Il 15 giugno, in un’intervista con La Stampa, il ministro della Salute Roberto Speranza ha difeso la scelta del governo di somministrare i vaccini Pfizer e Moderna come richiamo agli under 60 che hanno ricevuto una prima dose di AstraZeneca. Stiamo parlando della cosiddetta “vaccinazione eterologa”, o «crossing vaccinale» come lo chiama Speranza.

Secondo Speranza, anche gli altri grandi Paesi europei adottano una strategia simile: la Germania «da due mesi», la Francia e la Spagna «da tempo». Il ministro ha anche aggiunto che questa procedura «ha dato buoni risultati», sulla base di «evidenze e studi scientifici».

È davvero così? Abbiamo verificato e Speranza fa un’affermazione corretta, anche se le evidenze scientifiche oggi a disposizione vanno prese con la dovuta cautela.

Un riassunto delle puntate precedenti

Prima di entrare nei dettagli, ricostruiamo la cronistoria del vaccino AstraZeneca in Italia, che da quando è stato autorizzato ha visto cambiare diverse volte la fascia d’età verso cui è stato raccomandato.

In una prima circolare del 9 febbraio, la somministrazione di AstraZeneca è stata raccomandata fino ai 55 anni di età «in assenza di patologie che aumentino il rischio di infezione da Sars-CoV-2». Il 22 febbraio il limite è stato aggiornato fino ai 65 anni.

Dopo lo stop temporaneo deciso dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) del 15 marzo, l’Italia ha deciso di cambiare le indicazioni iniziali, raccomandando la somministrazione di AstraZeneca solo agli over 60. Una nota del 7 aprile della Direzione generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute ha specificato che il vaccino AstraZeneca è «approvato a partire dai 18 anni di età», ma che è «raccomandato ad uso preferenziale» nelle persone di età superiore ai 60 anni, «tenuto conto del basso rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico a fronte della elevata mortalità da Covid-19 nelle fasce di età più avanzate».

Nonostante questa raccomandazione, molte regioni hanno deciso di continuare a vaccinare con AstraZeneca anche i giovani (anche nei cosiddetti “open day”) suscitando negli ultimi giorni forti critiche dopo la morte per emorragia cerebrale di una giovane ragazza di Sestri Levante, che era stata vaccinata con AstraZeneca ma su cui si stanno ancora facendo gli accertamenti per le cause del decesso.

L’11 giugno il Ministero della Salute ha deciso di seguire le indicazioni del Comitato tecnico scientifico (Cts), sospendendo le vaccinazioni con AstraZeneca agli under 60. Due giorni dopo, il 13 giugno, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dato il via libera alla «schedula vaccinale mista», autorizzando i richiami «dopo 8-12 settimane» con Pfizer o Moderna a chi, under 60, aveva ricevuto AstraZeneca come prima dose. Il comunicato dell’Aifa parla di un «rilevante potenziamento della risposta anticorpale» grazie a queste procedura. Tra le reazioni avverse sono stati segnalati febbre, brividi, debolezza e dolore localizzato nel punto dell’iniezione, tutte manifestazioni possibili anche con la somministrazione di due vaccini uguali.

Gli studi sull’uso di vaccini diversi

A supporto del via libera alla vaccinazione eterologa, Aifa ha citato «studi clinici pubblicati nelle ultime settimane», gli stessi a cui fa molto probabilmente riferimento Speranza nella sua intervista con La Stampa. Come abbiamo scritto di recente, anche nella sua indicazione al Ministero della Salute il Cts aveva citato alcune ricerche: una pubblicata su una rivista scientifica e altre ancora in pre-print, ossia non ancora passate dalla revisione paritaria. Vediamo i due studi principali di cui si sta parlando di più negli ultimi giorni.

Il primo studio è stato condotto in Spagna e per il momento è ancora in pre-print. A fine aprile, più di 600 volontari di età inferiore ai 60 anni che avevano già ricevuto la prima dose di vaccino AstraZeneca sono stati divisi in due gruppi: due terzi del campione ha ricevuto come richiamo una dose di Pfizer, un terzo non ha ricevuto alcuna seconda dose (il cosiddetto “gruppo di controllo”). A sette giorni dall’inoculazione, le reazioni al vaccino sono state prevalentemente lievi (68,3 per cento) o moderate (29,9 per cento) e consistevano più frequentemente in dolore al sito di iniezione (88,2 per cento), indurimento (35,5 per cento), cefalea (44,4 per cento) e mialgia (43,3 per cento). Non si è verificato nessun effetto collaterale grave.

A distanza di 14 giorni, invece, nel 100 per cento dei soggetti che hanno ricevuto il richiamo, sono stati rilevati alti livelli di anticorpi, cosa che non è avvenuta nel gruppo di controllo. Secondo gli autori dello studio, la vaccinazione eterologa è una scelta migliore rispetto al non completare il ciclo vaccinale.

Un altro studio è stato condotto nel Regno Unito e i risultati sono stati pubblicati su The Lancet il 12 maggio. I volontari sono stati divisi in quattro gruppi, due dei quali hanno fatto prima dose e richiamo con lo stesso vaccino (AstraZeneca, indicato come “ChAd”, e Pfizer, indicato come “BNT”), e due con vaccinazione eterologa invertita (prima AstraZeneca e poi Pfizer, e viceversa). Nei gruppi dove si è usato lo stesso vaccino per prima e seconda dose, la reazioni alla somministrazione sono stati maggiori dopo la prima dose nel gruppo ChAd e dopo la seconda dose nel gruppo BNT. Entrambi i programmi vaccinali con dosi diverse hanno indotto maggiori reazioni in seguito alla seconda dose, rispetto a quelli con vaccino uguale, ma non ci sono stati ricoveri. Queste evidenze forniscono una base per ritenere sicura la vaccinazione eterologa e anche in questo caso la risposta anticorpale è stata rilevante.

Vanno sottolineate però almeno tre cose. Da un lato, le analisi hanno per ora considerato poche centinaia di pazienti e si è in attesa di altri dati. Dall’altro lato, nessuno dei due studi ha utilizzato il vaccino Moderna, ma la sua adattabilità alla vaccinazione eterologa è considerata valida da Aifa «per analogia», essendo anch’esso un vaccino a mRna, come Pfizer. Inoltre, come abbiamo spiegato di recente, questi studi non sono progettati per valutare la protezione effettiva contro la Covid-19, come invece hanno fatto le sperimentazioni di fase 3 dei vari vaccini autorizzati. Un articolo su Nature a maggio ha comunque evidenziato che la misura degli anticorpi neutralizzanti è effettivamente predittiva della protezione reale.

Ricapitolando: Speranza ha ragione quando parla di «buoni risultati» provenienti da «evidenze e studi scientifici» sulla vaccinazione eterologa, ma hanno riguardato per ora pochi pazienti, anche se non ci sono al momento particolari elementi per far destare preoccupazione.

Vediamo adesso che cosa fanno gli altri grandi Paesi europei.

La vaccinazione eterologa negli altri Paesi

In Germania una comunicazione ufficiale del Ministero della Salute ha autorizzato la vaccinazione eterologa a partire al 1° aprile, oltre due mesi fa. Gli uomini «preferibilmente di età superiore ai 40 anni» sono lasciati liberi di vaccinarsi con AstraZeneca, con prima e seconda dose, mentre per le donne sotto i 60 anni si è scelto il richiamo con un vaccino a mRna. È possibile scegliere di ricevere AstraZeneca anche sotto i 60 anni se prima si parla con il proprio medico.

A inizio giugno uno studio simile a quelli già visti in precedenza e condotto dai ricercatori dell’ospedale universitario della regione dello Saarland a Homburg, in Germania, ha mostrato, su un campione di oltre 200 persone, che chi ha ricevuto una dose Pfizer dopo una di AstraZeneca ha avuto una risposta immunitaria più forte di quella dei pazienti che avevano ricevuto due dosi dello stesso vaccino.

In Francia l’autorizzazione dell’Alta autorità sanitaria (Has) – un’agenzia indipendente del sistema sanitario francese – è arrivata il 9 aprile, con una nota in cui si ammette che i risultati degli studi che hanno ispirato la decisione «sono ancora limitati ma incoraggianti». Lo stesso ministro francese della Salute Oliver Véran ha fatto ricorso alla vaccinazione eterologa.

In Spagna la Commissione per la Salute pubblica si è riunita il 18 maggio dando il via libera alla vaccinazione eterologa, ufficializzandola con un documento ministeriale pubblicato il 21 maggio. A incidere sulla decisione è stato anche il risultato dello studio spagnolo citato in precedenza.

Il verdetto

Secondo il ministro della Salute Roberto Speranza, la vaccinazione eterologa – somministrare un richiamo con un vaccino diverso rispetto a una prima dose – è una procedura che fanno anche in Germania, Francia e Spagna, a fronte di «buoni risultati» ed «evidenze e studi scientifici».

Innanzitutto, è vero che negli altri tre grandi Paesi europei è da tempo in vigore questa possibilità. In secondo luogo, è corretto dire che esistono alcune «evidenze» e «studi scientifici» a favore della vaccinazione eterologa, sia su un’assenza di particolari reazioni avverse sia su una buona risposta del sistema immunitario. Per il momento, però, questi studi sono stati condotti su un campione ristretto di persone e devono essere presi con cautela.

In conclusione, Speranza merita un “C’eri quasi”.