La deputata di Forza Italia Matilde Siracusano ha commentato il 24 luglio la condanna del giorno prima, da parte del tribunale di Palermo, di Salvo Pogliese, attuale sindaco di Catania, a 4 anni e 3 mesi di carcere nel processo per le cosiddette “spese pazze” dell’Assemblea regionale siciliana.

Siracusano ha detto di trovare assurdo che in seguito alla condanna di primo grado Pogliese rischi di decadere dalla carica di sindaco e che «la legge Severino», la norma cioè che prevede questa decadenza come vedremo meglio tra poco, «si conferma una misura incostituzionale», in quanto violerebbe il principio costituzionale di presunzione di innocenza (cioè il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, stabilito dall’articolo 27 co.2 della Costituzione).

L’affermazione di Siracusano è infondata: alla Corte Costituzionale è stato più volte chiesto di esprimersi sulla legge Severino e le varie questioni di incostituzionalità sono sempre state rigettate.

Andiamo allora a vedere i dettagli.

Che cosa prevede la “legge Severino”

La “legge Severino” è il nome con cui è noto il decreto legislativo n.235 del 2012, voluto dall’allora ministra della Giustizia del governo Monti, Paola Severino, che disciplina i casi in cui una condanna penale – definitiva o non – può portare all’incandidabilità o alla decadenza dalla carica per il politico che la ricopre.

La “legge Severino” prevede in particolare, per quanto riguarda gli eletti negli enti locali (come appunto il comune di Catania), che questi siano sospesi automaticamente dalla loro carica (art. 11) se condannati anche solo in primo grado per una serie di reati (elencati all’art. 10, lettere a), b) e c)). Tra questi compare il peculato (art. 314 del codice penale) – cioè l’appropriazione da parte del pubblico ufficiale di denaro altrui a cui ha accesso grazie alla propria carica – che è il reato per cui è stato condannato Pogliese.

Dunque Pogliese dovrebbe essere sospeso automaticamente dalla carica di sindaco, a meno che non si dimetta prima che questa sospensione venga comunicata dal prefetto (avviene d’ufficio, cioè senza bisogno di altre decisioni da parte della magistratura, in base all’art. 11 co. 5). La sospensione può durare massimo 18 mesi o fino alla sentenza definitiva: se viene confermata la condanna, scatta la decadenza dalla carica; se invece viene ribaltata e l’imputato viene assolto, la sospensione cessa.

Veniamo ora alla presunta incostituzionalità della “legge Severino”.

La “legge Severino” è incostituzionale?

La Corte Costituzionale è stata più volte investita della questione se la “legge Severino” sia costituzionale o meno.

Nel 2015, ad esempio, era stato chiesto se il fatto che le norme si applicassero anche a reati commessi prima della sua entrata in vigore non violasse il principio di non retroattività della legge penale (un principio che – semplificando molto – impedisce allo Stato di punire qualcuno per un’azione che, al momento in cui è stata fatta, era lecita). La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso (sentenza 236 del 2015), spiegando che la sospensione dalla carica prevista dalla legge Severino non ha natura punitiva ma cautelare. Non ha cioè lo scopo di punire qualcuno, ma di tutelare in via preventiva il buon nome degli organi elettivi e in generale l’interesse pubblico in attesa del giudizio definitivo. Se per le pene vale il principio di non retroattività, non altrettanto vale per le misure cautelari.

Questa distinzione tra pena e misura cautelare, vedremo poi, è molto importante per valutare l’affermazione di Siracusano. Inoltre è alla base di quelle situazioni, spesso oggetto dell’attenzione della cronaca nera, per cui un indagato per un reato finisce in carcere anche prima di essere condannato in via definitiva: la detenzione in questo caso è una misura cautelare (e deve essere giustificata da una serie di condizioni, come l’alta probabilità di colpevolezza, il pericolo di fuga, o di reiterazione del reato, o di inquinamento delle prove) e non una pena.

La Corte Costituzionale è poi stata chiamata a esprimersi sulla “legge Severino” anche nel 2016. Di nuovo le è stato chiesto di esprimersi sulla questione della non retroattività, oltre che su altre questioni meno rilevanti, e di nuovo ha confermato (sentenza 276 del 2016) la legittimità delle norme, ribadendo che la sospensione – collegata a determinati reati e con una durata limitata nel tempo – non ha finalità punitiva ma cautelare.

Ancora nel 2019, infine, la Corte è stata investita da un ricorso che aveva come oggetto la “legge Severino” e di nuovo ne ha ribadito (sentenza 36 del 2019) la legittimità rispetto a diversi articoli della Costituzione.

E la presunzione di innocenza?

Nelle sentenze citate non è mai stata analizzata direttamente la questione se la “legge Severino” non violi il principio costituzionale di presunzione di innocenza. Tuttavia, secondo gli esperti di diritto costituzionale (qui e qui si possono leggere alcuni autorevoli pareri), questa questione verrebbe probabilmente rigettata al pari di quella sulla non retroattività.

Nel momento in cui la Corte Costituzionale non ritiene la sospensione (ricordiamo, di massimo 18 mesi, e legata a specifici reati) una “pena”, ma una misura cautelare, così come ha sostenuto non si applichi il principio di non retroattività, allo stesso modo sosterrebbe che non si applichi il principio di non colpevolezza.

Il principio di non colpevolezza, infatti, coesiste senza problemi di incostituzionalità con le misure cautelari (di nuovo, si pensi alla detenzione, o agli arresti domiciliari, dati in via cautelare a dei soggetti che – in base all’art. 27 co.2 della Costituzione – sono a tutti gli effetti degli innocenti).

Il verdetto

La deputata di Forza Italia Matilde Siracusano il 24 luglio ha sostenuto che la vicenda giudiziaria del sindaco di Catania Salvo Pogliese confermi che la “legge Severino” è incostituzionale, in quanto viola il principio di presunzione di innocenza.

La Corte Costituzionale si è espressa più volte sulla “legge Severino” e non ne ha mai rilevato l’incostituzionalità sotto nessuno dei profili sollevati dai ricorrenti.

Per quanto riguarda la questione specifica della compatibilità con la presunzione di innocenza, la Corte non ha mai affrontato direttamente la questione. Tuttavia, come fanno notare gli esperti di diritto, la giurisprudenza della Corte sulla sospensione dalla carica per gli eletti, prevista dalla “legge Severino”, è abbastanza chiara: non è una pena, non ha funzione punitiva ma cautelare.

Per questo, ad esempio, è legittimo che abbia effetto retroattivo. Allo stesso modo è quindi probabile, sempre secondo gli esperti, che sia legittima la sua applicazione a dei presunti innocenti (in base all’art. 27 co.2 della Costituzione): anche nel resto dell’ordinamento penale italiano, le misure cautelari (anche quelle ben più gravi, come la detenzione in carcere) possono infatti convivere con la presunzione di innocenza.

In conclusione, per Siracusano un “Pinocchio andante”.