Il 3 gennaio il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ha scritto sulla sua pagina Facebook che se sospendessimo i brevetti dei vaccini contro la Covid-19 potremmo produrre ogni anno «8 miliardi di dosi in più» e proteggere così «in poco tempo» gli abitanti di tutto il mondo.

Secondo Fratoianni, lo dimostrerebbe uno studio condotto dalla ong Medici senza frontiere (Msf), in collaborazione con l’università Imperial College di Londra, in base al quale sarebbero «120 le aziende in Africa e America Latina pronte già da oggi alla produzione» dei vaccini.

Il dibattito sulla sospensione dei brevetti sui vaccini, se sia una misura utile oppure no, va avanti da mesi. Secondo i favorevoli alla sospensione, in questo modo si potrebbe incrementare la produzione globale, cosa fondamentale visti i bassi livelli di vaccinazione di numerosi Paesi poveri. Secondo i contrari, i brevetti sono il minore dei problemi e sospenderli non porterebbe ad alcun aumento rilevante della produzione globale. Si rischierebbe anzi di disincentivare investimenti futuri e di fornire tecnologie strategiche a Paesi concorrenti come Cina e Russia.

Al di là di questo dibattito, abbiamo verificato e Fratoianni ha fatto una sintesi semplicistica della questione, commettendo alcuni errori e giungendo a una conclusione esagerata.

Che cosa dice lo studio

Il documento a cui molto probabilmente fa riferimento Fratoianni (ma, come vedremo, sono leciti dei dubbi in proposito) è un testo di nove pagine, curato da Achal Prabhala, coordinatore del progetto Access Ibsa (che mira a portare medicinali e vaccini a coloro che più ne hanno bisogno), e Alain Alsalhani, farmacista esperto di vaccini di Msf, pubblicato il 10 dicembre 2021.

L’assunto alla base di questo documento è che «qualsiasi azienda farmaceutica attualmente impegnata nella produzione di sostanze iniettabili sterili (un processo che richiede competenze e strutture simili a quelle necessarie per fare un vaccino a mRna) soddisfi i criteri minimi necessari per produrre vaccini a mRna». Questo assunto proviene da una ricerca, condotta da Msf e dall’Imperial College, sui costi per produrre 100 milioni di dosi di vaccino a mRna contro la Covid-19 in siti di produzione di medicinali iniettabili. Anche in questo caso vengono comunque postulati una serie di assunti, da prendere con la dovuta cautela, visto che non c’è assoluta certezza trovino riscontro nella realtà.

Prabhala e Alsalhani hanno quindi individuato 120 siti dove vengono prodotte sostanze iniettabili sterili e hanno postulato nei loro calcoli la possibilità che questi si convertano alla produzione di vaccini a mRna contro la Covid-19.

Queste 120 aziende, però, non si trovano «in Africa e America Latina», come dice Fratoianni: 106 si trovano in Asia e nei due continenti citati dal segretario di Si se ne trovano appena 14.

E gli otto miliardi di dosi?

In nessuno dei due testi si fa inoltre riferimento alle «8 miliardi di dosi» di cui parla Fratoianni. Questo numero sembra provenire da una precedente ricerca dell’Imperial College e Public Citizen (organizzazione no profit di rappresentanza e tutela dei consumatori), pubblicata a maggio 2021.

Secondo questa ricerca si sarebbero potute produrre 8 miliardi di dosi di vaccini mRna contro la Covid-19 ogni anno, sfruttando i siti che al momento producono sostanze iniettabili, con un investimento annuale di 23 miliardi di dollari. Il tempo necessario per la riconversione sarebbe stato di un anno, le linee di produzione necessarie 55, divisibili in 14 impianti.

Ricapitolando: nella sua dichiarazione Fratoianni sembra aver mescolato il testo di Prabhala e Alsalhani, che parla di 120 siti di produzione dei vaccini; la ricerca dell’Imperial College e di Msf, che lui cita esplicitamente; e uno studio di maggio dell’Imperial College e di Public Citizen dove si parlava di 8 miliardi di dosi.

Qual è il principale errore di Fratoianni

Fratoianni parla di 120 aziende «pronte già da oggi alla produzione», ma le cose non stanno così.

Come scrivono gli stessi autori del documento di dicembre 2021, «è importante notare che questa lista [di aziende, n.d.r.] rappresenta un’ecografia della situazione. Il nostro focus qui è sulla fattibilità tecnica». Si tratta insomma di un ragionamento astratto.

Nel testo si legge infatti che «le società da noi identificate dovranno condurre le loro analisi prima di avventurarsi nella tecnologia a mRna. Non tutte le compagnie nella lista delle 120 potrebbero necessariamente voler avviare la produzione di vaccini a mRna: c’è una molteplicità di fattori di cui tenere conto, come la possibilità di accedere agli investimenti necessari, la forza delle autorità regolatorie in materia farmaceutica nei Paesi di produzione e, infine, la prospettiva di un solido modello di business».

Inoltre, come abbiamo visto in riferimento allo studio di maggio 2021 dell’Imperial College e Public Citizen, anche partendo subito con un’operazione di riconversione dei vari siti alla produzione di vaccini, il tempo necessario minimo sarebbe comunque pari a un anno.

Il verdetto

Secondo Nicola Fratoianni (Si), se i brevetti dei vaccini contro la Covid-19 fossero sospesi, si potrebbero produrre 8 miliardi di dosi in più all’anno, proteggendo in poco tempo tutto il pianeta, e ci sarebbero «120 aziende in Africa e America Latina pronte già da oggi alla produzione».

Se è vero che, secondo la ricerca citata, ci sono 120 aziende che teoricamente potrebbero produrre vaccini a mRna, non è vero che queste si trovino in Africa e America Latina: qui se ne trovano 14. Le altre 106 dell’elenco sono collocate in Asia.

Inoltre è falso che queste siano «pronte già da oggi alla produzione», come dice Fratoianni. Non solo pare che serva almeno un anno per la riconversione degli impianti, ma non è nemmeno certo che tutte e 120 le aziende sarebbero interessate o qualificate a farlo.

Dunque, se anche venissero sospesi i brevetti sui vaccini, non è affatto certo che si potrebbe proteggere in poco tempo il pianeta intero contro la pandemia di Covid-19.

In conclusione, Fratoianni si merita un “Pinocchio andante”.