Il 6 ottobre la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli ha criticato, secondo quanto riporta l’Adnkronos, le modifiche ai decreti “Sicurezza” approvate il giorno prima dall’esecutivo Conte II.

Secondo Ronzulli, con la «complicità» del leader di Italia Viva Matteo Renzi, i due principali partiti di governo – il Partito democratico e il Movimento 5 stelle – «hanno riportato l’Italia» alla situazione del 2018, anno in cui è stato approvato il primo decreto “Sicurezza”.

Due anni fa, ha scritto la senatrice di Forza Italia, il nostro Paese era il «preferito dagli scafisti» ed era «costretto a piangere ogni giorno più morti in mare».

Ma è vero o no che siamo tornati alla situazione precedente all’approvazione dei decreti “Sicurezza”? E che cosa dicono i numeri del 2018 sull’andamento dell’immigrazione in Italia?

Abbiamo verificato e Ronzulli ha commesso alcuni errori. Vediamoli nel dettaglio.

Il nuovo decreto non cancella i due decreti sicurezza di Salvini

Innanzitutto diciamo che è vero che il nuovo decreto in materia di immigrazione è stato approvato dal Consiglio dei ministri, dove siedono rappresentanti del Partito democratico, del Movimento 5 stelle e di Italia Viva, il partito fondato da Matteo Renzi nel 2019. Inoltre è presente anche un ministro, Roberto Speranza, in quota LeU.

Come abbiamo spiegato in una nostra recente analisi, è poi vero che questo nuovo decreto elimini o modifichi una serie di disposizioni che erano state introdotte nell’ordinamento italiano dai due decreti sicurezza fortemente voluti da Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno, durante il primo governo Conte. In particolare la protezione umanitaria, che era stata fortemente indebolita dai decreti sicurezza del 2018 e 2019, adesso di fatto è stata in gran parte ripristinata.

Tuttavia sostenere che il nuovo decreto riporti l’Italia «indietro di due anni», a livello generale, è una semplificazione: alcune parti dei decreti sicurezza del primo governo Conte sono infatti state mantenute, in tutto o in parte. Possiamo citare ad esempio l’allungamento dei tempi che ha lo Stato italiano per valutare una domanda di cittadinanza: erano due anni prima dei decreti sicurezza di Salvini, sono stati da questi aumentati a quattro anni, ora diventano tre anni.

Oppure rimane possibile per lo Stato italiano vietare l’ingresso di navi con a bordo migranti irregolari – a certe condizioni – e rimangono le multe alle navi che violano questo divieto, anche se vengono considerevolmente ridotte.

Ma non è questo il principale errore che commette Ronzulli.

L’Italia non era il «Paese preferito dagli scafisti»

Facciamo una premessa: non è possibile stabilire quanti dei migranti che sono arrivati nei vari Paesi europei abbiano avuto, a un certo punto della loro traversata, l’aiuto di scafisti. Considerato che la percentuale è probabilmente ampiamente maggioritaria (si vedano i dati relativi agli arrivi Italia su navi Ong – diffusi su Twitter da Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi esperto di immigrazione – che sono ampiamente minoritari rispetto al totale), guardiamo allora al dato complessivo degli sbarchi.

Nei primi nove mesi del 2018, cioè prima che venisse approvato il primo decreto sicurezza targato Salvini (decreto-legge 113 del 4 ottobre 2018), dei tre Paesi europei che affacciano sul Mediterraneo e che sono le principali mete dei migranti che lo attraversano, l’Italia è stato il Paese con il minor numero di sbarchi.

Come risulta dai dati dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, nei primi nove mesi del 2018 sono arrivate via mare in Grecia 23.449 persone.

In Spagna, nello stesso periodo, sono arrivate via mare 38.218 persone.

In Italia, come risulta dai dati del Ministero dell’Interno, nei primi nove mesi del 2018 erano arrivate 21.024 persone via mare: un po’ meno di quelle arrivate via mare in Grecia e molte meno, quasi la metà, di quelle arrivate via mare in Spagna.

Non abbiamo dati mensili per tutti e tre i Paesi su che percentuale del totale dei migranti sia arrivato a bordo di navi delle Ong, ma sembra comunque ragionevole guardare al dato complessivo, considerato che anche le navi delle Ong operano spesso andando in soccorso di barconi partiti autonomamente.

Dunque in base ai dati appena visti possiamo dire che nel 2018, prima che venisse adottato il primo decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini e ora in parte cancellato e modificato dal nuovo decreto del governo Conte II, l’Italia non era il «Paese preferito dagli scafisti».

I morti nel Mediterraneo

La frase di Ronzulli sull’Italia costretta «a piangere ogni giorno più morti in mare» non è chiarissima. Si potrebbe intendere che ogni giorno si registrava più di un decesso tra i migranti che cercavano di raggiungere l’Italia, o che prima dei decreti sicurezza si moriva di più in mare (cosa che, come abbiamo verificato in passato, è solo in parte vera: i morti in numero assoluto erano diminuiti, ma era aumentato il rischio di morte per i migranti). O, ancora, che l’Italia era il Paese che ogni giorno piangeva più morti – rispetto agli altri Paesi europei di primo approdo – tra i migranti che tentavano la traversata del Mediterraneo. Visto il contesto di comparazione che precede questa parte dell’affermazione di Ronzulli, abbiamo adottato quest’ultima interpretazione, e la senatrice di Forza Italia risulta avere ragione.

I dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) non sono suddivisi per Paese europeo di destinazione ma per rotte migratorie. Possiamo comunque attribuire – con un margine di errore, visto che non consideriamo tra le altre cose Cipro e Malta – la rotta del Mediterraneo occidentale alla Spagna, quella del Mediterraneo centrale all’Italia e quella del Mediterraneo orientale alla Grecia.

Nei primi nove mesi del 2018 i migranti morti o dispersi nella rotta orientale sono stati 118, quelli nella rotta occidentale 477 e quelli nella rotta centrale 1.260: il numero di morti che possiamo attribuire all’Italia è quindi nettamente superiore a quelli attribuibili a Spagna e Grecia.

Il verdetto

La senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli il 6 ottobre ha sostenuto che Pd, M5s e Italia Viva – i partiti che, insieme a LeU, omesso dall’onorevole azzurra, sostengono il governo – con il nuovo decreto in materia di immigrazione abbiano riportato l’Italia indietro di due anni, a quando eravamo il «Paese preferito dagli scafisti», costretto «a piangere ogni giorno più morti in mare».

Il fatto che il Paese sia stato portato due anni indietro è una semplificazione: i decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini sono sì stati modificati significativamente, ma sarebbe scorretto sostenere che tutte le novità da essi introdotte siano state del tutto azzerate.

Al di là di questo, è poi falso che l’Italia nel 2018 fosse il Paese preferito dagli scafisti fino all’approvazione dei decreti sicurezza. Come risulta dai dati dell’Unhcr e del Viminale, nei primi nove mesi del 2018 in Italia sono sbarcate meno persone che in Grecia e in Spagna.

È però vero che la rotta che porta in Italia sia stata nel 2018 quella che ha visto più morti tra i migranti.

Nel complesso per Ronzulli un “Nì”.