Il 20 settembre, ospite all’evento Il cortile di Francesco ad Assisi (Umbria), il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Partito democratico) ha parlato, tra le altre cose, del Next generation Eu, il fondo europeo da 750 miliardi di euro – noto in Italia anche con il nome di Recovery fund – sulla cui creazione si è accordato il Consiglio europeo lo scorso 21 luglio.

Gualtieri, in particolare, ha rassicurato (min. 52:46) sul fatto che il nostro Paese non è in ritardo con i lavori per ottenere i soldi dall’Europa, come invece hanno scritto alcuni giornali; e anzi, ha aggiunto che c’è ancora diverso tempo a disposizione.

«Non tutti sanno che dal punto di vista legale e giuridico, e non lo dico per spaventare perché ormai è acquisito, ma il Next generation Eu ancora non esiste», ha detto (min. 57:43) il ministro dell’Economia, aggiungendo che secondo lui il fondo diventerà legalmente operativo a gennaio 2021.

Abbiamo verificato e Gualtieri ha ragione. Ma ad oggi quali sono allora le tempistiche per l’entrata in vigore del Recovery fund e per la consegna dei piani, tramite i quali i singoli Stati membri potranno ricevere miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni? Abbiamo fatto un po’ di ordine, tra fatti e date.

Di che cosa stiamo parlando

Il 21 luglio, dopo una lunga trattativa, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo per creare un fondo per la ripresa, chiamato Next generation Eu, con 750 miliardi di euro a disposizione raccolti con l’emissione di debito comune a livello europeo. Di questi, 360 miliardi saranno distribuiti sotto forma di prestiti e 390 miliardi come sussidi potenzialmente a fondo perduto.

I 750 miliardi di euro del Next generation Eu sono ripartiti in diversi programmi di intervento, il più consistente dei quali è il Recovery and resilience facility (in italiano “Dispositivo per la ripresa e la resilienza”), un fondo da 672,5 miliardi di euro, divisi in 360 miliardi in prestiti e 312,5 miliardi in sussidi. Il grosso dei rimanenti 77,5 miliardi del Next generation Eu vanno nel fondo React-Eu, che può contare su circa 47,5 miliardi di euro per rafforzare l’economia e l’occupazione nelle aree più colpite dalla crisi economica.

Attenzione a non fare confusione con i nomi: in Italia si usa il nome Recovery fund per fare riferimento o al Next generation Eu nel suo complesso (come abbiamo fatto anche noi nell’introduzione) o nello specifico al Recovery and resilience facility, che è il cuore del piano complessivo europeo della ripresa, rappresentandone quasi il 90 per cento delle risorse.

In ogni caso, sia che si parli del piano generale o del fondo specifico per la ripresa, come ha correttamente sottolineato ad Assisi Gualtieri, è in discussione un progetto che da un punto di vista «legale e giuridico» non esiste ancora.

Per intenderci, non è ancora stato scritto nero su bianco sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea – dove sono raccolti tutti gli interventi legislativi ufficiali dell’Ue – ma questo non significa che dal 21 luglio ad oggi non ci sia stato un avanzamento dei lavori sulla questione.

Vediamo che cos’hanno fatto finora le istituzioni nazionali ed europee per rendere operativo il Next generation Eu.

Che cosa ha fatto la Commissione Ue

Partiamo dalla Commissione europea. Il 17 settembre la Commissione ha pubblicato le linee guida (consultabili qui) che gli Stati membri dovranno seguire per presentare i piani con cui chiedere l’accesso alle risorse del Recovery and resilience facility.

Come abbiamo detto prima, stiamo parlando di 672,5 miliardi di euro. Per il momento, la Commissione ha solamente indicato quali sono le stime sui sussidi potenzialmente a fondo perduto (e non sui prestiti) del Recovery and resilience facility che andranno ai singoli Stati membri. Per l’Italia – che sarà la beneficiaria numero uno – dovrebbero essere circa 64,4 miliardi di euro, di cui 44,7 miliardi saranno allocati tra il 2021 e il 2022 e 20,7 miliardi per il 2023.

Ribadiamo, come ha fatto anche la Commissione, che queste sono stime, e non cifre ufficiali. Secondo calcoli fatti nei mesi scorsi, inoltre, nel complesso dal Next generation Eu l’Italia dovrebbe ricevere circa 209 miliardi di euro, di cui 127 in prestiti e 82 in sussidi.

Ritorniamo brevemente alle linee guida della Commissione sul Recovery and resilience facility, pubblicate il 17 settembre. Qui si spiega, tra le altre cose, che almeno il 37 per cento delle risorse del fondo dovrà essere impiegato da ogni singolo stato membro per politiche a favore dell’ambiente, uno dei sei obiettivi generali indicati dalla Commissione per presentare i piani. Un altro impegno da rispettare è quello di una spesa pari al 20 per cento dei fondi per politiche digitali.

In base agli accordi del Consiglio europeo del 21 luglio scorso, la Commissione europea avrà il compito di valutare i piani presentati dai singoli Stati membri, tenendo conto – oltre al fatto che i fondi vengano usati, come visto, per la transizione verde e digitale – dell’aderenza dei piani nazionali alle raccomandazioni specifiche fatte a ogni Paese dall’Ue nella primavera 2020.

Per esempio, a maggio scorso l’Ue aveva raccomandato all’Italia di intervenire, tra le altre cose, sull’integrazione nel mercato del lavoro delle donne e dei giovani inattivi e sulla necessità di migliorare l’apprendimento e le competenze digitali.

Ma quali sono ora le scadenze che i singoli Stati membri devono rispettare per presentare i loro piani, in cui va spiegato nel dettaglio come si intendono spendere i soldi del Recovery fund?

Quali sono le tempistiche…

Come ha sottolineato la Commissione europea, i singoli Stati membri potranno formalmente sottoporle i loro Recovery and resilience plans a partire da quando il fondo da 672,5 miliardi diventerà «legalmente operativo», ossia – secondo le aspettative della Commissione – dal 1° gennaio 2021. La scadenza per la presentazione dei piani è invece prevista per il 30 aprile 2021.

«La Commissione incoraggia gli Stati membri a presentare una bozza preliminare dei loro piani a partire dal 15 ottobre 2020», recita il sito dell’istituzione europea, che ha detto di essere già a disposizione per aiutare ogni Paese nella scrittura del proprio piano.

… e che cosa ha fatto l’Italia

Per il momento il governo italiano ha pubblicato le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, che sono state presentate al Parlamento il 15 settembre, dopo l’approvazione il 9 settembre da parte del Comitato interministeriale degli Affari europei.

I prossimi passaggi li ha spiegati il ministro Gualtieri il 15 settembre scorso, in un’audizione alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze alla Camera dei deputati.

«Ci sarà una prima fase di confronto, in cui voi oltre alle audizioni che state svolgendo, commenterete e darete delle indicazioni sulle linee guida che oggi saranno formalmente presentate», ha detto Gualtieri ai parlamentari presenti in commissione. «Poi c’è la seconda fase in cui ci sarà questo documento più ampio con le cifre e l’articolazione del piano il 15 ottobre, che noi discuteremo informalmente con la Commissione, che il Parlamento avrà modo quindi di vedere e di discutere; e poi ci sarà la terza fase, quella del piano ufficiale e finale e del monitoraggio della sua esecuzione e attuazione, quando esso sarà stato validato nei tempi, dalla Commissione».

La Commissione europea, dopo la consegna del piano da parte dell’Italia, avrà due mesi di tempo per valutarlo e, come ha sottolineato Gualtieri in audizione, l’eventuale approvazione del piano sarà proposta all’Ecofin, un organo composto dai ministri dell’Economia di tutti i Paesi Ue, che avrà quattro settimane di tempo per approvarlo a sua volta.

Secondo le stime del governo, dunque, potrebbero volerci anche tre mesi per l’approvazione del piano (che, ricordiamo, potrà essere presentato tra gennaio 2021 e la fine di aprile 2021), periodo passato il quale l’Italia potrà vedersi subito riconosciuto il 10 per cento delle risorse messe a sua disposizione.

Che cosa sta facendo il Parlamento europeo

Parallelamente al lavoro della Commissione europea e dei singoli Stati, all’interno del Parlamento europeo si sta giocando una partita determinante, che riguarda il budget dell’Unione europea valido per i sette anni tra il 2021 e il 2027.

Il Consiglio europeo di luglio scorso ha raggiunto un accordo politico non solo sul Next generation Eu, ma anche su un bilancio comunitario 2021-2027 per un valore di quasi 1.100 miliardi di euro. Il fondo per la ripresa e il bilancio sono fortemente legati tra loro, perché il bilancio funzionerà da garanzia per l’emissione del debito comune con cui si raccoglieranno le risorse da distribuire agli Stati membri.

Al momento sono in corso i negoziati tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea, che detengono il potere legislativo nell’Ue. In base alle informazioni più aggiornate, al 18 settembre si stava discutendo su alcuni aspetti del nuovo bilancio comunitario, in particolare sulle risorse da destinare, tra gli altri, a programmi come il Green new deal per il contrasto ai cambiamenti climatici e sui “tagli” che sono stati proposti dal Consiglio europeo su alcune voci di spesa, come quelle sulla ricerca.

Il 16 settembre, con un voto in plenaria il Parlamento europeo ha approvato con 455 voti a favore, 146 contrari e 88 astenuti una risoluzione legislativa per quanto riguarda il sistema delle “risorse proprie” (own resources in inglese), con cui viene finanziato il bilancio europeo.

Come spiega un comunicato stampa del Parlamento europeo, questo voto «fa sì che il Consiglio dell’Unione europea possa rapidamente adottare una decisione sulle decisioni proprie e dare il via al processo di ratifica nei 27 Stati membri, così che il piano per la ripresa possa essere lanciato il prima possibile».

Tra le varie cose, il Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio dell’Ue un calendario vincolante sull’introduzione di nuove entrate per l’Unione, indicandone di aggiuntive oltre alla tassa sulla plastica su cui si era già accordato il Consiglio europeo a luglio scorso.

Secondo fonti stampa, l’obiettivo è quello di concludere i negoziati entro fine settembre.

Il verdetto

Ospite a un evento ad Assisi, il ministero dell’Economia Roberto Gualtieri ha correttamente ricordato che ad oggi «il Next generation Eu ancora non esiste». Il fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro, infatti, non è ancora stato scritto nero su bianco nelle leggi europee, ma passi avanti sono stati fatti dall’accordo di luglio scorso che ne ha sancito la nascita.

Di recente la Commissione europea ha pubblicato le linee guida che i singoli Stati membri dovranno seguire per redigere i piani con cui avranno accesso ai 672,5 miliardi di euro del Recovery and resilience facility, il fondo più consistente del Next generation Eu.

Secondo le previsioni della Commissione, il fondo sarà legalmente operativo da gennaio 2021 e i piani andranno consegnati non oltre la fine di aprile 2021, ma le prime bozze potranno essere consegnate già a partire dal prossimo 15 ottobre.

Il governo italiano, per il momento, ha presentato in Parlamento le linee guida per la presentazione del suo piano per l’accesso ai soldi europei, e ha promesso, per voce dello stesso Gualtieri, di coinvolgere deputati e senatori per la realizzazione del documento dettagliato con cui si dirà all’Europa come intendiamo spendere i miliardi provenienti dal Recovery fund.

Nel mentre proseguono le trattative tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue per il nuovo bilancio comunitario e le risorse proprie, che sono un elemento centrale per il finanziamento dei 750 miliardi di euro del Recovery fund e su cui si dovranno esprimere gli Stati membri.

In conclusione, Gualtieri si merita un “Vero”.