Aggiornamento 24 giugno, ore 10:30 – Abbiamo aggiornato i dati sul numero di migranti arrivati tramite i corridoi umanitari, forniti dalla Comunità di Sant’Egidio.

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Il 23 giugno il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto le sue comunicazioni alla Camera in vista del prossimo Consiglio europeo del 24 e 25 giugno. Draghi ha toccato diversi temi, dalla ripresa economica all’andamento della campagna vaccinale, passando anche per i flussi migratori.

A questo proposito, Draghi ha sostenuto che l’Italia ricopre un ruolo da «protagonista» per quanto riguarda il meccanismo dei corridoi umanitari, che è attivo al momento in «pochissimi altri Paesi».

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio menziona i corridoi umanitari: ne aveva già parlato lo scorso aprile da Tripoli, sostenendo che l’Italia fosse «forse l’unico Paese» che continua a utilizzare questo strumento, e ancora il 31 maggio sempre in riferimento alla Libia.

Abbiamo controllato e il presidente del Consiglio ha ragione: i corridoi umanitari sono un’iniziativa nata in Italia, ed è stata replicata al momento soltanto da altri due Stati. Vediamo come stanno le cose.

Un ripasso sui corridoi umanitari

Come abbiamo già spiegato in un’altra nostra analisi, i corridoi umanitari sono un’iniziativa organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio – un’associazione cristiana nata a Roma e presente in 70 Paesi – in collaborazione con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Cei-Caritas.

Il progetto è stato avviato nel 2015 con l’obiettivo principale di «evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo» e permettere invece ai migranti di arrivare nel nostro Paese in modo sicuro e legale (generalmente in aereo). Una volta entrati in Italia i profughi vengono ospitati nelle strutture delle associazioni che gestiscono il progetto, le quali li assistono anche dal punto di vista medico e legale (per richiedere, per esempio, il permesso di soggiorno).

Fino ad oggi quindi i corridoi quindi non hanno pesato sul bilancio dello Stato ma sono stati «completamente autofinanziati» dalle associazioni che li gestiscono.

I ministeri degli Esteri e degli Interni si sono limitati a firmare tre protocolli d’intesa – nel 2015, 2017 e 2019 – con la Comunità di Sant’Egidio e la Conferenza Episcopale italiana, che prevedevano per il governo un ruolo di coordinamento e supervisione, senza dover intervenire realmente nell’aiuto ai migranti.

Fonti di stampa riportano che a giugno 2021 la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese abbia firmato un quarto accordo per l’accoglienza di 500 migranti dalla Libia, di cui 300 a carico dello Stato e 200 della Comunità di Sant’Egidio. Partecipando a un evento lo scorso 16 giugno Lamorgese ha accennato (min. 13:00) all’esistenza di un «nuovo protocollo» sul tema, ma non abbiamo trovato conferme ufficiali riguardo ai dettagli.

La selezione dei profughi segue procedure rigide: le comunità direttamente coinvolte compilano una lista di potenziali beneficiari, che dovrà poi essere validata dalle autorità consolari italiane che potranno quindi emettere speciali visti umanitari.

Quanti migranti sono arrivati con i corridoi umanitari?

La Comunità di Sant’Egidio ha detto a Pagella Politica che dal febbraio 2016 a giugno 2021 sono arrivate in Europa tramite i corridoi umanitari circa 3.700 persone. A fine 2019 un dossier della Comunità riportava che i migranti arrivati tramite questa modalità erano 2.482, di cui circa 1.800 dal Libano, 623 dall’Etiopia e 54 dall’isola greca di Lesbo.

In ogni caso, anche il numero più aggiornato – 3.700 – rappresenta circa l’1 per cento dei quasi 370 mila migranti arrivati in Italia negli ultimi cinque anni, dal 2016 al 2020. Nel suo discorso alla Camera in ogni caso Draghi ha precisato che quello dei corridoi umanitari è un fenomeno «di ridotta dimensione».

Di recente gli organi di stampa hanno riportato ulteriori arrivi di migranti in Italia tramite il meccanismo dei corridoi umanitari. Il 28 maggio scorso, per esempio, 70 profughi sono atterrati in Italia dall’Etiopia e saranno ospitati in diverse città come Roma, Bologna o Taranto. Il 23 giugno sono arrivati all’aeroporto di Fiumicino altri 45 profughi dal Niger.

Un modello apprezzato

I corridoi umanitari sono quindi un’iniziativa nata in Italia, ma non per iniziativa dello Stato italiano come visto sopra. A tutt’oggi – come sottolineato da Draghi alla Camera – rimaniamo uno tra i Paesi più attivi da questo punto di vista. Il modello è poi stato adottato al di fuori dai nostri confini ed è oggi attivo anche in Francia e in Belgio.

La Francia, in particolare, ha attivato il primo corridoio umanitario con il Libano nel 2017, permettendo a 504 profughi di arrivare in modo sicuro nel Paese. L’accordo è stato rinnovato nell’aprile 2021 per accogliere altri 300 migranti in partenza sempre dal Libano.

Il Belgio invece nel 2018 si è impegnato, sempre in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, ad accogliere 150 profughi siriani in arrivo dalla Turchia. Secondo Humanitarian Corridors nel maggio 2019 anche Spagna, Germania e Polonia stavano considerando la possibilità di attivare corridoi umanitari, ma non ci risulta che al momento abbiano attivato l’iniziativa.

In generale il meccanismo è stato valutato favorevolmente anche dall’Unione Europea, che li ha definiti un «modello».

Il verdetto

Il 23 giugno il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che il nostro Paese è «protagonista» in Europa per quanto riguarda i corridoi umanitari, anche perchè «ci sono pochissimi altri Paesi che li fanno».

Entrambe le affermazioni sono corrette: i corridoi umanitari, meccanismi studiato per permettere ai profughi di arrivare in Europa in modo sicuro (generalmente in aereo) e di avviare poi un percorso di integrazione, sono stati attivati per la prima volta proprio dall’Italia, nel 2016, grazie alla collaborazione tra la Comunità di Sant’Egidio e altre associazioni private.

Il governo italiano ha firmato tre protocolli d’intesa con i quali coordina e supervisione il progetto, senza però di fatto avere alcun ruolo attivo. L’iniziativa è infatti finanziata completamente dalle associazioni coinvolte.

Nel corso degli anni il modello dei protocolli umanitari è stato apprezzato dall’Unione europea ed è stato replicato da altri due Paesi, la Francia e il Belgio.

Draghi quindi merita un “Vero”.