Un vicepresidente della Camera si sta facendo notare

Tra battute, richiami all’ordine e posizioni controcorrente il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, tra i vice di Fontana, è un protagonista dei lavori dell’aula 
Ansa
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«Onorevole Pella, sta concludendo?». «Ci sarebbero ancora due pagine, presidente, se mi lascia 5 minuti». «Lei è già in debito d’ossigeno, quindi vada con calma». È il 9 novembre 2022, il governo Meloni si è insediato da meno di un mese, e il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (Forza Italia) interviene con ironia durante la lunga relazione del collega di partito Roberto Pella sulla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), uno dei provvedimenti che ogni anno anticipano l’approvazione della legge di Bilancio. Alcuni mesi dopo, la battuta sull’ossigeno ritorna. È il 17 marzo 2023 e Mulè interviene mettendo in pausa per un attimo una lunga risposta del viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto a una domanda di un deputato. Sisto lo ringrazia: «Grazie, ci voleva». E il vicepresidente ribatte: «Anche un po’ di ossigeno fra un po’ le facciamo avere, viceministro».

L’ironia e il sarcasmo sono la cifra stilistica di Mulè nella conduzione dell’aula. Deputato alla sua seconda legislatura tra le file di Forza Italia, Mulè è stato eletto per la prima volta come vicepresidente della Camera il 19 ottobre 2022, dopo la vittoria della coalizione di centrodestra alle ultime elezioni politiche. Oltre a lui, gli altri vicepresidenti della Camera sono Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), Anna Ascani (Partito Democratico) e Sergio Costa (Movimento 5 Stelle). Mulè, Rampelli, Ascani e Costa sono i vice di Lorenzo Fontana, deputato della Lega, eletto presidente dell’assemblea in questa legislatura. Già ministro della Famiglia e parlamentare europeo, Fontana è uno storico esponente del partito di Matteo Salvini e in passato, prima di guidare la Camera, aveva fatto discutere per alcune sue posizioni conservatrici, in particolare sui diritti LGBT e sulla gestione dell’immigrazione. Ora, da presidente della Camera, Fontana ha adottato uno stile più istituzionale, parlando poco al di fuori dell’aula e concedendo solo alcune interviste alla stampa. La più recente risale a oltre tre mesi fa, al 1° gennaio 2024, ed è stata rilasciata da Fontana al Corriere della Sera.

«Che Fontana abbia adottato uno stile istituzionale non mi stupisce, mi sembra nella natura della cose e non poteva essere altrimenti. Poi ognuno calibra questo stile secondo la sua inclinazione personale, la sua indole», ha detto a Pagella Politica Mulè, che nella gestione dell’aula si sta facendo notare più dello stesso Fontana ed è apprezzato pure dai deputati dell’opposizione. Sulla sua persona non sono però mancate le critiche, anche da parte di esponenti del centrodestra. Per esempio il 21 febbraio 2023, ospite di Belve su Rai 2, il presidente del Senato Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) ha detto che Mulè non gli è mai piaciuto e che non gli è simpatico, senza spiegarne il motivo e facendo finta di non conoscerne il cognome. «Ha avuto un giudizio su di me profondo, politico, con categorie come la simpatia e l’antipatia. Se fai il presidente del Senato e dai del simpatico o antipatico a qualcuno tradisci un ruolo che deve essere imparziale», ha risposto il giorno seguente il vicepresidente della Camera.

Di recente, Mulè è stato presidente del giurì d’onore tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che è stato sciolto ed è finito in un nulla di fatto dopo le accuse di scarsa imparzialità dello stesso Conte (su questa vicenda torneremo meglio più avanti).

La carriera giornalistica e il legame con Berlusconi

Da quando è diventato vicepresidente della Camera, ossia da ottobre 2022, Mulè ha dato prova della sua ironia in varie occasioni. È accaduto per esempio il 2 agosto 2023, durante la discussione di un ordine del giorno del deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Caiata, che chiedeva che l’abbigliamento dei deputati, dei dipendenti e quello dei visitatori della Camera fosse «consono alle esigenze di rispetto della dignità e del decoro dell’istituzione». All’epoca il deputato del PD Federico Fornaro, tra i principali esponenti della giunta per il regolamento, è intervenuto in aula per ribadire che alla Camera sono già previste regole sull’abbigliamento, tra cui l’obbligo di indossare la giacca per gli uomini. «Presidente, abbia pazienza, ma io sono basito. Se io, adesso, mi tolgo la giacca…», ha iniziato il suo discorso Fornaro, venendo subito fermato da Mulè: «No, no, non lo faccia, se no succede che magari qualcuno apprezza». Il commento ha suscitato gli applausi di tutta l’assemblea e a quel punto Fornaro ha risposto: «Non lo faccio per rispetto ai colleghi, ma se io mi togliessi la giacca lei mi richiamerebbe».
«Il mio sarcasmo e ironia sono spontanei, penso siano nella mia indole e anche un po’ frutto dei miei trascorsi professionali», ha raccontato Mulè a Pagella Politica. Siciliano di origini, prima di essere eletto alla Camera Mulè ha svolto la professione di giornalista, quasi interamente trascorsa tra le reti di Mediaset e in organi di stampa vicini al fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi, morto a giugno 2023. Tra le altre cose, dal 2007 al 2009 Mulè è stato direttore di Studio Aperto, su Italia 1, e prima ancora, tra il 1992 e il 1998, era stato caporedattore de Il Giornale, all’epoca di proprietà della famiglia Berlusconi. 

Dopo aver diretto il settimanale Panorama dal 2009 al 2018, alle elezioni politiche di marzo 2018 Mulè è stato candidato da Forza Italia come candidato della coalizione di centrodestra nel collegio uninominale di Sanremo, in Liguria, risultando eletto con oltre il 46 per cento dei voti. In seguito, è entrato a far parte della Commissione di vigilanza Rai e a febbraio 2021 è stato nominato sottosegretario al Ministero della Difesa nel governo di Mario Draghi. Alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 Mulè è stato poi rieletto alla Camera, questa volta come candidato nel collegio Sicilia 1, quello che comprende le province di Agrigento, Palermo, Trapani e Caltanissetta. 

Sia per la sua carriera professionale sia per quella politica, Mulè è stato molto vicino al presidente Berlusconi, difendendolo in varie occasioni dalle critiche su alcune sue posizioni molto discusse. Per esempio il 13 gennaio 2022 Berlusconi aveva promesso ai giocatori dell’AC Monza, la squadra di calcio di proprietà di Fininvest, di fare arrivare loro un «pullman di troie» se fossero riusciti a battere squadre come il Milan o la Juventus. Il giorno seguente, ospite de L’Aria Che Tira, su La7, Mulè commentò la battuta di Berlusconi, definendo l’allora leader di Forza Italia come «inarrivabile», «insuperabile». «Dice le cose che anche altri vorrebbero dire, o che vorrebbero fare, ma che invece non ci riescono», disse l’allora sottosegretario alla Difesa. 

Un anno dopo, a febbraio 2023, Mulè difese il fondatore di Forza Italia su alcune discusse affermazioni riguardo la guerra in Ucraina. Il 12 febbraio 2023 Berlusconi disse che se fosse stato presidente del Consiglio non sarebbe mai andato a parlare con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, giudicando «molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Pochi giorni dopo, il 15 febbraio, durante un’ospitata a Omnibus, su La7, Mulè stemperò i toni dicendo che le parole di Berlusconi erano la manifestazione di «una frustrazione dal punto di vista umano, che poi ovviamente ha un riverbero politico, su una situazione di totale impasse dal punto di vista del conflitto russo-ucraino del quale non vediamo una via d’uscita».

I richiami al silenzio e il “centralino”

Nel suo ruolo di vicepresidente, Mulè ha utilizzato finora l’ironia soprattutto per richiamare il silenzio e l’ordine di aula. Per esempio, il 7 giugno 2023, la deputata del Movimento 5 Stelle Gilda Sportiello ha portato con sé in aula il figlio neonato durante la seduta, con il permesso di poterlo allattare. Durante la seduta ci sono state alcune discussioni tra i deputati e, per richiamare al silenzio, Mulè è intervenuto “sfruttando” la presenza del bambino: «Colleghi, a parte che Federico altrimenti si sveglia, possiamo fare silenzio, per favore?». Alcuni mesi prima, il 22 dicembre 2022, Mulè aveva redarguito ancora una volta i deputati, lamentando le «urla belluine» dei gruppi parlamentari dell’opposizione. In quell’occasione, la critica colorita di Mulè era stata fraintesa dal deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Marco Grimaldi, dando origine a un battibecco tra i due. «Noi le portiamo rispetto, ma “beduini” lo dice a qualcun altro…», ha risposto Grimaldi all’epoca. «Non è “beduini”, è “belluini”, collega Grimaldi, “belluini”. È italiano», ha risposto Mulè.
Nella sua conduzione dell’aula Mulè si sta confrontando con una questione mai chiarita, ossia su come i deputati debbano parlare in assemblea. Il regolamento della Camera stabilisce infatti che i deputati quando intervengono non devono rivolgersi all’aula o ai colleghi degli altri partiti, ma al presidente di turno. «Il regolamento non chiarisce però se si debbano rivolgere solo dal punto di vista fisico o anche nei contenuti del loro discorso, evitando quindi di riferirsi ad altri deputati», ha spiegato Mulè a Pagella Politica. In virtù di questa ambiguità, alla Camera la prassi vuole che i deputati che vogliono chiamare in causa altri deputati durante i loro interventi debbano fare una richiesta al presidente con la formula “per suo tramite”. Questo dettaglio ha dato origine sotto la presidenza di Mulè ad alcuni siparietti tra lui e i deputati, come nella seduta del 5 dicembre 2022. «Grazie, presidente. Tramite lei mi rivolgo al collega Marattin», ha chiesto il deputato del PD Peppe Provenzano in quell’occasione. «Sempre come il centralino! Prego», gli ha risposto Mulè. «Sì, noi adesso ci stiamo abituando, presidente», ha ribattuto il deputato. Al che Mulè gli ha risposto: «Va bene. Fino a quando è libero».

Uno stile apprezzato 

Secondo Mulè essere ironici e informali mentre si presiede la Camera consente di mettere a proprio agio i parlamentari, soprattutto quelli di opposizione. «Nella mia gestione dell’aula cerco di avere un occhio di riguardo alla mia sinistra, ossia ai partiti di opposizione», ha spiegato il vicepresidente. «In questo ruolo non posso essere semplicemente un arbitro, e “fotografare” lo stato delle cose, ma devo fare in modo che i deputati che stanno all’opposizione non si sentano schiacciati dalla maggioranza», ha aggiunto Mulè. 

Questo aspetto della gestione di Mulè è riconosciuto dai parlamentari della minoranza. «Ci sono le divergenze politiche, e quelle sono ovvie, ma la gestione dell’aula da parte di Mulè mi sembra imparziale e corretta, così come quella degli altri vicepresidenti», ha detto a Pagella Politica il deputato del PD Gianni Cuperlo. Secondo Cuperlo l’atteggiamento informale del vicepresidente della Camera non è eccessivo. «L’ironia è uno strumento molto utile, serve soprattutto a stemperare le situazioni di tensione, che negli ultimi anni vedo sempre con più frequenza qui alla Camera, e che francamente ritengo a volte eccessive, quasi teatrali», ha aggiunto Cuperlo, eletto per la prima volta alla Camera nel 2006. Questa opinione è condivisa dalla deputata del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli, secondo cui Mulè non è mai andato finora oltre le righe. «Mi sembra che non abbia mai offeso nessuno, anzi, penso che la sua ironia abbia placato vari momenti di tensione, che sono naturali quando si discute tra maggioranza e opposizione». Secondo il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, già vicepresidente della Camera dal 2013 al 2018, essere dotati di sense of humor non è una caratteristica insolita tra chi guida la Camera. «Mulè sa usare bene questo strumento e in passato già altri lo hanno utilizzato, penso per esempio ad Alfredo Biondi, che nel ruolo di vicepresidente aveva sempre la battuta pronta», ha raccontato a Pagella Politica. Morto a giugno 2020, Biondi è stato un esponente di rilievo di Forza Italia: tra il 2004 e il 2009 è stato presidente del Consiglio nazionale del partito ed è stato vicepresidente della Camera per due volte, dal 1987 al 1994 e dal 1996 al 2006. Nella sua carriera Biondi è stato anche ministro della Giustizia nel primo governo Berlusconi, tra il 1994 e il 1995.

Una voce controcorrente

In questi mesi Mulè si è fatto comunque notare anche fuori dall’aula della Camera, soprattutto per alcune sue posizioni in controtendenza rispetto al governo Meloni, di cui il suo partito è uno dei principali sostenitori. Per esempio il 31 gennaio 2023, ospite Di Martedì su La7, Mulè ha condannato apertamente le affermazioni fatte quel giorno in aula alla Camera dal deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli contro il Partito Democratico, definendole «sgraziate». All’epoca Donzelli aveva accusato il PD di collaborare con il terrorismo e la criminalità organizzata per via della visita in carcere di alcuni esponenti del partito di Elly Schelin all’anarchico Alfredo Cospito durante il suo sciopero della fame. 

Qualche mese dopo, a maggio 2023, Mulè ha criticato le parole del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che aveva detto che gli affitti troppo alti per gli studenti universitari sono un problema solo nelle città governate dal centrosinistra, a causa delle scelte di queste amministrazioni. «Qualsiasi situazione di disagio va rispettata, quella di chi studia per crearsi un futuro va rispettata quanto quella di padri separati che sono senza casa e quella di famiglie monoreddito che non hanno dove vivere e occupano le case. Vanno rispettate alla stessa identica maniera. Il ministro Valditara ha sbagliato. Dire che è colpa delle regioni o colpa dei comuni è stupido. Non porta a nulla», aveva affermato Mulè l’11 maggio 2023 ospite a L’Aria Che Tira, su La7.

Il caso del giurì d’onore

Al di là degli apprezzamenti, di recente Mulè è stato comunque contestato da alcuni partiti di opposizione per la gestione del giurì d’onore tra la presidente del Consiglio Meloni e quello del Movimento 5 Stelle Conte sul Mes. In base al regolamento della Camera, il giurì d’onore è una commissione speciale che può essere istituita su richiesta di un deputato quando quest’ultimo ritiene che un altro deputato abbia leso «la sua onorabilità» in aula. 

Il giurì d’onore d’onore sul Mes è stato istituito a gennaio 2024 su richiesta di Conte e avrebbe dovuto verificare la fondatezza delle accuse sul Meccanismo europeo di Stabilità fatte da Giorgia Meloni contro il presidente del Movimento 5 Stelle. Lo scorso 13 dicembre la presidente del Consiglio ha accusato Conte di aver fatto firmare nel 2021 la riforma del trattato del Mes quando il suo governo era dimissionario e contro il mandato del Parlamento (qui abbiamo verificato che cosa non torna nell’accusa di Meloni). Il presidente della Camera Fontana ha quindi nominato Mulè come presidente del giurì. L’8 febbraio, dopo alcune settimane di lavoro, due membri della commissione, Stefano Vaccari (PD) e Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi-Sinistra), si sono però dimessi lamentando scarsa imparzialità dai membri della maggioranza del giurì e dello stesso presidente Mulè. 

Su richiesta di Conte, che a sua volta ha accusato Mulè di scarsa imparzialità, Fontana ha sciolto il giurì, che si è concluso dunque in un nulla di fatto. «La mia posizione sulla vicenda l’ho ribadita più volte, se Vaccari e Zaratti avessero voluto esprimere posizioni in dissenso avrebbero potuto al termine dell’esame della relazione presentare una loro documento, ma non è stato fatto e si è preferito buttare la palla in tribuna», ha detto Mulè a Pagella Politica. Uno dei due esponenti dimissionari del giurì, il deputato Zaratti, ha detto a Pagella Politica di avere stima di Mulè e di apprezzare la sua conduzione dell’aula, preferendo invece non commentare la vicenda del giurì d’onore. In ogni caso, anche se il giurì d’onore sul Mes avesse portato a termine il suo lavoro, né Meloni né Conte avrebbero rischiato nessuna sanzione. Il regolamento della Camera stabilisce infatti che le conclusioni dei giurì d’onore sono presentate in aula «senza dibattito né votazione». 

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