Il 17 settembre il nuovo settimanale The Post Internazionale ha pubblicato una lunga intervista al leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte – poi ripresa sui social dall’ex presidente del Consiglio – che ha difeso dalle critiche il reddito di cittadinanza. Secondo Conte, non è vero che il sussidio disincentiva dal lavoro, dal momento che i percettori «realmente occupabili», ossia quelli che possono trovare un lavoro, sarebbero soltanto «12 mila».

Nella stessa intervista il leader del M5s ha ribadito il concetto, fornendo però un dato diverso e, come vedremo, in forte contraddizione con il primo: «Oggi so molto più su chi prende il reddito: solo un terzo sono persone davvero occupabili», ha dichiarato Conte.

Abbiamo verificato che cosa dicono le statistiche ufficiali ed entrambi i dati sono sbagliati (il primo di parecchio), anche se l’ex presidente del Consiglio ha ragione nel sottolineare che non tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza sono ugualmente occupabili.

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Che cosa dicono i dati Anpal

Secondo i dati Inps più aggiornati, ad agosto 2021 circa un milione e 225 mila famiglie beneficiavano (Tav. 1.5) del reddito di cittadinanza, con oltre 2 milioni e 875 mila persone coinvolte. L’importo medio dell’assegno era di circa 576 euro.

Come abbiamo spiegato più volte in passato, non tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza sono tenuti a sottoscrivere il Patto per il lavoro, ossia l’insieme di condizioni per la ricerca del lavoro che vanno rispettate per non vedersi togliere l’assegno. In base alle regole in vigore, sono tenuti a firmare il Patto per il lavoro i componenti maggiorenni di un nucleo familiare che non hanno un lavoro e che non frequentano un regolare corso di studi. Non sono invece soggetti al Patto per il lavoro, tra gli altri, i beneficiari con più di 65 anni di età e quelli con disabilità, salvo alcune eccezioni.

Quanti tra i beneficiari sono «occupabili»? Dal momento che non esiste una definizione precisa di questo termine, guardiamo che cosa dicono i dati sui soggetti tenuti a sottoscrivere il Patto per il lavoro.

Secondo i dati più aggiornati di Anpal – l’agenzia che gestisce le politiche attive per il lavoro del reddito di cittadinanza – al 30 giugno 2021 erano oltre un milione e 150 mila i beneficiari del sussidio tenuti a sottoscrivere il Patto per il lavoro. In quella data, oltre 392 mila erano stati presi in carico dai centri per l’impiego.

Entrambe queste cifre sono molto più alte dei «12 mila» beneficiari «realmente occupabili» di cui parla Conte (come vedremo più avanti, un dato che non trova riscontro in nessuna fonte ufficiale). L’ex presidente del Consiglio, come abbiamo visto, ha però anche dichiarato che «solo un terzo» dei beneficiari «sono persone davvero occupabili». Anche in questo caso i quasi 1,2 milioni di beneficiari soggetti al Patto per il lavoro equivalgono a circa il 40 per cento delle 2,8 milioni di persone che beneficiano del reddito di cittadinanza, una percentuale superiore al terzo indicato da Conte.

Al di là di questo, sarebbe comunque scorretto – come sembra fare Conte con il secondo dato – considerare tutti «occupabili» allo stesso modo i quasi 1,2 milioni di beneficiari che hanno sottoscritto il Patto per il lavoro. Ci sono infatti ampie differenze di competenze e opportunità lavorative per chi prende il reddito di cittadinanza ed è tenuto a trovare un’occupazione.

Quanto sono «davvero occupabili» gli occupabili

Per inquadrare questo fenomeno della diversa occupabilità, Anpal utilizza il cosiddetto “indice di profiling”, che quantifica la fragilità dei beneficiari occupabili del reddito di cittadinanza nel poter trovare un nuovo lavoro. «L’indice di profiling descrive in termini quantitativi il profilo personale di occupabilità e riporta il calcolo del livello di svantaggio, cioè della probabilità di non essere occupato a distanza di 12 mesi», spiega Anpal. «I valori sono compresi tra 0 (facilmente collocabile nel mercato del lavoro) e 1, che rappresenta il grado più elevato di difficoltà nel collocamento e tiene conto delle variabili anagrafiche e di contesto».

Secondo i dati più aggiornati, a fine giugno 2021 l’indice di profiling dei beneficiari del reddito di cittadinanza soggetti al Patto per il lavoro era in media pari a 0,875, con ampie differenze territoriali. «I beneficiari dunque confermano anche al 30 giugno basse probabilità di accesso all’occupazione e con distanze dal mercato del lavoro che per di più crescono spostandosi verso le regioni meridionali», ha sottolineato Anpal. Non si hanno però dati disaggregati, per sapere quanti sono i soggetti con valori dell’indice più vicini allo zero.

L’agenzia ha pure raccolto le statistiche sull’esperienza lavorativa negli ultimi due anni per i circa 1,2 milioni di beneficiari del reddito di cittadinanza tenuti a sottoscrivere il Patto per il lavoro. A fine giugno circa il 38 per cento di questi beneficiari (oltre 434.600 persone) aveva avuto una qualche esperienza lavorativa nei due anni precedenti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro.

Da nessuna parte, nei rapporti Anpal, viene però citato il dato dei «12 mila» beneficiari «davvero occupabili» citati da Conte. Di questo numero non c’è traccia neppure in altri due recenti rapporti, che hanno sottolineato le fragili caratteristiche occupazionali dei beneficiari del sussidio: né nel Report Navigator, pubblicato a luglio dall’Associazione nazionale navigator (un’associazione di categoria), né nel Rapporto Caritas 2021 sul reddito di cittadinanza, uscito a luglio e redatto da diversi esperti nel settore della povertà.

Un’ipotesi da non scartare sull’origine dei «12 mila» è quella del refuso, che però è presente sia nell’edizione cartacea del settimanale The Post Internazionale sia nell’intervista rilanciata sui social da Conte. Invece di «12 mila», forse il leader del M5s avrebbe voluto dire 1,2 milioni, cifra vicina ai circa 1,2 milioni citati prima. Ma qui si entra nel campo delle speculazioni. Già ad agosto scorso l’ex presidente del Conte era stato vittima di un ipotetico refuso: prima dichiarando al Corriere della sera e scrivendo su Facebook che a Milano ci sono «200 mila» bambini poveri, poi correggendo il tiro con «20 mila», anch’esso un dato piuttosto traballante.

Prima di concludere, ricordiamo – come abbiamo spiegato in passato – che le politiche attive per il lavoro legate al reddito di cittadinanza non hanno avuto i risultati sperati. Secondo i pochi dati ad oggi disponibili, circa un beneficiario su sette, tra quelli tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro, ha trovato un’occupazione, per lo più a tempo determinato (il 65 per cento circa), ma non sappiamo con precisione quanti lo abbiano fatto in autonomia o con l’aiuto dei centri per l’impiego.

Il verdetto

In un’intervista al nuovo settimanale The Post Internazionale il leader del M5s Giuseppe Conte ha dichiarato che i beneficiari «realmente occupabili» del reddito di cittadinanza sono «solo 12 mila», per poi aggiungere che sono «solo un terzo» di tutti i percettori. Entrambi i dati sono sbagliati, per almeno due motivi.

In un senso largo del termine «occupabile», i beneficiari soggetti al Patto per il lavoro sono quasi 1,2 milioni: un dato di gran lunga più alto di «12 mila» (dato che non sembra comparire in nessun report ufficiale) e pari a circa il 40 per cento delle persone coinvolte dal reddito di cittadinanza (percentuale superiore a «un terzo»).

In un senso più stretto di «occupabile», è vero però che non tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza hanno caratteristiche tali da permettergli di trovare occupazione, nonostante la sottoscrizione per il Patto per il lavoro. Cifre precise qui non ci sono, ma in generale i beneficiari occupabili del reddito di cittadinanza hanno basse probabilità di accesso al mercato del lavoro e in maggioranza non hanno un’occupazione da almeno due anni.

In conclusione, Conte si merita un “Pinocchio andante”.