Che cosa non torna nei dati di Conte sui benefici del Superbonus

Il presidente del Movimento 5 stelle ha difeso la misura elencando una serie di numeri, che però hanno vari limiti
ANSA/RICCARDO ANTIMIAN
ANSA/RICCARDO ANTIMIAN
Il 16 novembre il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha pubblicato sui social una serie di dati relativi ai benefici del Superbonus 110 per cento, l’incentivo fiscale introdotto nel 2020 dal secondo governo Conte, con cui lo Stato ripaga ai cittadini le spese di efficientamento energetico degli edifici, più un bonus del 10 per cento. 

Secondo Conte, la misura avrebbe creato «902.000 posti di lavoro» e portato nelle casse dello Stato entrate per «43 miliardi» di euro. Il presidente del Consiglio ha anche scritto che l’incentivo edilizio ha contribuito per il «22 per cento» alla crescita del Pil italiano nel 2022, portando «risparmi in bolletta pari a 500 euro l’anno» e un taglio delle emissioni inquinanti pari a «979 mila tonnellate di CO2».
Grafica 1. I dati pubblicati da Conte sui social per difendere il Superbonus 110 per cento
Grafica 1. I dati pubblicati da Conte sui social per difendere il Superbonus 110 per cento
Questi dati, sostiene Conte, dimostrerebbero quanto sia sbagliata la scelta fatta dall’attuale governo, guidato da Giorgia Meloni, di ridurre il contributo del Superbonus a partire dal prossimo anno.

Al di là del giudizio politico sulla misura, da dove vengono i numeri elencati dal leader del Movimento 5 stelle? Quando sono attendibili? E, in particolare, che cosa non dicono?

I dati sull’occupazione

Partiamo dal dato dei «902.000 posti di lavoro» che secondo Conte sono stati creati grazie al Superbonus 110 per cento. Come fonte di questa stima, il presidente del Consiglio ha citato un «rapporto del Censis», un istituto di ricerca socioeconomica, che si occupa anche di consulenza e assistenza tecnica. 

Il rapporto in questione si intitola “Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese” ed è stato presentato dal Censis il 16 novembre, in un evento a cui ha partecipato il viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo (Fratelli d’Italia). La ricerca è stata condotta dal Censis in collaborazione con la Harley&Dikkinson Consulting, una società attiva nel settore dell’efficientamento energetico degli edifici, e varie organizzazioni del settore delle costruzioni. Dunque, stiamo parlando di realtà direttamente coinvolte dal Superbonus 110 per cento e dalle risorse economiche mobilitate da questa misura. Per esempio, sul sito della Harley&Dikkinson Consulting si trovano annunci di lavoro per la ricerca di figure professionali nel settore della cessione dei crediti di imposta, ossia quegli strumenti con cui lo Stato rimborsa i cittadini o le imprese che hanno eseguito lavori di efficientamento.

Al di là dei possibili conflitti di interesse, nel rapporto c’è scritto che tra agosto 2020 e settembre 2022 i 55 miliardi di euro investiti dallo Stato per finanziare il Superbonus hanno creato 583.376 posti di lavoro nella filiera delle costruzioni e 319.145 posti di lavoro indiretti in altri settori economici. In totale, stiamo parlando di 902.251 posti di lavoro, ossia i «902 mila» indicati da Conte. Questa cifra, spiega il rapporto, è stata calcolata dal Centro studi Cni, un dipartimento della Fondazione del Consiglio nazionale degli ingegneri (anch’essa, dunque, operativa nel settore coinvolto dalla misura). 

Il rapporto non spiega nel dettaglio come è stata calcolata questa stima, ma indica soltanto che la cifra è un’elaborazione di alcuni dati Istat e di Enea, ossia l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Inoltre, dalle cifre contenute nel rapporto non è possibile dire di quanto sarebbe cresciuto il settore delle costruzioni senza il bonus, visto che una crescita è ipotizzabile ci sarebbe comunque stata, visto l’allentamento e la fine delle restrizioni introdotte con l’inizio della pandemia.

I dati sul gettito

Il rapporto di Censis è citato da Conte come fonte anche dei benefici del Superbonus per quanto riguarda gli incassi del fisco. Secondo il presidente del Movimento 5 stelle, la misura avrebbe portato «43 miliardi di entrate nelle casse dello Stato».

Nella relazione è contenuta una stima, sempre del Centro studi Cni, secondo cui nel periodo tra agosto 2020 e settembre 2022, il «gettito direttamente derivante da lavori realizzati» con il Superbonus 110 per cento sarebbe pari a «22,8 miliardi di euro», circa 20 miliardi in meno di quelli indicati da Conte. La stima sale a 42,8 miliardi (comprendendo le entrate per l’Irpef, l’Iva e l’Ires) se si considera «in maniera più estensiva un gettito derivante dalla produzione complessiva attivata nel sistema economico» dal bonus edilizio. Anche qui, non è spiegato nel dettaglio come sia stata calcolata questa cifra. 

In ogni caso, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tra gennaio e ottobre 2022 le entrate tributarie e contributive sono aumentate di circa 54 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In un precedente bollettino, il ministero aveva sottolineato che il «significativo incremento di gettito» era dovuto a tre fattori, senza però citare il Superbonus: la continuazione degli effetti positivi registrati nel 2021, l’anno successivo allo scoppio della pandemia; le proroghe e sospensioni dei versamenti dei tributi, stabiliti nel 2020, e sbloccatesi nel corso di quest’anno; e il forte aumento dell’inflazione, che hanno influenzato la crescita del gettito dell’Iva, ossia l’imposta sul valore aggiunto di beni e servizi.

Il contributo sul Pil

Nell’elencare i benefici del Superbonus 110 per cento, Conte ha poi citato i «dati di Cresme», secondo cui la misura avrebbe contribuito per il «22 per cento alla crescita del Pil dell’Italia del 2022». Il Cresme ​​è un centro di ricerche di mercato e di servizi per chi opera nel mondo delle costruzioni e dell’edilizia. La stima in questione è stata rilanciata negli scorsi giorni da alcuni quotidiani ed è contenuta in una ricerca realizzata dal Cresme per “Ance Roma – ACER”, ossia l’associazione dei costruttori romani.

Innanzitutto, va chiarito di quanto è cresciuto il Prodotto interno lordo italiano l’anno scorso. Secondo le stime Istat più aggiornate, nel 2021 il Pil dell’Italia è aumentato del 6,7 per cento rispetto all’anno precedente, quando a causa della pandemia il Pil era sceso del 9 per cento rispetto al 2019. Sulla base del 22 per cento citato da Conte, il Superbonus avrebbe così contribuito per circa un quinto della crescita del 6,7 per cento, quindi per circa l’1,5 per cento.

L’ufficio stampa di Acer ha chiarito a Pagella Politica che la ricerca non è ancora stata presentata e pubblicata. Ma come spiega Il Sole 24 Ore in un articolo del 16 novembre, il 22 per cento della crescita del Pil generata dal Superbonus si ottiene rapportando i 26,6 miliardi di euro di investimenti legati all’incentivo realizzati nel 2021 con i 114,1 miliardi di euro di differenza registrata tra il valore del Pil nel 2022 (stimato in 1.896,2 miliardi dalla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza) e quello del 2021 (1.782,1 miliardi).

Al di là o meno della correttezza di questo ragionamento, il dato citato da Conte non dice almeno due cose. È innegabile che, vista l’enorme mole di risorse investite nel Superbonus, questa misura abbia contribuito alla crescita economica del Paese. Da un lato, però, Cresme non stima quanti interventi edilizi ci sarebbero comunque stati, con l’allentamento delle restrizioni e la ripresa economica. Dall’altro lato, non viene detto quale impatto avrebbero avuto misure alternative finanziate con le decine di miliardi impiegate nel Superbonus.

L’impatto ambientale

Infine, veniamo ai dati citati dal presidente del Movimento 5 stelle per quanto riguarda i benefici ambientali generati dal Superbonus. In questo caso, Conte ha indicato come fonte Nomisma, dicendo che secondo questa società di consulenza «le ristrutturazioni hanno prodotto 500 euro l’anno di risparmi in bolletta e un taglio delle emissioni inquinanti pari a 979 mila tonnellate di CO2».

Entrambe queste cifre sono contenute in un rapporto pubblicato a luglio da Nomisma, o meglio, in alcune slide scaricabili dal sito della società di consulenza. Qui si legge che, sulla base dei dati Enea, Istat e del catasto, a cantieri conclusi gli interventi finanziati con il Superbonus genererebbero un taglio delle emissioni pari a 979 mila tonnellate di CO2. Prendendo per buona questa stima, i cui calcoli alla base non sono esplicitati nelle slide, stiamo comunque parlando di una quantità pari allo 0,3 per cento delle emissioni di CO2 prodotte in un anno dall’Italia.

È vero poi che Nomisma ha stimato un risparmio medio di 500 euro all’anno per ogni beneficiario del Superbonus, a cantieri conclusi. Il leader del Movimento 5 stelle omette però di sottolineare un dettaglio importante: chi beneficerà di più di questi risparmi? Un’analisi pubblicata a fine dicembre 2021 su lavoce.info ha per esempio calcolato che, non essendoci limiti di reddito per accedere al Superbonus, i benefici dell’incentivo fiscale aumentano con il crescere del reddito. «Ne beneficeranno infatti in maniera minima i redditi bassi e quelli medi mentre quelli alti ne beneficeranno in maniera notevole», hanno sottolineato i tre economisti, autori dell’articolo.

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