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Il 18 giugno, ospite a Circo Massimo su Radio Capital, l’ex segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani (Articolo Uno) ha commentato (min. 1:42:48) la richiesta più volte arrivata nelle ultime settimane dal nuovo presidente di Confindustria Carlo Bonomi di tagliare l’Irap.

Bersani si è detto disponibile a prendere in considerazione questa ipotesi, ma ha sottolineato che questa tassa finanzia «un terzo della spesa sanitaria» in Italia.

È davvero così? Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando

L’Irap (l’Imposta regionale sulle attività produttive) è una tassa diretta che colpisce il valore di produzione – cioè la differenza tra ricavi e costi, al netto di diversi fattori come i compensi per il personale – degli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo.

Fin dalla sua introduzione, avvenuta con il decreto legislativo n. 446 del 1997, l’Irap è stata strettamente legata (si veda l’art. 38 del d.lgs.) al finanziamento del sistema sanitario. Proprio per questo la gestione dell’imposta è attribuita direttamente alle Regioni, che in Italia sono gli organi competenti in materia di sanità. Le amministrazioni regionali hanno una certa autonomia in termini di riscossione dell’Irap – possono, per esempio, decidere di applicare l’aliquota fissa del 3,9 per cento oppure modificarla – ma rimangono comunque tenute a destinare la quasi totalità dei ricavi al finanziamento del Sistema sanitario nazionale (Ssn).

Precisiamo inoltre che l’Irap non rappresenta l’unica fonte di entrate per la sanità italiana: la parte restante viene finanziata tramite altre tasse (come l’addizionale regionale Irpef); le entrate proprie del Ssn (quali i ticket ospedalieri); e il bilancio dello Stato, che interviene per colmare il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento.

Il peso dell’Irap sulla sanità

Per capire quanto “pesa” l’Irap sul finanziamento della spesa sanitaria nazionale abbiamo guardato alla situazione degli ultimi cinque anni, incrociando dati provenienti da fonti diverse.

Come prima cosa, la spesa sanitaria effettuata nel periodo 2015-2018 è indicata nel sesto rapporto sul “Monitoraggio della spesa sanitaria”, pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel luglio 2019. Per il 2019 invece abbiamo fatto affidamento sul rapporto 2020 della Corte dei conti relativo al coordinamento della finanza pubblica.

I dati relativi all’Irap, invece, si trovano nelle tabelle del “riparto”, il documento che ogni anno indica come i fondi a disposizione del Ssn vengono divisi tra le varie regioni, previa approvazione delle regioni stesse e del Ministero della salute. Come confermato a Pagella Politica da Andrea Riganti, docente di Economia sanitaria all’Università degli studi di Milano, precisiamo cheil totale riportato nei vari riparti non corrisponde alla cifra complessiva della spesa sanitaria, che vedremo tra poco, ma indica le risorse a disposizione del Ssn per il finanziamento dei Livelli di assistenza essenziali (Lea) (che comunque costituisce più del 90 per cento della spesa sanitaria).

Nel 2015 la spesa sanitaria complessiva ammontava a 111,2 miliardi di euro, di cui circa 21,2 miliardi di euro raccolti tramite l’Irap: il 19 per cento. L’anno successivo la percentuale è rimasta stabile al 19 per cento grazie a un aumento sia della spesa totale (112,5 miliardi) che dell’Irap (21,5 miliardi di euro). Da lì in poi la proporzione è leggermente calata, con l’Irap che ha coperto il 18 per cento delle spese sanitarie nel 2017 e nel 2018.

Per quanto riguarda il 2019, la spesa sanitaria è stata di 118,1 miliardi di euro, mentre il gettito Irap destinato alla sanità (sempre indicato sul riparto di quell’anno) è stato pari a 21,1 miliardi di euro: ancora una volta una percentuale pari circa al 18 per cento del totale.

In generale, quindi, possiamo dire che negli ultimi cinque anni il peso dell’Irap sul totale della spesa sanitaria nazionale si è mantenuto costante, assestandosi intorno al 18 per cento: circa un quinto del totale, e non «un terzo» come affermato da Bersani.

L’Irap aveva un peso maggiore sui fondi per la spesa sanitaria nazionale qualche anno fa. Nel 2011, ad esempio, l’imposta ha finanziato il 28 per cento della spesa totale, che ammontava a 112,3 miliardi di euro, e percentuali simili si erano registrate negli anni precedenti. Se nel 2011 la quota di Irap destinata alla sanità raggiungeva quasi 31,5 miliardi di euro, la cifra è andata gradualmente decrescendo (30,9 miliardi nel 2012, 28,6 miliardi nel 2013, 26,7 miliardi nel 2014) fino ad arrivare ai 21,2 miliardi del 2015, di cui abbiamo già parlato. Nello stesso periodo, la spesa sanitaria è rimasta più o meno stabile intorno ai 110 miliardi di euro.

Il verdetto

Secondo Pier Luigi Bersani, l’Irap finanzia «un terzo» della spesa sanitaria italiana. Abbiamo verificato e l’ex segretario del Partito democratico è impreciso.

Negli ultimi cinque anni (2015-2019) l’Irap ha contribuito all’incirca per il 18 per cento al finanziamento del Servizio sanitario nazionale: una cifra di poco inferiore a un quinto del totale.

L’Irap aveva un peso maggiore sui fondi del Ssn qualche anno fa. Nel 2011, per esempio, il gettito dell’imposta aveva costituito il 28 per cento dei fondi totali, una cifra che comunque non raggiunge «un terzo» del totale indicato da Bersani, ma di certo più vicina rispetto ai dati più recenti.

In conclusione, per Bersani un “Nì”.