Il 30 marzo il capo politico del Movimento 5 stelle Vito Crimi ha annunciato in una diretta Facebook la proposta del suo partito di dimezzare lo stipendio di tutti i parlamentari, per destinare le risorse risparmiate a sostegno dei cittadini colpiti dall’emergenza coronavirus.

«Non servono leggi, non servono decreti», ha detto Crimi. «Basta una delibera degli Uffici di Presidenza e avremo ottenuto un risparmio di 60 milioni di euro l’anno». Un invito analogo è arrivato anche da altri esponenti del M5s, come il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

Non si conoscono ancora i dettagli della proposta, che secondo Crimi dovrebbe essere presentata «nei prossimi giorni», ma andiamo a vedere se la cifra indicata dal capo politico del M5s è plausibile e se davvero non sono necessari leggi o decreti speciali.

Quanto guadagnano i parlamentari italiani

Di recente ci siamo già occupati di quanto guadagnano i parlamentari italiani, in particolare in riferimento alla riforma del “taglio dei parlamentari”, approvata dal Parlamento a ottobre 2019 ma ancora in attesa del referendum confermativo (rinviato per l’emergenza coronavirus).

Per quanto riguarda la Camera dei deputati, per il triennio 2018-2020 questo ramo del Parlamento ha messo a bilancio circa 81,2 milioni di euro lordi all’anno per le indennità, che sono in sostanza gli stipendi degli onorevoli.

In aggiunta ci sono anche circa 63,6 milioni annuali destinati ai rimborsi per spese di varia natura, legate per esempio ai collaboratori, alla gestione dell’ufficio o alle consulenze.

Se prendiamo in considerazione solo le indennità, il risparmio annuo di un eventuale dimezzamento sarebbe di oltre 40,5 milioni di euro lordi.

Per quanto riguarda il Senato, invece, lo stanziamento annuale – sempre nel triennio 2018-2020 – per le indennità dei senatori è di circa 43 milioni di euro lordi, a cui si aggiungono circa 37 milioni di euro per i rimborsi.

Anche in questo caso, dimezzando il valore delle indennità si ottengono 21,5 milioni di euro che, se aggiunti agli oltre 40,5 milioni sopra visti, portano l’eventuale risparmio annuo a circa 62 milioni di euro lordi: una cifra in linea con quanto detto da Crimi.

Il capo politico del M5s, in base a un calcolo spannometrico, riporta dunque un dato plausibile, anche se con il “taglio” – essendo le cifre citate «lorde» – si avrebbe anche un dimezzamento delle tasse che deputati e senatori pagano allo Stato.

Per avere poi un’ordine di grandezza, questa somma di 60 milioni di euro corrisponderebbe allo 0,25 per cento dei 25 miliardi di euro stanziati dal governo con il decreto “Cura Italia” o al 15 per cento dei 400 milioni di euro destinati per gli aiuti alimentari a fine marzo.

Passiamo ora alla questione del “come” si potrebbe effettuare un taglio del genere.

Il ruolo degli Uffici di Presidenza

A differenza del numero dei parlamentari, lo stipendio di deputati e senatori non è fissato dalla Costituzione – che all’articolo 69 stabilisce solo che venga data una generica «indennità» ai parlamentari – ma da una legge ordinaria (legge n. 1261 del 31 ottobre 1965).

Qui, all’articolo 1, si legge che gli Uffici di presidenza delle Camere (al Senato si chiama “Consiglio di presidenza”) hanno il compito di stabilire l’ammontare della indennità mensile dei parlamentari in misura tale che non superi «il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate».

Come spiegano sia il sito della Camera che quello del Senato, negli ultimi decenni gli Uffici di presidenza hanno già ridotto in parte le indennità parlamentari, così come le diarie (ossia il rimborso delle spese di soggiorno a Roma), i rimborsi e le pensioni.

Alla Camera, questo è avvenuto o con l’approvazione di nuovi bilanci triennali – che in base al Regolamento della Camera devono poi essere approvati dall’Aula – o con l’approvazione di singole delibere da parte dell’Ufficio di presidenza, che è composto dal presidente della Camera, da quattro vicepresidenti, da tre deputati questori e da 11 segretari, scelti tra i deputati.

Il ricorso all’utilizzo dello strumento della deliberazione è per esempio avvenuto a luglio 2018, quando con il governo Lega-M5s era stato approvato nell’Ufficio di presidenza il cosiddetto “taglio dei vitalizi”, annunciato a fine giugno 2018 dal presidente della Camera Roberto Fico. Una misura analoga, sempre con una decisione del Consiglio del Senato, era stata approvata a Palazzo Madama a ottobre 2018.

In linea teorica dunque, come ha sottolineato in un approfondimento di maggio 2019 anche Openpolis, è vero che per il taglio degli stipendi dei parlamentari «sarebbe sufficiente una delibera degli Uffici di presidenza delle Camere».

In concreto, però, potrebbero sorgere alcuni problemi.

In primo luogo, è necessario trovare un accordo per trovare la maggioranza tra le parti in Parlamento – come avvenuto per i vitalizi – che sono rappresentate negli Uffici di presidenza, dove sono già arrivate le prime critiche alla proposta del M5s.

In secondo luogo, un dimezzamento immediato – non rimandato, per esempio, alla prossima legislatura – delle indennità parlamentari potrebbe portare a una pioggia di ricorsi dei singoli deputati e senatori contro la decisione degli Uffici di presidenza, per violazione dei principi di non retroattività e di tutela del legittimo affidamento, un po’ come avvenuto per i vitalizi (su cui i giudici non si sono ancora espressi).

Il verdetto

Secondo Vito Crimi, basterebbe «una delibera degli Uffici di presidenza delle Camere» per dimezzare gli stipendi di tutti i parlamentari e risparmiare «60 milioni di euro l’anno».

Abbiamo verificato e il capo politico del M5s ha ragione, anche se sono necessarie delle osservazioni.

È vero che sono gli Uffici di presidenza di Camera e Senato che hanno il compito di stabilire l’ammontare mensile delle indennità (ossia gli stipendi) di deputati e senatori, ed è vero che con un dimezzamento si potrebbero risparmiare, a spanne, poco più di 60 milioni di euro (una cifra pari allo 0,25 per cento di quanto stanziato dal decreto “Cura Italia”).

Nella pratica, però, potrebbero esserci degli ostacoli, politici e giuridici, che non rendono così semplice il percorso indicato da Crimi.

In conclusione, comunque, il capo politico del M5s si merita un “Vero”.