui parlamentari fanno parte del gruppo dei Non iscritti, ha provato a entrare nel gruppo politico dei Verdi europei, ma dopo mesi di contatti le trattative si sono fermate a marzo. 

Su posizioni di sinistra radicale è collocato il Partito della Sinistra Europea, i cui parlamentari fanno parte del gruppo della Sinistra al Parlamento europeo. Il Partito della Sinistra Europea riunisce «i partiti democratici della sinistra alternativa e progressista in Europa che aspirano a una sostanziale trasformazione delle attuali relazioni sociali per realizzare una società pacifica e socialmente giusta». L’unico membro italiano è il Partito della Rifondazione Comunista, mentre Sinistra Italiana ha lo status di “osservatore”: pur partecipando alle attività dell’organizzazione, non è membro a pieno titolo. Tra i partiti osservatori ci sono anche il movimento della sinistra radicale francese La France insoumise e SYRIZA, il partito dell’ex primo ministro greco Alexīs Tsipras.

Affinità e divergenze

Per certi versi il Parlamento europeo funziona come un Parlamento nazionale, nel quale per ottenere la maggioranza dei voti è necessario formare delle coalizioni più o meno ampie. Nel caso dell’elezione a presidente della Commissione Ue di von der Leyen, i voti favorevoli sono arrivati non solo dal PPE ma, tra gli altri, anche dai Socialisti e Democratici del PSE e da Renew Europe, oltre agli eurodeputati del Movimento 5 Stelle (questa particolare maggioranza è stata ribattezzata dalla stampa italiana “maggioranza Ursula”). 

Allo stesso tempo, come in un Parlamento nazionale, è possibile che i singoli membri di un partito europeo possano votare in modo diverso dalla posizione ufficiale del loro schieramento. Per esempio, a marzo i parlamentari europei di Forza Italia hanno votato contro la direttiva “case green” nonostante il parere favorevole del PPE.

Come si finanziano i partiti europei

I partiti europei sono finanziati in gran parte attraverso un contributo annuale concesso dal Parlamento europeo. Questo contributo può coprire fino al 90 per cento delle cosiddette “spese rimborsabili” di un partito, mentre il restante 10 per cento deve provenire da risorse proprie, come quote associative e donazioni. Tra le spese rimborsabili sono incluse quelle amministrative, di viaggio e per il personale, le spese relative alle campagne per le elezioni europee, così come quelle per l’organizzazione di riunioni e per pubblicazioni. Il contributo non può invece essere utilizzato per finanziare campagne elettorali diverse da quelle europee, né per coprire le spese dei partiti politici nazionali.

Solo i partiti regolarmente registrati possono accedere al contributo del Parlamento europeo, purché almeno un parlamentare europeo vi risulti iscritto. Dopo aver valutato e approvato le domande di finanziamento, il Parlamento Ue distribuisce le risorse disponibili tra i partiti che ne hanno diritto. Il 10 per cento dei fondi è ripartito in parti uguali, mentre il 90 per cento è distribuito in proporzione al numero dei parlamentari europei che sono membri del partito. In base a questa regola, il PPE è il partito che percepisce la quota maggiore di fondi, pari a 10,7 milioni di euro nel 2021 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati), seguito dal PSE, con un finanziamento pari 7,2 milioni di euro. Il partito che riceve meno fondi è il Movimento Politico Cristiano Europeo, con 730 mila euro nel 2021.

E se si votassero direttamente i partiti europei?

L’attuale sistema elettorale non prevede la possibilità di esprimere la propria preferenza direttamente per un partito europeo, benché nel 2018 il Consiglio dell’Ue abbia favorito la loro riconoscibilità, prevedendo la possibilità per i partiti nazionali di indicare sulle schede elettorali il nome e il logo del partito politico europeo a cui aderiscono. 

Un sondaggio realizzato lo scorso 8 aprile da Quorum/YouTrend per Sky TG24 ha chiesto agli italiani quale gruppo di partiti europei voterebbero se ne avessero la possibilità. In questo caso le scelte possibili non corrispondevano ai dieci partiti iscritti nel registro dei partiti europei, ma ai gruppi politici attivi nel Parlamento europeo. 

Il 62 per cento degli intervistati ha detto che non saprebbe quale partito europeo votare o che non voterebbe, una percentuale più alta rispetto al 40 per cento di astensione rilevato dallo stesso sondaggio sui partiti nazionali. La scarsa conoscenza dei partiti europei può spiegare in parte la differenza tra questi dati.

Tra chi ha espresso una preferenza, il 23 per cento ha comunque scelto il PPE, mentre il 20 per cento il PSE. Seguono i Verdi (17 per cento), i Conservatori e Riformisti Europei (16 per cento), il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo (11 per cento) e Identità e Democrazia (7 per cento). Chiude la classifica Renew Europe, che è stata scelta dal 6 per cento degli intervistati.

I risultati del sondaggio si differenziano parecchio dai risultati dei sondaggi effettuati sui partiti nazionali. Per esempio, secondo i sondaggi condotti nel mese di marzo, Forza Italia – che fa parte del PPE – è quarto per consensi, con circa l’8 per cento. Fratelli d’Italia, invece, ha più del 27 per cento dei consensi.

Queste differenze potrebbero essere motivate dalla difficoltà di interpretare le posizioni dei partiti europei o dalla scarsa conoscenza delle alleanze delle forze politiche nazionali all’interno del Parlamento Ue. Bisogna poi tenere conto che il Movimento 5 Stelle (dato al momento intorno al 16 per cento dei consensi) non ha per ora un partito europeo di riferimento e i suoi elettori potrebbero avere scelto uno degli altri gruppi europei esistenti.

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