Errori e omissioni di Meloni nel discorso per le regionali in Sardegna

Abbiamo verificato quattro dichiarazioni fatte a Cagliari dalla presidente del Consiglio in chiusura della campagna elettorale
ANSA
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Mercoledì 21 febbraio i leader dei partiti che sostengono il governo hanno partecipato a Cagliari all’evento conclusivo della campagna elettorale in vista delle elezioni regionali in Sardegna, che si terranno domenica 25 febbraio. A sostegno del candidato di centrodestra Paolo Truzzu sono intervenuti sul palco, tra gli altri, il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, il segretario della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

Nel suo discorso a sostegno di Truzzu, Meloni ha parlato soprattutto di quanto fatto dal suo governo negli ultimi mesi e ha rivendicato una serie di risultati, dall’occupazione all’economia. In alcuni casi ha fatto dichiarazioni supportate dai fatti, come quando ha detto che i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) destinati all’agricoltura sono aumentati da 5 a 8 miliardi di euro. In almeno quattro dichiarazioni, però, la presidente del Consiglio ha commesso errori o ha omesso informazioni importanti.

I record nel mondo del lavoro

«Attualmente l’Italia ha il suo record storico di tasso di occupazione, di numero di occupati, di contratti stabili, ed è un tasso di occupazione trainato soprattutto dalla crescita del lavoro femminile. Come ci siamo riusciti? Facile, abbiamo smesso di spendere i soldi dei cittadini per pagare chi non lavorava»

Secondo i dati Istat più aggiornati, a dicembre 2023 in Italia il tasso di occupazione era pari al 61,9 per cento e c’erano oltre 23,7 milioni di occupati, di cui 15,7 milioni dipendenti con un contratto a tempo indeterminato. Sui «record» Meloni ha ragione: questi dati sono i più alti dal 2004, ossia da quando sono disponibili le serie storiche mensili. Va detto però che l’aumento non è iniziato a ottobre 2022, con l’insediamento del nuovo governo e le promesse di cancellare il reddito di cittadinanza (impegno poi mantenuto). Il trend di crescita degli occupati è iniziato infatti già nel 2021 (Grafico 1).
Grafico 1. Andamento del numero di occupati in Italia – Fonte: Istat
Grafico 1. Andamento del numero di occupati in Italia – Fonte: Istat
Meloni sbaglia poi quando dice che l’aumento dell’occupazione è «trainato soprattutto dall’occupazione femminile». Tra ottobre 2022 e dicembre 2023 il numero di occupati è cresciuto del 2,3 per cento, mentre il numero delle occupate del 2,1 per cento. Nello stesso periodo di tempo il tasso di occupazione maschile nella fascia di età 15-64 anni è passato dal 69,4 per cento al 71 per cento, con un aumento di 1,6 punti percentuali. Il tasso di occupazione femminile è salito di 1,1 punti percentuali, dal 51,7 per cento al 52,8 per cento.

Nonostante i miglioramenti degli ultimi tre anni, il tasso di occupazione italiano resta il più basso di tutta l’Unione europea.

L’aumento del reddito delle famiglie

«L’Ocse ci dice che c’è stata una diminuzione dei redditi reali delle famiglie nella media dei Paesi Ocse dello 0,2 per cento […]. Ci sono solo due eccezioni: il Regno Unito, che aumenta dello 0,2 per cento, e l’Italia, nella quale il reddito delle famiglie aumenta dell’1,4 per cento»

Meloni omette di dire a quale periodo fa riferimento la crescita dei redditi reali delle famiglie che sarebbe stata rilevata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Questa non è un’informazione da poco, anzi: dalle parole della presidente del Consiglio sembra che l’aumento sia stato registrato da quando è in carica il governo Meloni, ma non è così.

Lo scorso 8 febbraio l’Ocse ha pubblicato i dati aggiornati sull’andamento del cosiddetto “reddito disponibile delle famiglie pro capite in termini reali”. Questo è il reddito totale percepito dalle singole famiglie, al netto delle imposte sul reddito e sul patrimonio, e al netto dei contributi sociali. Questo indicatore tiene conto dell’andamento dell’inflazione. 

Secondo l’Ocse, nel terzo trimestre del 2023 – quindi tra agosto e settembre dell’anno scorso, prima dell’approvazione della nuova legge di Bilancio – il reddito disponibile delle famiglie in Italia è aumentato dell’1,4 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Nei Paesi Ocse è sceso in media dello 0,2 per cento. 

L’Italia non è l’unica eccezione in positivo con il Regno Unito: come mostra il Grafico 2, il reddito delle famiglie nel terzo trimestre del 2023 è cresciuto – seppure con percentuali diverse – anche in altri Paesi, come Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.
Grafico 2. L’andamento del reddito disponibile delle famiglie nel terzo trimestre del 2023, barra gialla – Fonte: Ocse
Grafico 2. L’andamento del reddito disponibile delle famiglie nel terzo trimestre del 2023, barra gialla – Fonte: Ocse
L’aumento registrato in Italia «è stato trainato principalmente dalla crescita delle retribuzioni dei dipendenti e dei redditi da lavoro autonomo», ha sottolineato l’Ocse. 

Nel secondo trimestre del 2023 il reddito delle famiglie italiane era invece calato dello 0,3 per cento rispetto al primo trimestre, quando c’era stato un aumento del 3,3 per cento rispetto agli ultimi tre mesi del 2022. Questo forte aumento, aveva spiegato l’Ocse, era motivato dal calo dei prezzi dell’energia, cresciuti parecchio alla fine del 2022. 

Al di là del miglioramento registrato nei primi mesi del 2023, nel terzo trimestre del 2023 il livello del reddito disponibile delle famiglie in Italia era comunque più basso rispetto a quello del terzo trimestre del 2022.

L’andamento dello spread

«Lo spread è stabilmente sotto i 150 punti. Anche qui record»

Qui la presidente del Consiglio non la racconta giusta. Ricordiamo che lo spread indica la differenza tra il rendimento dei Btp, ossia i titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni, e quello dei suoi corrispettivi tedeschi, i Bund. Un aumento dello spread è di norma interpretato come un peggioramento della fiducia nei titoli di Stato italiani da parte degli investitori, mentre un calo dello spread è letto come un aumento di fiducia.

Nella sua dichiarazione Meloni non ha specificato il periodo di tempo a cui fa riferimento l’avverbio «stabilmente». In effetti dal 15 febbraio al 21 febbraio il valore dello spread è rimasto sotto i 150 punti base: questo vuol dire che c’era una differenza dell’1,5 per cento tra il rendimento dei titoli italiani e quelli tedeschi.
Grafico 3. Andamento dello spread da quando si è insediato il governo Meloni – Fonte: Il Sole 24 Ore
Grafico 3. Andamento dello spread da quando si è insediato il governo Meloni – Fonte: Il Sole 24 Ore
Come mostra il Grafico 3, però, se si allarga lo sguardo all’intero periodo in cui è in carica il governo Meloni, si vede che lo spread non è mai stato stabilmente intorno ai 150 punti base.

In ogni caso il valore raggiunto negli ultimi giorni non è un «record» in positivo, come rivendicato invece dalla presidente del Consiglio. Quando a febbraio 2021 è entrato in carica il precedente governo, guidato da Mario Draghi, lo spread era sotto quota 100 punti base. Dalla fine del 2021 in poi c’è stata una crescita dell’indicatore, arrivando a toccare quota 250 tra giugno e luglio 2022. Il record dello spread in Italia si è però registrato tra l’autunno e l’inverno del 2011, dopo le dimissioni del quarto governo Berlusconi e l’entrata in carica del governo tecnico di Mario Monti. All’epoca lo spread superò i 500 punti base, avvicinandosi ai 600.

Il divieto sulla carne coltivata

«Oggi ci sono in Europa 14 nazioni europee che sostengono la nostra stessa tesi [sulla carne coltivata]»

Nel suo discorso a Cagliari, Meloni ha difeso il disegno di legge, presentato a luglio 2023 dal governo e approvato definitivamente dal Parlamento a dicembre, con cui è stata vietata la produzione, la promozione e la commercializzazione della carne coltivata. Questa carne è quella che si ottiene, per esempio, dalle cellule staminali di un animale e non dalla sua macellazione. Ricordiamo che al momento la commercializzazione della carne coltivata nell’Ue non è ancora stata autorizzata. 

Come ha spiegato Il Foglio lo scorso gennaio, è vero che il governo italiano, insieme a quelli di Francia e Austria, ha presentato all’Ue un documento sulla carne coltivata, supportato anche da altri Stati membri. Nel documento non si difende il divieto della commercializzazione introdotto in Italia, ma una cosa diversa. Questi Stati hanno infatti chiesto all’Ue di approfondire una serie di questioni – etiche, economiche, ambientali e sociali – prima di autorizzare la commercializzazione della carne coltivata.

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