Il fact-checking di Elly Schlein a Porta a Porta

Abbiamo verificato otto dichiarazioni fatte su Rai 1 dalla segretaria del Partito Democratico 
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il 5 marzo la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein è stata ospite di Porta a Porta su Rai 1. Dal salario minimo alla povertà, passando per la sanità, l’aborto e i minori in carcere, abbiamo veriticato otto dichiarazioni di Schlein per capire quali sono supportate dai fatti e dai numeri e quali no.

I lavoratori poveri in Italia

«L’Italia ha tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori poveri, cioè che non riescono a portare a casa il pranzo con la cena insieme» (min. -1:09:28)

Per verificare se il numero citato da Schelin è corretto oppure no bisogna chiarire che cosa si intende per “povero”. Esistono infatti vari modi per quantificare la povertà: se si considerano le persone in povertà assoluta, il numero citato dalla segretaria del PD è esagerato. 

Secondo Istat una persona, o una famiglia, vive in povertà assoluta se non raggiunge una soglia di spesa mensile in beni e servizi considerata necessaria per avere uno standard di vita accettabile. Questa soglia non è fissa, ma varia in base a dove si vive e al numero di persone all’interno della famiglia. Secondo Istat, nel 2022 viveva in povertà assoluta il 7,7 per cento delle persone occupate nel nostro Paese: quell’anno gli occupati in Italia erano 23,2 milioni, quindi gli occupati in povertà assoluta erano circa 1,8 milioni, più o meno la metà dei «3 milioni e mezzo» citati da Schlein.

Con tutta probabilità, però, la segretaria del PD ha fatto riferimento a un altro indicatore, quello della in-work poverty, tradotto in italiano con “povertà lavorativa”. Secondo Eurostat, un lavoratore è considerato in “povertà lavorativa” se rispetta quattro condizioni: deve avere un’età tra i 18 e i 64 anni; deve essere occupato al momento della rilevazione dei dati; deve aver lavorato per almeno sette mesi nell’anno di riferimento; e in un anno deve avere un reddito disponibile equivalente (un particolare tipo di reddito che tiene conto del numero di membri della famiglia) inferiore alla soglia della cosiddetta “povertà relativa”. Questa è fissata a un valore pari al 60 per cento del reddito disponibile mediano nazionale equivalente (valore mediano significa che la metà dei redditi ha un valore inferiore e l’altra metà superiore). Per un lavoratore single stiamo parlando di una soglia di 11.500 euro l’anno. 

A seconda dei parametri considerati, le stime sui lavoratori italiani che vivono in “povertà lavorativa” cambiano: si passa da quasi 2,5 milioni a più di 3 milioni, un numero più vicino ai «3 milioni e mezzo» indicati da Schlein.

Il voto di Fratelli d’Italia sul Next Generation EU

«Il Next Generation EU […] che il partito di Giorgia Meloni non aveva nemmeno votato» (min. -1:o8:50)

Qui la segretaria del PD non la dice tutta. Il Next Generation EU è un fondo da oltre 800 miliardi di euro creato nel 2021 dall’Unione europea per rilanciare l’economia dei 27 Stati membri colpiti dalla pandemia di Covid-19. Queste risorse sono divise a loro volta in altri fondi, tra cui quello più consistente è il Recovery and Resilience Facility, che finanzia il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dell’Italia e i piani degli altri Paesi Ue. Il Recovery and Resilience facility (ribattezzato dai giornali e dai politici “Recovery fund”) può contare complessivamente su quasi 724 miliardi di euro. 

Il 10 febbraio 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione a favore della creazione del Recovery and Resilience Facility, con 582 favorevoli, 40 contrari e 69 astenuti. In quell’occasione, tra gli astenuti c’erano anche gli europarlamentari di Fratelli d’Italia (qui i membri del gruppo). Durante la discussione in assemblea, l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza aveva giustificato l’astensione del proprio gruppo lamentando, tra le altre cose, «tempistiche troppo lunghe» e «incertezza delle risorse» contenute nel piano.

Il secondo fondo più consistente del Next Generation EU è il REACT-EU, che può contare su oltre 50 miliardi di euro per supportare l’occupazione negli Stati Ue. A dicembre 2020 REACT-EU è stato approvato dal Parlamento europeo con 654 voti favorevoli, 23 contrari e 17 astenuti. I parlamentari europei di Fratelli d’Italia avevano votato a favore.

I Paesi Ue senza il salario minimo

«Sono in realtà soltanto cinque i Paesi europei che non hanno una normativa sul salario minimo» (min. -1:o6:41)

È vero. Secondo Eurostat, a oggi cinque Paesi Ue non hanno un salario minimo fissato per legge: la Danimarca, l’Austria, la Finlandia, la Svezia e  l’Italia.

L’aumento del salario minimo in Spagna

«La Spagna ha aumentato il salario minimo, attraverso il governo Sanchez, addirittura del 50 per cento» (min. -1:o6:24)

La percentuale citata da Schlein è corretta. Secondo Eurostat, nel 2018 – anno in cui si è insediato il primo governo di Pedro Sánchez – il salario minimo mensile in Spagna valeva 858 euro. In questo inizio di 2024 vale 1.323 euro, un valore più alto del 54 per cento.

Il calo della spesa sanitaria

«I loro numeri della spesa sanitaria sul Pil stanno scendendo a prima della pandemia» (min. -1:o1:20)

Schlein ha ragione, anche se ha omesso un’informazione importante.

Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici, con le risorse messe dall’ultima legge di Bilancio la spesa sanitaria del nostro Paese arriverà a toccare nel 2024 i 136 miliardi di euro. In valore assoluto questa è la cifra più alta mai raggiunta. 

Nonostante questo aumento, nel 2024 la spesa sanitaria italiana scenderà a un valore pari al 6,4 per cento del Pil, tornando ai livelli del 2019. Tra il 2020 e il 2021 la percentuale aveva superato il 7 per cento grazie alle risorse stanziate per far fronte alla pandemia e a causa del forte crollo del Pil. 

In tv la segretaria del PD ha omesso comunque di dire che il calo della spesa sanitaria in rapporto al Pil era già stato previsto dal governo Draghi, con il ministro della Salute Roberto Speranza, rientrato nel PD l’anno scorso.

La carenza di infermieri

«Mancano 70 mila infermieri» (min. -1:00:20)

Negli anni varie associazioni di categoria e istituti hanno provato a quantificare la carenza di infermieri in Italia. A gennaio 2023 abbiamo scritto un’analisi proprio su questo tema.

All’epoca la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) stimava che nel nostro Paese servissero circa 63.500 infermieri in più, un numero un po’ più basso di quello indicato da Schlein. Questa cifra era stata calcolata sulla base di alcuni dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che ogni anno valuta la situazione sanitaria di tutti i Paesi membri dell’organizzazione.

Anche la Corte dei Conti si è espressa sul tema a novembre 2022. Secondo la Corte dei Conti il personale infermieristico italiano è «pesantemente sottodimensionato» in molte aree del Paese, soprattutto se confrontato con la situazione in altri Stati europei. L’analisi della Corte dei Conti ha preso in considerazione lo «standard internazionale 1:3 per il personale infermieristico», quello secondo cui per ogni medico attivo sarebbe bene ci fossero almeno tre infermieri attivi. Sulla base dei dati Istat, la Corte dei Conti ha calcolato nel 2020 «una carenza di infermieri di circa 65 mila unità».

È bene precisare che, confrontando i dati a livello internazionale, si fa riferimento a sistemi sanitari molto diversi tra loro. Per esempio la sanità italiana ha poco a che fare con quella degli Stati Uniti, dove il rapporto tra infermieri e popolazione è molto alto, ma dove non esiste un sistema sanitario pubblico universalistico, in cui lo Stato copre gran parte delle cure mediche dei cittadini.

Gli obiettori di coscienza sull’aborto

«In Abruzzo l’83 per cento dei medici sono obiettori […]. Ci sono strutture in Italia dove c’è il 100 per cento di obiettori» (min. -00:57:32)

La dichiarazione della segretaria del PD è supportata dai numeri ufficiali del Ministero della Salute. Lo scorso ottobre è stata pubblicata la nuova “Relazione del ministro della Salute sulla attuazione della legge 194/78”, quella che regola l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia. Secondo i dati più aggiornati del Ministero della Salute, nel 2021 l’84 per cento dei ginecologi operanti in Abruzzo era obiettore di coscienza, quindi si rifiutava di praticare l’aborto. La media italiana era del 63,4 per cento. In Abruzzo era obiettore anche il 65,3 per cento degli anestesisti e il 52,3 per cento del personale non medico.
Tabella 1. Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’interruzione volontaria di gravidanza nel 2021 – Fonte: Ministero della Salute
Tabella 1. Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’interruzione volontaria di gravidanza nel 2021 – Fonte: Ministero della Salute
Nel 2021, in tutta Italia, c’erano 562 strutture con un reparto di ostetricia o ginecologia, di cui 335 praticavano l’interruzione volontaria di gravidanza. Come abbiamo spiegato in passato, alcune inchieste giornalistiche hanno scoperto che in alcune di queste strutture la percentuale di obiettori di coscienza è pari al 100 per cento.

Il numero di minori in carcere

«C’è un record di presenze di minori nel carcere» (min. -00:51:49)

È vero che secondo i dati più recenti è aumentato il numero di minori in carcere, ma non sono un «record» come ha detto la segretaria del PD.

Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, al 15 febbraio di quest’anno c’erano 519 minorenni e giovani adulti (età fino ai 25 anni) negli istituti penali italiani per minorenni. Nel complesso, nel 2023 gli ingressi negli istituti penali per minorenni sono stati 1.143, un dato in crescita rispetto ai 1.051 del 2022. Andando indietro nel tempo, un numero più alto del 2023 è stato registrato nel 2013, con 1.201 ingressi. Nel 2008 erano stati 1.347.

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