“Un milione di posti di lavoro”: lo slogan che accomuna Conte, Renzi, Salvini… e Berlusconi

Tutti e quattro i leader hanno rivendicato di aver creato moltissimi nuovi occupati, smentiti però dai fatti e dai dati
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
C’è un numero – o meglio, uno slogan – che in questi anni ha accomunato Giuseppe Conte, Matteo Renzi, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Tutti e quattro hanno annunciato, in momenti diversi della loro carriera politica, di aver creato «un milione di posti di lavoro» quando sono stati al governo, gonfiando però di parecchio i risultati realmente ottenuti e le promesse fatte ai loro elettori.

L’ultimo in ordine temporale a essersi aggiunto alla lista è stato il presidente del Movimento 5 Stelle. Da oltre un anno Conte ripete che il Superbonus 110 per cento ha creato «un milione di posti di lavoro», e usa questo numero per criticare il governo Meloni e le modifiche fatte al bonus edilizio. Renzi continua invece a sostenere che la riforma del lavoro fatta quando era presidente del Consiglio (il cosiddetto “Jobs Act”) ha creato oltre «un milione di posti di lavoro». Il leader di Italia Viva lo ha scritto di recente, il 3 aprile su X, per criticare il segretario della Cgil Maurizio Landini, ma basta una breve ricerca sui social network e sul suo sito ufficiale per trovare decine e decine di tweet e interviste in cui Renzi o compagni di partito hanno ripetuto questo numero. Andando più indietro nel tempo, a inizio 2019 Salvini aveva promesso che con “quota 100” – appena introdotta dal primo governo Conte – «un milione di persone» sarebbe andato in pensione lasciando il posto ad altrettanti giovani. 

Ma il primo politico ad aver reso famoso questo slogan è stato Berlusconi. Nel 2001, poco prima delle elezioni politiche poi vinte dal centrodestra, l’allora leader di Forza Italia firmò a Porta a Porta un «contratto con gli italiani», prendendo l’impegno di creare «un milione e mezzo di posti di lavoro». Più di vent’anni dopo, a poche settimane dall’insediamento del governo Meloni, a novembre 2022 Berlusconi ha annunciato una proposta – in realtà piuttosto vaga nei contenuti – per ridurre la burocrazia e creare, ancora una volta, più di «un milione di posti di lavoro».
Come anticipato, i fatti e i numeri hanno smentito gli annunci e le promesse fatte dai quattro leader politici.

Partiamo da Conte, secondo cui il Superbonus avrebbe creato un milione di posti di lavoro tra agosto 2020 e ottobre 2022. Secondo i dati Istat, in quei due anni gli occupati in tutti i settori sono aumentati di circa 990 mila unità: un numero vicino al «milione», ma è implausibile che tutti i nuovi posti di lavoro siano merito del bonus edilizio. Come abbiamo spiegato in vari articoli, Conte cita stime che esagerano i benefici di questa misura. Il Superbonus ha avuto un impatto sull’occupazione, sia nel settore delle costruzioni sia in altri settori, ma le stime più affidabili parlano di un numero di posti di lavoro creati inferiore ai 250 mila occupati.
Un errore simile – di cui abbiamo scritto in molti articoli – è quello che Renzi commette ormai dal 2017, quando ha iniziato a scrivere che il Jobs Act ha creato un milione di posti di lavoro. In breve: l’espressione “Jobs Act” fa riferimento a una serie di misure per il mercato del lavoro introdotte dal governo Renzi (all’epoca segretario del Partito Democratico), rimasto in carica tra il 2014 e il 2016. Da quando è stato introdotto il Jobs Act alla fine del governo Gentiloni, nel 2018, gli occupati in Italia sono cresciuti di circa un milione di unità, ma questo conto ha vari limiti. Per esempio l’aumento dei posti di lavoro si riduce se si prendono in considerazione i mesi successivi all’introduzione del contratto a tutele crescenti, avvenuto a dicembre 2014. In generale, è un ragionamento troppo semplicistico individuare un nesso certo di causalità tra l’aumento complessivo del numero degli occupati in un determinato periodo e una riforma del lavoro (o una misura economica come il Superbonus, nel caso di Conte).  

La promessa di “liberare” un milione di posti di lavoro fatta da Salvini con l’introduzione di “quota 100” sembrava già irrealistica oltre cinque anni fa, quando è stata approvata la misura bandiera della Lega. La relazione tecnica del decreto-legge che ha introdotto “quota 100”, rimasta in vigore temporaneamente fino al 2021, stimava infatti una platea di circa 365 mila beneficiari. E già all’epoca c’erano molti dubbi sul fatto che ogni posto di lavoro lasciato libero sarebbe stato occupato da un giovane. Alla fine, secondo i dati dell’Inps, al 31 dicembre 2021 erano state presentate oltre 481 mila domande per accedere a “quota 100”, e di queste ne erano state accolte meno di 380 mila. Vari organismi hanno stimato che meno di un pensionato su due è stato sostituito da un nuovo lavoratore, ma va comunque detto che “quota 100” è rimasta in vigore nel 2020 e 2021, due anni in cui il mondo del lavoro è stato fortemente condizionato dalla pandemia di Covid-19.

E per quanto riguarda Berlusconi? Del piano “anti-burocrazia” per creare più di un milione di posti di lavoro, annunciato alla fine del 2022, non se ne è saputo più nulla. Dopo la morte dell’ex leader di Forza Italia, avvenuta a giugno dello scorso anno, l’idea non è stata rilanciata dal partito. Sull’impegno preso nel 2001 di creare un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro, i numeri hanno poi dato torto a Berlusconi, nonostante negli anni successivi lui stesso abbia ripetuto più volte di aver mantenuto la parola data. Tra maggio 2001 e aprile 2006 – quando Berlusconi ha ceduto a Romano Prodi il posto di presidente del Consiglio – gli occupati in Italia sono aumentati di circa 1,2 milioni di unità. Ma anche qui vale il discorso fatto prima: non tutti questi nuovi occupati sono riconducibili alle politiche messe in campo dal governo di centrodestra. In più, oltre 600 mila occupati erano irregolari regolarizzati con la legge “Bossi-Fini” sull’immigrazione, dunque non proprio “nuovi” posti di lavoro come promesso dall’allora leader di Forza Italia.

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