Il 22 settembre a Roma, in una conferenza stampa dalla sede nazionale del Partito democratico, il segretario Nicola Zingaretti ha commentato i risultati delle elezioni regionali, dove in tre regioni su sei ha vinto il centrosinistra, e del referendum costituzionale, che con la vittoria dei sì ha confermato il taglio del numero dei parlamentari.

Secondo Zingaretti, se si sommassero i voti alle regionali dei partiti che sostengono il governo Conte II, l’alleanza risulterebbe aver preso il «48,7 per cento» dei consensi, una percentuale maggiore al «46,5 per cento» della coalizione di centrodestra.

Come abbiamo spiegato di recente, bisogna maneggiare con cautela calcoli del genere: nelle competizioni elettorali, il tutto non è mai uguale alla somma delle parti e non è possibile dire con certezza come sarebbero potute andare le elezioni se si fossero presentate coalizioni diverse ai blocchi di partenza.

Di questo sembra essere consapevole lo stesso Zingaretti, che in conferenza stampa ha subito precisato (min. 5:06) che «questo non è solo un conto matematico, è evidente poi che ogni regione ha una storia a sé».

Al di là di questa osservazione, i conti fatti dal segretario del Pd tornano o no? Abbiamo verificato e Zingaretti ha quasi ragione.

Come abbiamo fatto i calcoli

Prima di iniziare con i calcoli, sono necessarie alcune osservazioni.

La prima: per «forze politiche che costituiscono l’attuale maggioranza», per usare le parole di Zingaretti, abbiamo preso in considerazione il Partito democratico, il Movimento 5 stelle e Italia viva. Per quanto riguarda Liberi e uguali, che è un movimento politico scioltosi nel 2019 ma che ha un gruppo parlamentare alla Camera, abbiamo considerato i partiti che l’hanno sostenuto ed esistono ancora oggi, per esempio Articolo Uno o la Sinistra italiana.

La seconda osservazione: abbiamo preso in considerazione solo i voti alle liste e non ai singoli candidati presidenti, dal momento che in alcune regioni era consentito il voto disgiunto, ossia barrare il simbolo di un presidente e contemporaneamente quello di un suo partito avversario.

La terza osservazione: in alcuni regioni i partiti della maggioranza si sono presentati in una lista accorpata con partiti all’opposizione. È questo, per esempio, il caso di Italia viva – che sostiene il governo Conte II – in Liguria e Toscana, dove si è presentata in lista unica con +Europa, partito contrario all’attuale governo. In questi casi, dove non è possibile dividere i numeri dei diversi movimenti, abbiamo considerato i voti come tutti appartenenti alla maggioranza.

Infine, la quarta e ultima osservazione: in tutte e sei le regioni, i vari candidati presidenti sono state sostenuti da molte liste che a livello nazionale non esistono. In questo caso abbiamo optato per considerare queste liste tra «le forze politiche che costituiscono l’attuale maggioranza» nel caso in cui abbiano sostenuto dei candidati presidenti espressione dei partiti del governo Conte II.

Vediamo adesso se i numeri danno ragione a Zingaretti o meno.

Che cosa dicono i numeri

Campania

Partiamo dalla Campania, dove i voti alle liste sono stati in totale 2.357.610.

Le liste a sostegno del riconfermato presidente Vincenzo De Luca (Pd) hanno raccolto 1.616.540 voti, a cui vanno aggiunti i 233.974 della lista del Movimento 5 stelle, che aveva candidato Valeria Ciarambino.

Nel complesso sono 1.850.514 voti riconducibili alle forze della maggioranza di governo, contro i 450.856 per il candidato di centrodestra Stefano Caldoro.

Toscana

In Toscana è stato eletto il candidato del centrosinistra Eugenio Giani. Le liste che lo hanno supportato hanno raccolto 760.825 voti su un totale di 1.616.142.

Ai voti per Giani, vanno aggiunti sia le 113.386 preferenze alla lista del Movimento 5 stelle sia le 46.270 di Tommaso Fattori di “Toscana e Sinistra”, che tra gli altri è stato supportato da Sinistra italiana, uno dei partiti che sostiene il Conte II.

Nel complesso, le forze di maggioranza hanno raccolto 920.481 voti, contro i 656.183 complessivi delle liste a sostegno della candidata di centrodestra Susanna Ceccardi (Lega).

Puglia

In Puglia le liste a sostegno del riconfermato presidente Michele Emiliano (ex Pd, oggi indipendente) hanno messo insieme 759.732 consensi, su un totale di 1.676.499 voti alle liste in tutta la regione.

Ai consensi per Emiliano vanno aggiunti i 175.140 delle due liste a favore della candidata del Movimento 5 stelle Antonella Laricchia e i 24.975 del candidato di Italia viva Ivan Scalfarotto, che è un sottosegretario del governo Conte II, ma che ha avuto anche l’appoggio di due partiti di opposizione, +Europa e Azione.

Le forze della maggioranza, nel complesso, hanno raccolto in Puglia 959.847 voti, contro i 694.536 delle liste a sostegno del candidato del centrodestra Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia).

Veneto

In Veneto le liste a sostegno del candidato del centrosinistra Arturo Lorenzoni (Pd) hanno preso 337.454 consensi, contro 1.582.405 a favore del riconfermato presidente Luca Zaia (Lega).

Ai voti delle liste per Lorenzoni, vanno sommati i 55.281 dati al Movimento 5 stelle e i 12.426 della lista per Daniele Sbrollini, supportata, tra gli altri, da Italia viva.

Nel complesso, le liste delle forze di maggioranza hanno raccolto 405.161 voti, su un totale di 2.055.173.

Liguria

Su 626.425 preferenze complessive a tutte le liste in Liguria, 242.652 sono andate a Ferruccio Sansa, candidato unitario del Pd (e di Articolo Uno) e del M5s, e 354.137 al riconfermato presidente di centrodestra Giovanni Toti (Cambiamo!).

Se si contano i 15.083 voti presi dalla lista per Aristide Massardo presidente, sostenuto anche da Italia viva, le forze di maggioranza hanno raccolto 257.735 voti.

Marche

Infine, veniamo alle Marche, dove i voti complessivi alle liste sono stati 622.954.

Le liste a favore dello sconfitto del centrosinistra Maurizio Mangialardi (Pd) hanno raccolto 227.183 consensi, contro i 325.140 delle liste a favore del vincitore di centrodestra Stefano Acquaroli (Fratelli d’Italia).

Se si contano i 44.330 voti della lista Movimento 5 stelle e gli 11.834 di “Dipende da noi” di Roberto Mancini, supportata da Sinistra italiana, la maggioranza del Conte II ha preso 283.347 voti.

Tiriamo le somme

Se si sommano tutti i consensi alle liste delle sei regioni, si ottengono 8.954.803 voti.

Di questi, 4.677.085 sono riconducibili a forze che sostengono l’attuale maggioranza del governo Conte II. Stiamo parlando del 52,2 per cento, una percentuale più alta del «48,7 per cento» indicato da Zingaretti.

Il centrodestra ha potuto contare su 4.063.257 voti, il 45,4 per cento del totale alle liste, e non il «46,5 per cento» citato dal segretario del Pd.

Il restante 2,4 per cento dei voti è andato a liste non riconducibili né alla maggioranza né al centrodestra.

La percentuale delle forze di maggioranza rimane oltre al 51 per cento anche se dal conto si tolgono i voti più dubbi, ossia quelli meno facilmente riconducibili alla linea del governo Conte II, che noi abbiamo comunque conteggiato, come spiegato all’inizio. Anche senza i voti di liste come quelle di Fattori in Toscana, Massardo in Liguria, “Dipende da noi” nelle Marche o di +Europa a sostegno di Lorenzoni in Veneto, i conti non cambiano molto.

E se aggiungiamo la Valle d’Aosta?

Ma come cambiano i conti se aggiungiamo anche i dati della Valle d’Aosta? Ricordiamo che anche qui si è votato il 20 e 21 settembre, ma a differenza delle altre regioni non si è eletto direttamente il presidente di regione, che sarà nominato dalla futura alleanza che si formerà nel Consiglio regionale.

In Valle d’Aosta i voti complessive alle liste sono stati 66.262. Di questi, 10.106 sono andati al Progetto civico progressista, che comprende anche il Pd, e 2.589 al M5s. La lista della Lega ha preso 15.837 preferenze, mentre il Centrodestra Valle d’Aosta, sostenuto da Forza Italia e Fratelli d’Italia, 3.761.

Dunque, 12.695 voti sono riconducibili alle forze della maggioranza e 19.598 al centrodestra. I restanti si dividono tra i vari partiti locali valdostani.

A livello nazionale, con i dati della Valle d’Aosta, i voti totali alle liste salgono a 9.021.065, quelli della maggioranza a 4.698.780 (52,1 per cento) e quelli del centrodestra a 4.082.855 (45,3 per cento).

In sostanza, anche qui come prima, le percentuali di fatto cambiano molto poco.

Il verdetto

Secondo Nicola Zingaretti, se si sommano i voti alle regionali delle forze politiche che «costituiscono l’attuale maggioranza, la percentuale arriva al 48,7 per cento, mentre le forze del centrodestra al 46,5 per cento».

Fare conti simili è sempre discutibile: non è possibile dire con certezza come sarebbero potute andare le elezioni se si fossero presentate coalizioni diverse ai blocchi di partenza.

Al di là di questo, abbiamo fatto i conti e il segretario del Pd è impreciso per difetto.

Su quasi 8 milioni e 955 mila consensi dati a tutte le liste nelle sei regioni al voto, oltre 4 milioni e 677 sono riconducibili a forze della maggioranza che sostiene il governo Conte II. Stiamo parlando di circa il 52,2 per cento dei voti, contro il 45,4 per cento riconducibile alla coalizione di centrodestra (oltre 4 milioni e 63 mila voti).

Le percentuali cambiano di poco sia se dal conto della maggioranza si tolgono voti meno riconducibili alla linea di governo, come quelli di Fattori in Toscana o Massardo in Liguria, sia se si considerano gli oltre 66 mila voti alle liste in Valle d’Aosta.

In conclusione, Zingaretti si merita un “C’eri quasi”.