Il 26 gennaio, ospite a DiMartedì su La7, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd) ha rivendicato (min. 1:04) un primato del suo governo: quello di aver «sbloccato» oltre 40 miliardi di cantieri, «la cifra più alta del decennio».

Il giorno dopo anche la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli (Pd) ha dichiarato (min. 10:44) su RaiNews la stessa cosa, per difendersi dalle critiche di Italia viva sulle opere pubbliche bloccate. «In questi mesi i cantieri sono stati sbloccati e ce lo dicono i numeri», ha scritto poi su Facebook la ministra. «Con 43 miliardi e 300 milioni di euro di gare di appalto in 12 mesi».

Anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nel suo discorso per la fiducia al Senato del 19 gennaio, aveva detto che non era vero che le opere «prioritarie» fossero «bloccate», dal momento che nel 2020 «gli appalti, soprattutto quelli di Anas e Rfi, sono cresciuti: siamo arrivati a un totale di 43,3 miliardi rispetto ai 39,4 del 2019».

Abbiamo verificato e questi annunci del governo – in carica solo per il “disbrigo per gli affari correnti”, dopo le dimissioni di Conte del 26 gennaio – sono esagerati, anche se contengono cifre corrette. Tutto sta infatti nel capire che cosa sta dietro l’espressione “appalti sbloccati”. Non è la prima volta che membri dell’esecutivo rivendicano primati poi ridimensionati alla prova dei fatti: come abbiamo spiegato in passato, durante la pandemia è successo diverse volte.

Che cosa dicono i dati

Innanzitutto, va sottolineato che le cifre indicate da Gualtieri – e anche da De Micheli e da Conte – non sono campate in aria, anzi. Sono il risultato di una ricerca condotta dal Cresme, un centro di ricerche di mercato e di servizi per chi opera nel mondo delle costruzioni e dell’edilizia, che ha fornito a Pagella Politica i dati su cui poggiano le dichiarazioni del governo.

Secondo le elaborazioni del Cresme, l’importo complessivo dei bandi di gara per gli appalti pubblici pubblicati nel 2020 è stato di oltre 43,3 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 39,4 miliardi circa dell’anno precedente (+9,9 per cento). In effetti, il dato del 2020 è il più alto degli ultimi dieci anni: dal 2011 l’importo complessivo dei bandi di gara è stato di oltre 262,8 miliardi di euro, con una media annua di circa 26,3 miliardi di euro. Il trend di crescita, tra l’altro, si registra ormai da cinque anni, ossia dal 2016 (da allora ci sono stati quattro governi diversi alla guida del Paese: Renzi, Gentiloni, Conte I e Conte II).

Dunque, Gualtieri ha indicato dei numeri corretti, che però hanno almeno un paio di limiti.

L’ambiguità degli appalti «sbloccati»

Il primo limite della dichiarazione del ministro dell’Economia – così come quella della ministra De Micheli e di Conte – è di sostanza e riguarda il termine «appalti sbloccati». L’espressione sembra rimandare al fatto che prima del 2020 ci fossero cantieri fermi, con i lavori bloccati, mentre oggi, grazie all’operato del governo, queste opere sarebbero tornate in fase di realizzazione.

In realtà, come abbiamo visto prima, i dati di Cresme parlano del valore dei bandi di gara pubblicati, una cosa ben diversa dagli appalti, ossia dai contratti firmati dopo un bando di gara.

«Occorre sempre ricordare nel valutare questi numeri che la pubblicazione di un bando non corrisponde a spesa effettiva di investimento, soprattutto in Italia, dove i tempi tra la gara e l’apertura del cantiere risultano particolarmente lunghi», ha sottolineato Il Sole 24 Ore in un articolo di un anno fa dedicato allo stesso tema.

In altre parole, un conto è dire che un appalto è stato assegnato e un contratto firmato, e che quindi un’opera è stata in effetti «sbloccata» e il passo successivo è l’apertura dei cantieri. Un altro discorso è parlare di bandi di gara pubblicati, che necessitano di tempo – a volte molto tempo – prima di concretizzarsi in cantieri.

È vero che a settembre 2020 è stato convertito in legge il cosiddetto “decreto Semplificazioni”, che tra le altre cose ha promesso di accorciare i tempi che intercorrono tra la pubblicazione di un bando e la firma di un contratto di appalto. Ma secondo alcuni osservatori, non è detto che si vedranno presto gli effetti di questa norma in termini di maggiore rapidità per bandi e appalti.

L’aumento degli appalti delle ferrovie

Il secondo limite dell’annuncio del governo è che il «record» è merito di una sola voce: i bandi di gara pubblicati dai gestori delle reti, delle infrastrutture e dei servizi pubblici nazionali, e più nel dettaglio i bandi di gara pubblicati da Ferrovie dello Stato, che sono passati da poco più di 4,8 miliardi di euro nel 2019 a quasi 13,8 miliardi nel 2020 (+187,5 per cento). Quelli pubblicati da Anas – un concessionario autostradale controllato da Fs – sono cresciuti da circa 4,3 miliardi a quasi 5,8 miliardi (+34,9 per cento).

I bandi di gara pubblicati dagli enti centrali si sono più che dimezzati, scendendo da 5,5 miliardi a circa 2,4 miliardi, mentre quelli degli enti territoriali (per esempio, regioni o province autonome) sono passati da oltre 21,2 miliardi a poco più di 17,6 miliardi.

Detta in altre parole, l’aumento dei bandi pubblicati può essere visto come un segnale positivo, ma non ha riguardato tutti i committenti: se il contributo delle ferrovie fosse rimasto sui livelli degli anni precedenti, ci sarebbe stato infatti un calo.

Negli aumenti registrati negli anni precedenti, la crescita per committenti era stata invece più omogenea.

Il verdetto

Secondo Roberto Gualtieri (Pd), «quest’anno questo governo ha realizzato il record del decennio negli appalti sbloccati: più di 40 miliardi di cantieri, che è la cifra più alta del decennio». Un primato simile è stato rivendicato anche dalla ministra per le Infrastrutture e per i Trasporti Paola De Micheli e dal presidente del Consiglio – oggi dimissionario – Giuseppe Conte.

Abbiamo verificato e i dati citati da Gualtieri sono corretti: i bandi di gara per gli appalti pubblici pubblicati nel 2020 hanno raggiunto un valore di circa 43,3 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 39,4 miliardi del 2019. Ma la sua dichiarazione è parziale, per almeno due motivi.

Il primo problema dell’annuncio di Gualtieri – e più in generale del governo – è che l’espressione “appalto sbloccato” dà l’idea di un appalto assegnato, con un contratto firmato e l’inizio dei lavori. Ma i dati appena visti fanno riferimento alla pubblicazione dei bandi di gara, che molto spesso hanno bisogno di diversi mesi prima di concretizzarsi nell’approvazione di un appalto.

Il secondo limite è che l’aumento degli importi però è dovuto soprattutto ai bandi di Ferrovie dello Stato, che ha fatto da traino. Altrimenti, ci sarebbe stato un calo: dunque la crescita non è stata omogenea per tutti i committenti.

In conclusione, Gualtieri si merita un “Nì”.