Il 5 ottobre, in un’intervista con Avvenire, il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha rilanciato la proposta di una mobilitazione internazionale per chiedere la fine della guerra in Ucraina. Tra le altre cose, l’ex presidente del Consiglio ha dichiarato che la pace «non può essere una parola associata alla debolezza» e che «desta perplessità la decisione ultima di Zelensky di bandire la pace con decreto». 

A che cosa fa riferimento Conte? È vero che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha bandito la pace con un provvedimento? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Con tutta probabilità, il «decreto» di cui parla Conte è un documento firmato da Zelensky nella mattina del 4 ottobre. Come spiegano alcune fonti stampa ucraine e internazionali, il presidente ucraino ha attuato una decisione del 30 settembre del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina, un organismo che fornisce consulenza al presidente sulle questioni legate alla guerra. Il provvedimento del Consiglio ha come oggetto il tentativo da parte della Russia di annettere con referendum quattro regioni ucraine, parzialmente occupate dall’esercito russo.

Il decreto firmato da Zelensky afferma «l’impossibilità di condurre negoziati con il presidente della Russia Vladimir Putin» e ribadisce la necessità di rafforzare i sistemi di difesa del Paese contro l’«escalation» dell’aggressione russa. 

La chiusura ai negoziati con Putin è quella che Conte legge come una chiusura ai negoziati di pace. In realtà, il 30 settembre Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina è pronta a negoziare con la Russia, ma non con Putin. «Lui non sa cosa siano la dignità e l’onestà», ha detto il presidente ucraino. «Per questo, siamo pronti al dialogo con la Russia, ma con un presidente diverso». In risposta, il portavoce di Putin Dmitrij Peskov ha commentato l’annuncio di Zelensky, dicendo che la Russia aspetterà un suo «successore» o che il presidente ucraino «cambi posizione». La notizia è stata riportata dall’agenzia stampa russa Ria Novosti.

Putin ha già annunciato che riconoscerà l’annessione delle quattro regioni ucraine oggetto di referendum e che fino all’inizio del 2026, in questi territori, ci sarà un periodo di transizione per garantire l’integrazione politica ed economica. Diversi Paesi e osservatori internazionali hanno condannato i referendum russi, definiti da più parti una «farsa» perché non hanno rispettato gli standard minimi di un processo democratico valido.