Il 4 giugno, ospite dell’evento Ey Digital Talk Italia Riparte (organizzato dalla società di consulenza Ernst & Young), il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Partito democratico) ha commentato (min. 2:41:25) con favore la possibilità del nostro Paese di chiedere aiuto al Meccanismo di stabilità (Mes) per far fronte all’emergenza coronavirus.

Secondo Gualtieri, visti i bassi tassi di interesse dei prestiti del Mes, «in sostanza ci pagherebbero per darci il prestito».

È davvero così? Abbiamo verificato e – per ora – il ministro dell’Economia ha ragione.

Di che cosa stiamo parlando

Il 15 maggio i 19 ministri delle Finanze dell’area euro che siedono all’interno del Boards of governors del Mes hanno reso operativo il Pandemic crisis support, un nuovo strumento di aiuto pensato per aiutare i Paesi durante la crisi economica causata dal coronavirus.

Fino alla fine del 2022, gli Stati membri del Mes potranno chiedere un prestito fino al 2 per cento del loro Pil del 2019 (per l’Italia stiamo parlando di un massimo di circa 36 miliardi di euro) da utilizzare in spese sanitarie dirette e indirette legate all’emergenza coronavirus, che saranno monitorate dalla Commissione Ue.

Ad oggi questa è l’unica condizione per accedere al Pandemic crisis support, anche se, come abbiamo scritto di recente, non sono ancora stati adottati atti giuridicamente vincolanti per eliminare del tutto le condizionalità del Mes, come ad esempio la richiesta di fare riforme specifiche.

È vero però che al momento è molto improbabile che saranno introdotte ulteriori condizioni, visti gli annunci e gli impegni politici presi nelle scorse settimane dall’Eurogruppo, dalla Commissione europea e dal Mes stesso.

Ma, al di là della questione sulle condizioni, quanto costerebbe accedere al Pandemic crisis support?

Quanto costa il prestito al Mes

Il 3 giugno il direttore finanziario (o Chief finance officer, Cfo) del Mes Kalin Anev Janse ha pubblicato un articolo – lo «studio» di cui parla Gualtieri – sul sito ufficiale dell’istituzione, in cui ha calcolato, a quella data, quali sarebbero i costi per i Paesi per accedere ai prestiti del Mes.

Il primo punto da sottolineare riguarda innanzitutto i costi che il Mes ha per finanziarsi sui mercati, emettendo obbligazioni, per poi girare le risorse raccolte agli Stati che chiedono aiuto.

Dal momento che alle sue spalle ha i 19 Paesi dell’area euro, il Mes è considerato sui mercati molto affidabile. Per gli investimenti a lungo termine l’agenzia di rating Fitch gli ha dato una tripla AAA (il grado massimo di affidabilità), mentre Moody’s un’AA1 (il gradino subito dopo la tripla AAA).

Come ha spiegato Kalin Anev Janse il 3 giugno, questo fa sì che «in questi giorni» i costi di finanziamento del Mes – ossia quelli che l’istituzione ha per raccogliere soldi sui mercati – siano molto bassi o persino negativi.

«I titoli con tassi di interesse negativo significa che li pago di più rispetto a quello che poi mi sarà restituito», ha spiegato a Pagella Politica Andrea Terzi, professore di Economia e finanza alla Franklin University in Svizzera. «La convenienza in questi casi è sempre una questione di costo-opportunità: se non li metto lì dove li metto? Per esempio, le banche possono decidere di tenere ferma la loro liquidità e pagarci un tasso dello 0,5 per cento alla Banca centrale europea, oppure possono comprare dei titoli con tassi di interesse negativi, su cui ci pagano qualcosa, ma meno rispetto a non fare operazioni e con rischi molto bassi».

Secondo i calcoli del Cfodel Mes, al 3 giugno le obbligazioni del Mes a 7 anni avevano tassi di interessi del -0,21 per cento e a 10 anni del -0,05 per cento.

«Quello che fa il Mes è trasferire questi costi di raccolta, al momento negativi, interamente sul Paese che chiede aiuto, con dei costi aggiuntivi relativamente piccoli», ha sottolineato Terzi.

Quali sarebbero questi costi aggiuntivi? Stiamo parlando di tre voci: un margine annuale dello 0,1 per cento; una commissione iniziale dell0 0,25 per cento, che annualizzata vale lo 0,036 per cento per un prestito a 7 anni e lo 0,025 per cento a 10 anni; e una commissione annuale dello 0,005 per cento.

In concreto, un Paese che chiede di accedere al Pandemic crisis support affronterebbe un costo negativo, del -0,07 per cento per un prestito a 7 anni, o molto basso, dello 0,08 per cento per un prestito a 10 anni. Percentuali entrambe correttamente citate da Gualtieri e più basse dell’1 per cento del tradizionale Enhanced conditions credit line (Eccl) del Mes, su cui si incardina il nuovo Pandemic crisis support.

«Da questi numeri possiamo dire che se l’Italia avesse aderito al Mes una settimana fa, avrebbe ricevuto addirittura dei soldi nel richiedere il prestito», ha sottolineato Terzi. «In futuro i tassi con cui il Mes raccoglie soldi sui mercati potrebbero cambiare, magari aumentando, ma per il momento, salvo sorprese o eventi imprevisti, è legittimo ipotizzare che rimarranno stabili e convenienti».

Come ha sottolineato lo stesso Mes, un costo del -0,07 per cento per prestiti a 7 anni converrebbe, per il momento, ad almeno 11 Paesi europei, che hanno tassi di interessi positivi sull’emissione di loro titoli di Stato per una durata simile. Per esempio, le obbligazioni dell’Italia a 7 anni a fine maggio avevano un tasso di interesse dell’1,34 per cento.

La questione dello stigma

Oltre alla questione delle condizionalità e dei costi, resta però tema di dibattito un’altra questione.

Secondo alcuni esperti, infatti, chiedere aiuto al Mes potrebbe causare una sorta di “effetto stigma” verso l’Italia, che darebbe un cattivo segnale ai mercati, facendo alzare i costi con cui il nostro Paese si finanzia attraverso l’emissione di titoli di Stato. Tra l’altro, diversi Paesi come Spagna, Grecia, Portogallo e Francia hanno annunciato che per il momento non hanno intenzione di ricorrere al Pandemic crisis support.

Secondo altri, invece, l’obiezione dello stigma sarebbe mal posta per almeno due motivi: da un lato stiamo parlando di uno strumento diverso da quelli tradizionalmente usati dal Mes, al momento privo di condizionalità; dall’altro, i mercati potrebbero invece reagire bene al ricorso da parte dell’Italia di uno strumento vantaggioso, che fa risparmiare soldi ai Paesi che chiedono aiuto.

In ogni caso, ricordiamo che stiamo parlando di un prestito massimo di 36 miliardi di euro, vincolato a spese sanitarie dirette e indirette, mentre tra decreto “Cura Italia” e decreto “Rilancio” il nostro Paese ha già dovuto fare ricorso a circa 80 miliardi di euro di ulteriore indebitamento.

Il verdetto

Secondo Roberto Gualtieri, quelli del Mes «in sostanza ci pagherebbero per darci il prestito», dal momento che sui prestiti a 7 anni i tassi di interesse sarebbero negativi, del -0,07 per cento, e molto bassi, intorno allo 0,08 per cento sui prestiti a 10 anni.

Abbiamo verificato e il ministro dell’Economia cita correttamente delle stime pubblicate il 3 giugno dal direttore finanziario del Mes.

Se l’Italia in questi giorni dovesse chiedere aiuto al Mes per un prestito a 7 anni, riceverebbe addirittura dei soldi. Per un prestito a 10 anni, costi ci sarebbero, ma sarebbero comunque molto bassi.

Questa convenienza potrebbe mutare nelle prossime settimane e mesi, ma per il momento è confermata dai numeri, anche se ci sono altre questioni che mettono in dubbio la convenienza nel richiedere il prestito.

In ogni caso, Gualtieri si merita un “Vero”.