Il 22 agosto, ospite al Meeting di Rimini, il leader della Lega Matteo Salvini ha criticato (min. 13:16) quanto fatto dal governo per dare sostegno alle imprese, e in particolare il decreto “Liquidità” approvato a inizio aprile scorso per aiutare le aziende colpite dall’emergenza Covid-19.

Secondo Salvini, in particolare, al 20 agosto su «400 miliardi» di prestiti promessi dal decreto, quelli con un valore massimo di 30 mila euro (cioè quelli destinati alle imprese più piccole) sono stati appena «16 miliardi»: un risultato dunque giudicato come deludente dal leader della Lega.

Ma i numeri citati da Salvini sono corretti? Abbiamo verificato e il confronto tra i dati è fuorviante. Vediamo perché.

I numeri del decreto “Liquidità”

Il decreto “Liquidità”, (n. 23 dell’8 aprile 2020, poi convertito con la legge n. 40 del 5 giugno 2020) è stato varato dal governo per far fronte alle conseguenze economiche causate dalla pandemia di Covid-19. I numeri citati da Salvini fanno riferimento a due misure distinte contenute nel decreto. In breve: i 400 miliardi non si riferiscono solo alle Pmi e i 16 miliardi riguardano un provvedimento distinto.

Le due misure che bisogna prendere in considerazione per capire la dichiarazione di Salvini sono il rafforzamento del Fondo centrale di garanzia Pmi e i 400 miliardi di garanzie statali messe a disposizione per le imprese di ogni dimensione.

Vediamo in cosa consistono questi due provvedimenti.

Il Fondo centrale di garanzia Pmi

I «16 miliardi» di prestiti concessi anche grazie alle norme del decreto “Liquidità” e inferiori ai 30 mila euro, a cui ha fatto riferimento Salvini, rientrano nel campo d’azione del Fondo centrale di garanzia Pmi.

Questo Fondo è uno strumento che esiste da ben prima dell’emergenza sanitaria (è operativo fin dal 2000) ed è mirato ad affiancare «le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario perché non dispongono di sufficienti garanzie».

Durante la pandemia di Covid-19, il Fondo è stato rafforzato anche prima del decreto “Liquidità” a cui fa cenno Salvini: già con il decreto “Cura Italia” (n. 19 del 17 marzo 2020, art. 49) era stato gratuito l’accesso alla garanzia e gli importi massimi finanziabili erano stati aumentati da 2,5 a 5 milioni di euro.

Il decreto “Liquidità” ha poi alzato (art. 13, co. b) da 249 a 499 il numero massimo di dipendenti che un’azienda può avere per poter accedere al Fondo, e questo è stato rifinanziato per un totale di 1,7 miliardi di euro (art. 13, co. 10). Durante la conversione in legge, inoltre, è stato alzato da 25 mila a 30 mila euro il tetto massimo per i finanziamenti ottenibili tramite il Fondo senza dover passare per verifiche del merito creditizio (un parametro che indica l’affidabilità economico-finanziaria di un soggetto) e garantiti al 100 per cento dallo Stato. Parlando di «prestiti concessi ai piccoli sotto i 30 mila euro», Salvini sembra quindi fare riferimento ai prestiti del Fondo.

Secondo i dati più recenti su richieste ed emissioni di prestiti forniti dal Fondo di garanzia per le Pmi, disponibili sul sito del Mef, dal 17 marzo (quando è entrato in vigore il decreto “Cura Italia”) al 24 agosto sono stati richiesti finanziamenti garantiti dallo Stato inferiori ai 30 mila euro – e quindi immediatamente accessibili – per un valore di circa 16,7 miliardi: una cifra in linea con quanto detto da Salvini.

In totale invece, nello stesso arco di tempo (17 marzo – 24 agosto) i prestiti richiesti tramite il Fondo di garanzia, di qualsiasi importo, ammontano a 72 miliardi.

Chiarito quindi da dove arrivano i 16 miliardi di prestiti di cui ha parlato Salvini, vediamo invece in cosa consistono i «400 miliardi promessi» dal decreto “Liquidità” e perché non siano collegati coi primi.

I «400 miliardi»

Oltre al rafforzamento del Fondo di garanzia Pmi, il decreto “Liquidità” ha anche previsto strumenti per poter assicurare fino a 400 miliardi di euro in garanzie alle imprese: in questo modo gli imprenditori potranno richiedere dei prestiti in banca e, se poi non dovessero riuscire a ripagarli, potrebbero contare sull’aiuto (la “garanzia”, appunto) dello Stato. Il che rende anche più facile, in quanto meno rischioso, per le banche decidere di dare il prestito.

Le misure del decreto che portano il totale a 400 miliardi sono due: una garanzia generica da 200 miliardi per le imprese (art. 1) e un’altra di pari valore, più specifica, destinata a rafforzare le attività di esportazione e internazionalizzazione delle imprese (art. 2) che partirà dal 2021. Concentriamoci sulla prima misura, che riguarda anche le Pmi, la categoria citata da Salvini al meeting di Rimini (min. 13:16).

Lo Stato si è impegnato a garantire fino a 200 miliardi di euro in prestiti alle imprese con sede in Italia, e di questi 30 miliardi sono riservati alle piccole e medie imprese – comprese le ditte individuali o le partite Iva. Condizione fondamentale per accedere a queste garanzie è però avere già esaurito le risorse fornite dal Fondo di garanzia per le Pmi, di cui abbiamo appena parlato.

Per garantire i prestiti lo Stato si appoggia al programma “Garanzia Italia” di Sace, una società per azioni controllata dalla Cassa depositi e prestiti. In base alle dimensioni dell’azienda richiedente il livello di garanzia può coprire tra il 70 il 90 per cento dell’importo finanziato, che comunque non deve eccedere il 25 per cento del fatturato registrato nel 2019 o il doppio del costo del personale sostenuto dall’azienda.

Ricapitolando:con il decreto “Liquidità” lo Stato si è impegnato sostenere le imprese italiane offrendo garanzie fino a un massimo di 400 miliardi di euro, di cui 200 destinati alle attività di export (a partire dal 2021) e altri 200 ai finanziamenti per il mercato interno, di cui 30 destinati espressamente alle Pmi. Prima di poter accedere a questi 30 miliardi di garanzie, però, le Pmi devono aver esaurito le risorse disponibili tramite il Fondo centrale di garanzia per le Pmi, che il Mise ha quantificato in 100 miliardi.

Ma allora, quante Pmi fino ad ora hanno esaurito le risorse messe a disposizione dal Fondo di garanzia, e hanno quindi dovuto accedere al programma “Garanzia Italia”? Non lo sappiamo. Nell’ultimo report rilasciato da Sace, aggiornato al 19 agosto, si legge che «attraverso ‘Garanzia Italia’ di Sace sono state concesse garanzie per 12,6 miliardi di euro, su 433 richieste ricevute», ma non sappiamo quale parte di questo importo sia stata destinata alle Pmi, e quale ad altre aziende con un numero di dipendenti o un fatturato diverso.

Un confronto fuorviante

Comparare i dati sui prestiti erogati tramite il Fondo di garanzia Pmi con i 400 miliardi del programma “Garanzia Italia” stanziate dal decreto “Liquidità”, come fa Salvini, è quindi fuorviante.

I 16 miliardi citati dal leader della Lega non sono un sottoinsieme dei 400 miliardi complessivi previsti dal decreto “Liquidità” (destinati a tutte le imprese) e non sono nemmeno un sottoinsieme dei 30 miliardi, sempre previsti dal decreto “Liquidità”, destinati specificamente alle Pmi. Sono invece una parte delle erogazioni del Fondo di garanzia per le Pmi.

Le Pmi possono accedere ai 30 miliardi del decreto “Liquidità” (che sono una parte dei 400 miliardi complessivi), garantiti al 70-90 per cento, soltanto dopo aver usufruito dei prestiti accordati tramite il Fondo di garanzia per le Pmi, garantiti al 100 per cento.

Se sappiamo che alle Pmi sono arrivati prestiti inferiori ai 30 mila euro per un totale di più di 16 miliardi, non abbiamo invece dati ufficiali su quanti miliardi dei 30 previsti per le Pmi dal decreto “Liquidità” (su 400 complessivi) siano già stati erogati.

Il verdetto

Il 22 agosto il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che, sui 400 miliardi di prestiti promessi dal decreto “Liquidità”, quelli erogati alle imprese più piccole e del valore massimo di 30 mila euro «sono arrivati a 16 miliardi».

È vero che con il decreto “Liquidità” lo Stato si è impegnato a garantire un massimo di 200 miliardi in prestiti alle imprese con sede in Italia messe in difficoltà dalla pandemia di Covid-19 – di cui 30 destinati alle Pmi – e altri 200 miliardi in garanzie per il sostegno all’export tramite un sistema di co-assicurazione che partirà dal 2021.

La misura a cui probabilmente ha fatto riferimento Salvini parlando di «16 miliardi» è però un’altra e riguarda il potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi, che con i decreti “Cura Italia” e “Liquidità” ha dato la possibilità ad aziende con un massimo di 499 dipendenti di accedere a prestiti fino a 30 mila euro, immediatamente disponibili e garantiti al 100 per cento dallo Stato. Solo dopo aver terminato queste risorse le piccole e medie imprese possono fare richieste per ottenere i prestiti previsti dal decreto “Liquidità” e finanziati con una piccola parte (30 miliardi) dei 400 miliardi citati da Salvini.

Al 23 agosto, il Mef ha ricevuto domande per prestiti da meno di 30 mila euro erogati dal Fondo di garanzia per un totale di 16,7 miliardi: una cifra in linea con quanto affermato da Salvini. Ma, come abbiamo visto, questi 16 miliardi abbondanti non c’entrano con i 400 miliardi di garanzie da lui citate.

In conclusione, un “Nì” per Salvini.