La spesa sanitaria è scesa nel 2023, al contrario di quanto previsto dal governo

Il nuovo Def dice che si è passati dai 131,7 miliardi del 2022 a 131,1 miliardi. Nonostante gli aumenti per i prossimi anni, è stato confermato anche il calo in rapporto al Pil
ANSA
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Nel nuovo Documento di economia e finanza (Def), approvato il 9 aprile dal Consiglio dei ministri, c’è una sorpresa. Il documento contiene le stime più aggiornate sulla spesa sanitaria in Italia, su cui si è discusso molto negli ultimi mesi, e a differenza di quanto previsto in precedenza dal governo Meloni, nel 2023 la spesa sanitaria nel nostro Paese è scesa in valori assoluti rispetto al 2022.

Nel nuovo Def c’è scritto che l’anno scorso la spesa sanitaria italiana ha raggiunto un valore pari a 131,1 miliardi di euro, in calo dello 0,4 per cento rispetto ai quasi 131,7 miliardi del 2022. Il dato del 2023 va nella direzione opposta rispetto a quella indicata dal governo a settembre nella Nota di aggiornamento al Def (Nadef) dell’anno scorso. Nell’ultima Nadef, infatti, si prevedeva che nel 2023 la spesa sanitaria avrebbe raggiunto i 134,7 miliardi di euro, con un aumento del +2,8 per cento rispetto al 2022. In realtà le cose non sono andate così, come mostra la Tabella 1.
Tabella 1. Spesa sanitaria 2020-2023, valori assoluti in milioni di euro – Fonte: Def
Tabella 1. Spesa sanitaria 2020-2023, valori assoluti in milioni di euro – Fonte: Def
Una nota a piè di pagina del nuovo Def spiega che il calo registrato tra il 2023 e il 2022 è dovuto principalmente a due motivi. Il primo – il «più ragguardevole» – è legato al fatto che sul 2023 non sono stati imputati gli oneri per il rinnovo dei contratti del personale dirigente e degli accordi per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per il triennio compreso tra il 2019 e il 2021. Visto il «loro mancato perfezionamento», si legge nel Def, questi oneri sono stati spostati sul 2024.

Il secondo motivo per cui la spesa sanitaria è calata in valori assoluti tra il 2022 e il 2023 riguarda una «minore quantificazione» delle spese sostenute l’anno scorso dall’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia, un organismo il cui nome è abbreviato nella sigla “Uccv”. Questa unità è stata istituita con un decreto-legge a maggio 2022, durante il governo Draghi, per rispondere a «possibili aggravamenti» della pandemia di Covid-19 ed è stata poi soppressa a luglio 2023. Il suo posto e i suoi compiti sono stati presi dal Ministero della Salute.

Insomma, nel 2023 la spesa sanitaria è stata più bassa rispetto a quanto previsto dal governo Meloni. Il calo rispetto al 2022 c’è stato anche nel rapporto tra spesa sanitaria e Prodotto interno lordo (Pil): si è infatti passati dal 6,7 per cento al 6,3 per cento. Questo calo era già previsto, sebbene in modo più contenuto, visto che in base alle cifre presentate nella Nadef dello scorso anno si stimava che nel 2023 il rapporto tra spesa sanitaria e Pil si sarebbe attestato intorno al 6,6 per cento. 

Il Def appena approvato dal governo contiene anche le previsioni aggiornate sulla spesa sanitaria per il periodo tra il 2024 e il 2027, in base alle norme attualmente in vigore. Per quest’anno il governo stima che la spesa sanitaria raggiungerà i 138,7 miliardi di euro, una cifra pari al 6,4 per cento del Pil. Nel 2025 si arriverà a 141,8 miliardi, nel 2026 a 144,7 miliardi e nel 2027 a 147,4 miliardi, valori in rapporto al Pil tra il 6,3 e il 6,2 per cento (Tabella 2).
Tabella 2. Previsione della spesa sanitaria 2024-2027, valori assoluti in milioni di euro – Fonte: Def
Tabella 2. Previsione della spesa sanitaria 2024-2027, valori assoluti in milioni di euro – Fonte: Def
Il Def è un documento molto importante perché fissa gli obiettivi di politica economica del Paese e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo, per esempio sull’andamento del Pil e del suo rapporto con il debito pubblico. 

Il documento approvato dal governo Meloni contiene solo le stime tendenziali, calcolate sulle norme attualmente in vigore, e non le stime programmatiche. Quest’ultime dovrebbero tenere conto delle nuove misure economiche che il governo intende adottare nei prossimi mesi. Questa scelta è stata motivata dal fatto che non sono ancora entrate in vigore le novità contenute nel nuovo Patto di stabilità, l’insieme delle regole fiscali che tutti gli Stati membri dell’Unione europea dovranno rispettare per mantenere in ordine i conti pubblici.

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