L’11 aprile, ospite a Mezz’ora in più su Rai 3, l’ex segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti ha detto (min. 10:55) che il governo Draghi sta gestendo «bene» la terza ondata dell’epidemia di Covid-19 in Italia, nonostante il problema delle varianti del coronavirus.

«Nessuno avrebbe mai pensato che le varianti ci avrebbero fatto ripiombare dentro a una tragedia sanitaria», ha commentato (min. 11:03) il presidente della Regione Lazio, aggiungendo che la cosiddetta “variante inglese” è «40 volte più contagiosa» di quelle precedentemente in circolazione.

Sul primo punto, già a gennaio scorso era evidente come l’Italia fosse indietro nel sistema di monitoraggio delle varianti e come i numeri di altri Paesi (per esempio Regno Unito e Irlanda) dovessero destare maggiore preoccupazione.

Al di là di questa osservazione, Zingaretti sbaglia di parecchio quando cita i dati sulla maggiore contagiosità della variante inglese. Questa variante è sì più trasmissibile delle altre – sembrerebbe al massimo il doppio di quelle preesistenti – ma di certo non «40 volte» di più.

Quanto è contagiosa la variante inglese

Della variante inglese (chiamata in gergo tecnico Voc-202012/01 o B.1.1.7) si è iniziato a parlare lo scorso dicembre, quando il Regno Unito è stato travolto da un aumento di contagi di coronavirus, che hanno portato il Paese a un nuovo lockdown nazionale.

Già all’epoca le prime evidenze scientifiche suggerivano che la variante B.1.1.7 fosse capace di diffondersi più facilmente e che la sua maggiore contagiosità fosse dovuta a una inusuale serie di mutazioni. Il punto era stabilire quanto fosse più trasmissibile rispetto alle altre varianti in circolazione. Se il dato indicato da Zingaretti fosse corretto, una contagiosità «40 volte» maggiore significherebbe una trasmissibilità più elevata del 3.900 per cento.

Sia le prime evidenze che quelle più recenti indicano però percentuali notevolmente più basse per la variante inglese.

Secondo alcune stime pubblicate a metà febbraio scorso, la variante inglese aveva una trasmissibilità più alta tra il 30 e il 75 per cento, a seconda dei metodi di calcolo utilizzati.

A fine marzo l’Istituto superiore di sanità (Iss) ha invece pubblicato alcuni dati sulla diffusione delle varianti di coronavirus in Italia, dove, tra le altre cose, si diceva che la variante inglese aveva una trasmissibilità più elevata del 37 per cento circa. Può essere che Zingaretti, parlando di una contagiosità «40 volte» maggiore, volesse fare riferimento a una contagiosità maggiore del 40 per cento, ma in ogni caso questa resta una stima basata sul contesto italiano (e la differenza tra le due espressioni è comunque enorme).

Di recente, il 9 aprile 2021, è uscita sulla prestigiosa rivista scientifica Science una ricerca condotta da una serie di scienziati britannici, dove si prova a stimare con ancora maggiore precisione, usando dati inglesi, quanto sia più contagiosa la variante inglese. Secondo l’epidemiologo Nicholas Davies e colleghi, questa variante avrebbe una trasmissibilità più alta tra il 40 e il 93 per cento, percentuali comprese in una forbice tra il 38 e del 130 per cento. Insomma, anche in questo caso c’è un’ampia differenza di stime, che al massimo indicherebbero una contagiosità più che doppia rispetto alle varianti preesistenti (e non di «40 volte»).

Una trasmissibilità più alta ha molte conseguenze gravi, tra cui quella di far aumentare il cosiddetto “indice Rt”, che stima quante persone vengono contagiate in media da un infetto, e di far crescere la soglia entro la quale si raggiunge l’immunità di gregge.

Attualmente l’indice Rt in Italia è di circa 1: significa che un infetto contagia più o meno un’altra persona. In base alle rilevazioni più recenti dell’Iss, sappiamo che la variante inglese è diffusa su quasi il 90 per cento dei positivi in Italia. Fosse vero il dato indicato da Zingaretti, vorrebbe dire che ognuno di loro in media contagia altre 40 persone, un dato del tutto irrealistico.

Infine, segnaliamo anche che secondo alcuni studi, oltre a essere più contagiosa, la variante inglese potrebbe aumentare la probabilità di sviluppare i sintomi più gravi, facendo salire il rischio di morte. Ma su questo aspetto le evidenze vanno prese con maggior cautela.

Il verdetto

Secondo Nicola Zingaretti, la cosiddetta “variante inglese” del coronavirus sarebbe «40 volte più contagiosa» delle altre varianti del virus precedentemente in circolazione. L’ex segretario del Pd sbaglia di parecchio.

Una contagiosità maggiore di “40 volte” equivarrebbe a un aumento del 3.900 per cento. In realtà diverse stime dicono che la variante inglese sarebbe più contagiosa rispetto alle altre tra il 35 e il 90 per cento, o al massimo il doppio.

Zingaretti si merita dunque una “Panzana pazzesca”.