Il 9 settembre, nella sua newsletter personale, il leader di Italia viva Matteo Renzi si è preso il merito dell’attuale dibattito politico sulla possibilità di modificare il reddito di cittadinanza. Secondo Renzi, da quando a inizio luglio il suo partito ha proposto un referendum per cancellarlo, «tutti hanno iniziato a dire che il reddito va cambiato», mentre «fino a tre mesi fa tutti dicevano che fosse intoccabile». «Se non ci fosse stata l’iniziativa di Italia viva – ha aggiunto Renzi – a quest’ora saremmo ancora a: “Il reddito non si tocca”. E invece si tocca, eccome se si tocca. Anche perché altrimenti c’è il referendum». Una frase praticamente identica è stata detta da Renzi anche l’8 settembre a L’aria che tira su La7: «Se non ci fosse stata la proposta del referendum, oggi nessuno discuterebbe di reddito di cittadinanza».

Di recente abbiamo spiegato che un referendum per abrogare nel breve periodo il reddito di cittadinanza è quasi impossibile da organizzare, a differenza di quanto promette Renzi. In base alle tempistiche e alle leggi in vigore, una prima data utile per un voto di questo tipo sarebbe soltanto nel 2025.

Al di là della fattibilità o meno del referendum, Renzi esagera di parecchio nell’intestarsi tutto il merito per il dibattito sul reddito di cittadinanza, anche se è vero che solo nelle ultime settimane si è entrati nel vivo di una possibile modifica della misura. Già da diverso tempo, ben prima di luglio di quest’anno, la maggior parte dei partiti – dal centrodestra al Pd – stava chiedendo con costanza di rivedere, se non addirittura cancellare, il provvedimento bandiera del Movimento 5 stelle.

– Leggi anche: Così favorevoli e contrari strumentalizzano i dati sul reddito di cittadinanza

Che cosa si diceva del reddito di cittadinanza, prima dell’annuncio di Renzi

Come abbiamo anticipato, Renzi ha annunciato il 9 luglio 2021 di voler organizzare un referendum contro il reddito di cittadinanza. All’inizio la sua proposta era quella di iniziare la raccolta firme nel 2022, dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, ma di recente ha parlato di una raccolta firme in «tempi brevi», senza però chiarire le sue intenzioni.

Proprio nelle ultime settimane si è acceso il dibattito politico sul reddito di cittadinanza, ma prima di luglio davvero nessuno ne parlava?

Il fronte del centrodestra

Da tempo il centrodestra era – ed è tutt’oggi – compatto nel chiedere l’abolizione o un’ampia modifica della misura di contrasto alla povertà e di politica attiva per il lavoro. Già prima di luglio Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia battevano soprattutto su due argomenti: i cosiddetti “furbetti” del reddito di cittadinanza, che prendono indebitamente il sussidio (spesso citando i dati della Guardia di finanza, anche con errori); e le critiche di molti imprenditori, secondo cui il sussidio disincentiverebbe a trovare lavoro.

Così, anche solo pochi giorni prima dell’annuncio del referendum di Renzi, il leader della Lega Matteo Salvini esprimeva la necessità di «rivedere il reddito di cittadinanza», perché – secondo lui – «crea solo problemi» e «lavoro nero». Prima ancora, tra la primavera e l’inizio dell’estate, la richiesta di cambiare il reddito di cittadinanza era poi stata espressa anche in molte altre occasioni da Salvini, sempre a inizio luglio, a giugno e a maggio, per citare solo alcuni esempi. A fine agosto – dopo l’annuncio di Renzi – il leader della Lega ha annunciato che avrebbe presentato a settembre un testo per «eliminare» il reddito di cittadinanza, un’idea non nuova però nel panorama politico italiano. Già ad aprile scorso Fratelli d’Italia aveva presentato degli emendamenti al decreto “Sostegni” per l’«abrogazione del reddito di cittadinanza e del reddito di emergenza e destinazione delle risorse stanziate alle famiglie in difficoltà in forma di assegno di solidarietà».

Per quanto riguarda Forza Italia, erano parecchi i deputati e i senatori che già prima dell’annuncio del referendum di Italia viva chiedevano di modificare il reddito di cittadinanza. Su tutti, facciamo l’esempio di Mara Carfagna, che a marzo 2021, da ministra per il Sud del governo Draghi, dichiarava a Il Foglio: «Gli strumenti di sostegno al reddito esistono in tutta Europa ma ovunque sono separati dalle politiche attive per il lavoro. Resto convinta che sia necessaria una profonda revisione», una posizione condivisa, come vedremo, anche da diversi esponenti del centrosinistra.

Le posizioni nel Partito democratico

Prima che Renzi annunciasse, a luglio 2021, le sue intenzioni circa un referendum sul reddito di cittadinanza, alcuni politici del Partito democratico avevano già espresso opinioni in direzione di un’ampia revisione della misura, seppure meno profonda rispetto a quanto chiesto dal centrodestra. Per fare un paio di esempi, citiamo il senatore Antonio Misiani (ex viceministro dell’Economia nel governo Conte II) a marzo e il senatore Tommaso Nannicini a inizio giugno. Prima ancora avevano fatto parecchio discutere le dichiarazioni di due governatori del Pd, Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) e Vincenzo De Luca (Campania), che almeno da un anno sono tra le fila dei critici del reddito di cittadinanza. E già a dicembre 2020, quando ancora c’era il governo Pd-M5s, diverse fonti stampa riportavano la notizia che il Pd stesse prendendo in considerazione l’idea di modificare il sussidio, ipotesi poi non concretizzatasi. Aperture in tal senso, seppure piuttosto timide, c’erano state anche all’interno del Movimento 5 stelle, che per voce dell’ex capo politico Luigi Di Maio all’epoca aveva ammesso che la parte delle politiche attive per il lavoro andava migliorata (posizione oggi sostenuta anche dal nuovo leader del M5s, Giuseppe Conte).

È vero però che il segretario Enrico Letta, tornato a capo del Pd a marzo 2021, non ha mai preso posizione in maniera decisa sul reddito di cittadinanza, cosa avvenuta solo nelle ultime settimane, quando Letta si è schierato tra chi dice che la misura va migliorata, e non eliminata.

Il comitato di Orlando

Sempre sul fronte Pd, bisogna sottolineare – al di là delle singole posizioni e dei singoli politici – che a marzo scorso, circa quattro mesi prima dell’annuncio del referendum di Renzi, il ministro del Lavoro Andrea Orlando, del Partito democratico, ha nominato un comunicato scientifico proprio per valutare la misura del reddito di cittadinanza. Gli esperti del comitato sono presieduti dalla sociologa Chiara Saraceno, che da tempo – ben prima dell’annuncio del referendum – si è detta critica sul reddito di cittadinanza, suggerendo modifiche da introdurre.

Di recente Saraceno ha anche annunciato che le prime proposte del suo comitato per modificare il reddito di cittadinanza arriveranno per «fine settembre» o al massimo «per metà ottobre». In questa fase della stagione politica italiana, stanno infatti entrando nel vivo le riforme delle politiche attive per il lavoro e degli ammortizzatori sociali, che il governo Draghi sta studiando proprio in collegamento con il futuro del reddito di cittadinanza, come hanno spiegato diverse fonti stampa.

Il verdetto

Secondo Matteo Renzi, prima che lui a luglio annunciasse un referendum contro il reddito di cittadinanza, tutti dicevano che la misura fosse «intoccabile», mentre ora, proprio grazie all’annuncio del referendum, «tutti hanno iniziato a dire che il reddito va cambiato». È vero che nelle ultime settimane il dibattito politico sulla necessità di modificare il reddito di cittadinanza si è intensificato e fatto sempre più concreto, ma il leader di Italia viva esagera parecchio nella sua dichiarazione.

Abbiamo verificato e già prima dell’annuncio del referendum – su cui c’è ancora molta vaghezza da parte di Italia viva e che molto probabilmente si potrà fare non prima del 2025 – molti partiti politici chiedevano di eliminare, o almeno modificare, il reddito di cittadinanza. Non solo nel centrodestra, con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma anche dal Pd, seppure in misura minore.

Inoltre, a marzo – quattro mesi prima dell’annuncio di Renzi – il Ministero del Lavoro guidato da Orlando (Pd) ha nominato un comitato di valutazione del reddito di cittadinanza, con il compito di proporre eventuali modifiche alla misura.

In conclusione, Renzi si merita un “Pinocchio andante”.