Il 22 febbraio il deputato eletto con il Movimento 5 stelle Michele Sodano – che si è astenuto nel voto di fiducia al governo Draghi ed è stato espulso dal suo gruppo parlamentare – ha criticato su Facebook l’approvazione alla Camera del decreto “Milleproroghe”, con cui sono stati rinviati i tagli all’editoria previsti dalla legge di Bilancio per il 2019. Come abbiamo spiegato in passato, con quella manovra finanziaria l’allora governo Movimento 5 stelle-Lega aveva introdotto una progressiva riduzione fino al 2022 dei contributi diretti all’editoria.

Secondo Sodano, l’Italia sarebbe un’eccezione in questo ambito, perché solo «pochissimi Stati» usano le tasse dei cittadini per finanziare le «testate giornalistiche», un termine che può fare riferimento a giornali, radio e tv, anche on-line.

Abbiamo verificato qual è la situazione in Europa e in alcuni altri grandi Stati del mondo e, per quanto «pochissimi Paesi» sia comunque un giudizio soggettivo, il deputato del M5s esagera. Vediamo i dettagli.

Di che cosa stiamo parlando

Quando Sodano scrive di «tasse dei cittadini» utilizzate per finanziare l’informazione, fa riferimento alla dibattuta questione dei contributi pubblici dati al giornalismo e all’editoria. Nel meccanismo non sono inclusi strumenti come il canone Rai, ossia il finanziamento al servizio pubblico che non c’è solo in Italia, ma anche in altri grandi Paesi europei.

Secondo alcuni – vedi la storica posizione del M5s, ribadita di recente anche da Beppe Grillo – i contributi dello Stato al mondo dell’informazione rischiano di minarne l’indipendenza, come scritto anche da Sodano su Fb. Secondo altri, i sussidi permettono di garantire il pluralismo nel mondo dell’informazione di un Paese (non a caso in Italia abbiamo il “Fondo per il pluralismo e l’innovazione per l’informazione”).

Non tutti i contributi pubblici sono però uguali, come abbiamo spiegato in passato in un’analisi dedicata all’Italia. Da un lato ci sono i contributi diretti, ossia le risorse economiche che lo Stato decide di destinare e distribuire direttamente alle realtà editoriali che ne fanno richiesta e che rispettano alcuni requisiti.

Dall’altro lato ci sono i contributi indiretti, che sono più difficili da identificare con precisione, perché comprendono diverse categorie, come i rimborsi delle spese telefoniche, le tariffe postali o di stampa agevolate, gli investimenti nella ristrutturazione industriale, il credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari e l’Iva agevolata.

Nel nostro Paese ci sono entrambi questi due tipi di contributi. Ma siamo uno dei rari casi al mondo, come dice Sodano?

I contributi al giornalismo nel mondo

Per fare un primo confronto, abbiamo preso in considerazione i Paesi europei. Analizzare la situazione in ogni singolo Stato è un compito complicato, ma per fortuna esistono studi che vengono in nostro aiuto.

A giugno 2019, per esempio, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato un’analisi per capire quali Paesi in Europa prevedessero contributi per il mondo dell’editoria. Lo scopo dello studio era quello di aggiornare due pubblicazioni sul tema uscite nel 2011 e nel 2018.

Nella presentazione del report sono contenuti i risultati dell’indagine, che ha preso in considerazione diversi elementi: la distinzione tra contributi diretti e indiretti, la tipologia dei destinatari (a livello nazionale e locale), la finalità degli interventi e il peso sul Pil delle risorse impiegate. Secondo le ricerche del Dipartimento per l’informazione e l’editoria (che usano il 2017 come anno di riferimento), almeno altri otto Stati in Europa oltre all’Italia – tra cui Francia, Regno Unito e Germania – hanno una qualche forma di sostegno all’editoria, tutti con caratteristiche diverse.

Da un lato, per esempio, ci sono Paesi come il nostro, la Francia e quelli nordici (Danimarca, Norvegia e Svezia) che puntano in misura cospicua sui contributi diretti. Dall’altro lato, Paesi come Germania e Regno Unito non hanno misure di sostegno diretto (se non a livello locale), ma aiutano le testate giornalistiche con contributi indiretti, per esempio con le agevolazioni sul pagamento dell’Iva. In Finlandia i contributi diretti ci sono, ma sono per lo più pensati per progetti innovativi.

In base alle stime del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, le misure dirette per finanziare il mondo dell’informazione costano a ogni cittadino italiano circa 1,10 euro (oltre 65 milioni in totale), un dato parecchio più basso rispetto ai 9,54 euro in Danimarca e i 6,80 euro in Norvegia. Questi dati italiani sono del 2017 e già all’epoca erano in forte ribasso rispetto agli anni prima; come abbiamo anticipato, a fine 2018 sono stati poi introdotti altri tagli (ora stoppati dal decreto “Milleproroghe”, che dalla Camera ora passa all’esame del Senato).

Nel 2017 i contributi complessivi all’editoria in Italia – tra diretti e indiretti – ammontavano a poco più di 400 milioni di euro, circa lo 0,03 per cento del Pil. Questa percentuale, secondo il rapporto del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, era una delle più basse tra i Paesi presi in considerazione.

Le caratteristiche dei contributi di Regno Unito, Francia, Germania, Paesi del Nord Europa e Italia sono confermate anche da altre fonti recenti, come ad esempio un rapporto pubblicato nel 2019 dall’Australian Competition and Consumer Commission, un organo di controllo del governo australiano, e dedicato alle forme di finanziamento pubblico al giornalismo nel mondo. Questo studio cita anche gli esempi di Stati Uniti e Canada, dove però i sussidi sono per lo più indiretti.

Il verdetto

Secondo Michele Sodano, «solo in pochissimi Stati, tra cui l’Italia, con le tasse dei cittadini vengono finanziate le testate giornalistiche». Abbiamo verificato e il deputato del Movimento 5 stelle esagera.

È vero che nel nostro Paese sono previsti contributi diretti e indiretti al mondo dell’editoria – che da anni il M5s vorrebbe azzerare – ma misure simili, limitando la nostra analisi all’Europa, sono previste in almeno altri otto Stati europei – tra cui Francia, Germania e Regno Unito – seppure con sfumature diverse.

Al di là del giudizio soggettivo sul «pochissimi», Sodano si merita un “Pinocchio andante”.