l 5 maggio la Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht) si è espressa con una sentenza su diversi ricorsi depositati da alcuni accademici ed economisti tedeschi circa la legittimità del Quantitative easing (Qe), cioè il programma di acquisto di titoli di Stato dei Paesi membri dell’Eurozona da parte della Banca centrale europea (Bce).

Non si è occupata, chiariamo subito, dei programmi della Ue o della Bce – come ad esempio il Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp) – attualmente in discussione per rispondere all’emergenza causata dall’epidemia di coronavirus.

I giudici costituzionali tedeschi con questa sentenza hanno espresso seri dubbi sulla legittimità del Qe e, come vedremo meglio più avanti, hanno chiesto che il governo federale della Germania chieda alcuni chiarimenti alla Bce in proposito.

Diversi politici italiani hanno commentato (qui e qui, ad esempio) questa decisione della Corte Costituzionale tedesca, spesso con toni molto critici. Vediamo allora di fare chiarezza su alcuni presupposti fondamentali della questione e su cosa è stato deciso, di preciso.

Su che cosa si sono espressi i giudici tedeschi

Il Quantitative easing (Qe) è il termine con cui viene normalmente definito in particolare il Public sector purchase programme (Pspp) della Bce, cioè l’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona da parte dell’istituto di Francoforte al fine di mantenere bassi i loro tassi di interesse.

Il programma è stato avviato nel 2015, quando la Bce era presieduta dall’italiano Mario Draghi, con lo scopo ufficiale di garantire la stabilità dei prezzi nell’Eurozona e di contrastare il rischio di una prolungata bassa inflazione.

La Corte Costituzionale tedesca è stata chiamata, in particolare, a stabilire se il Pspp sia compatibile con il divieto di finanziamento monetario, previsto dall’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) – secondo cui sono vietate le facilitazioni creditizie da parte della Banca centrale europea in favore di Stati, organismi Ue, enti locali e via dicendo – e con il “principio di attribuzione” stabilito dall’articolo 5 del Trattato sull’Unione europea (Tue).

Secondo questo principio, «l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati» e nell’esercizio di queste competenze deve rispettare i principi di sussidiarietà (agisce la Ue solo se non possono farlo gli Stati membri) e proporzionalità (la Ue deve agire con la minore intensità possibile per raggiungere gli scopi previsti dai trattati europei).

Ai giudici tedeschi si è quindi chiesto se il Pspp (il quantitative easing) rispetti l’articolo 5, in collegamento agli articoli del Tfue (127 e seguenti) che stabiliscono le competenze e i limiti dell’azione della Bce.

Come vedremo più in dettaglio più avanti, non è invece stato chiesto alla Corte Costituzionale tedesca di esprimersi sul primato del diritto comunitario sul diritto nazionale, né essa lo ha fatto.

Ma la Corte Costituzionale tedesca che competenza ha?

Una delle osservazioni critiche espresse da alcuni politici italiani alla decisione dei giudici tedeschi riguarda il fatto che la Germania si sia espressa su una questione di diritto europeo, visto che in teoria il diritto dell’Unione europea è di competenza delle corti europee.

Semplificando, la risposta è che anche la competenza dell’Ue incontra dei limiti. Come spiega un approfondimento pubblicato sul sito della Corte Costituzionale italiana, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale tedesca il principale limite che incontra la competenza dell’Unione Europea è quello delle materie che i trattati – che sono negoziati e ratificati dagli Stati nazionali – attribuiscono alla stessa Unione europea.

Il punto del contendere sul Qe allora è esattamente questo: la Bce si sta muovendo oppure no nell’ambito di una materia che è di competenza dell’Unione? Lo sta facendo rispettando i principi di sussidiarietà e, soprattutto, proporzionalità che sono fissati dall’articolo 5 del Tue?

La Corte di Giustizia dell’Ue, la massima autorità giudiziaria all’interno dell’Unione, con la sentenza dell’11 dicembre 2018 ha ritenuto di sì.

Ma la decisione di un organo interno dell’Ue, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale tedesca, non può essere del tutto insindacabile dalle corti nazionali (concetto ribadito anche nella sentenza in questione, nel punto I, 1 delle “considerazioni chiave” della Corte).

La logica è che, se la Corte di Giustizia dell’Ue non avesse limitazioni, si avrebbe la possibilità teorica per gli organi Ue di aumentare a dismisura le proprie competenze, sostenendo che in realtà si tratti di materie già attribuite all’Unione e di fatto alterando il contenuto dei trattati, senza nessun controllo da parte degli Stati.

Il primato del diritto comunitario non c’entra

Come anticipato, tutto questo non ha a che vedere – lo precisiamo visto che è un altro argomento su cui alcuni politici italiani si sono espressi, commentando la sentenza della Corte Costituzionale tedesca – con il “primato del diritto comunitario” sui diritti interni.

Questo principio stabilisce che, se c’è contrasto tra una norma europea e una nazionale (anche costituzionale) prevale la prima. È pacificamente accettato da tutti gli Stati membri: lo ha accettato l’Italia, dopo un lungo e complesso rimpallo di sentenze tra la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia dell’Unione europea, così come anche la Germania, e non è stato messo in discussione dalla sentenza sul Qe.

Il contenuto della sentenza su Qe

Secondo quanto scritto dai giudici costituzionali tedeschi, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue di dicembre 2018 non ha motivato a sufficienza il fatto che il principio di proporzionalità, che regola l’esercizio delle competenze degli organi europei, fosse stato rispettato con il programma Pspp della Bce (punto I,2 delle “considerazioni chiave” della Corte).

Di conseguenza, la Corte Costituzionale tedesca si è ritenuta autorizzata a valutare lei stessa se questo sia avvenuto e ha espresso pesanti dubbi e critiche in proposito (punto II delle “considerazioni chiave”della Corte).

I giudici tedeschi hanno quindi chiesto (punto VI delle “considerazioni chiave”della Corte) che governo e Parlamento tedesco si attivino affinché la Bce, nei prossimi tre mesi, dimostri in maniera chiara e dettagliata che con il programma Pspp non ha violato il principio di proporzionalità nell’eseguire il proprio mandato. Se questo non accadrà, la banca centrale tedesca (Bundesbank) non potrà più partecipare a tale programma.

Considerato che la Bundesbank è il principale sottoscrittore del capitale della Bce, con quasi il 22 per cento (contro il quasi 17 per cento della Francia, seconda, e il quasi 14 per cento dell’Italia, terza), e che la Germania è il grande Paese Ue con la maggiore affidabilità sui mercati, come testimoniano gli interessi negativi sui suoi titoli di stato decennali, uno scenario del genere potrebbe potenzialmente avere conseguenze gravissime sull’economia europea.

Per il momento la Bce ha risposto che si è preso nota della sentenza della corte tedesca e che il suo Consiglio direttivo conferma gli impegni presi quanto a controllo dell’inflazione e stabilità dei prezzi.

In conclusione

La Corte Costituzionale tedesca si è espressa con una sentenza sul programma di acquisto di titoli pubblici (programma Pspp) da parte della Bce. La questione del primato del diritto comunitario sui diritti nazionali non c’entra, perché è già stato stabilito che questo primato incontra dei limiti, in particolare circa le materie entro cui può valere.

Secondo i giudici tedeschi, visto che la Corte di Giustizia dell’Ue non ha dimostrato in maniera adeguata che questi limiti fossero stati rispettati, possono farlo loro. Dalla loro analisi, risulta che ci sia il rischio che i limiti alle competenze degli organi Ue – e in particolare della Bce, con il programma Pspp – siano stati violati.

I giudici tedeschi hanno quindi chiesto che governo e parlamento della Germania – che hanno violato la Costituzione tedesca non facendolo finora – si attivino perché la Bce fornisca nei prossimi tre mesi i chiarimenti necessari, in modo da poter valutare se in effetti c’è stata o meno una violazione.

Se questo non accadrà, la banca centrale tedesca non potrà più partecipare al programma Pspp della Bce, perché opererebbe in violazione dei limiti che tutelano gli Stati membri da un’espansione incontrollata delle competenze dell’Unione europea. In questo caso, le conseguenze economiche per gli Stati europei potrebbero essere molto pesanti.