Aggiornamento, ore 14 del 12 febbraio 2020: Abbiamo ricevuto, e pubblichiamo in calce all’articolo, la replica dell’onorevole Borghi.

Il 5 febbraio il deputato della Lega Claudio Borghi è tornato nuovamente sulla vicenda della dichiarazione da parte dell’Algeria di una zona economica esclusiva che arriverebbe a ridosso del mare territoriale italiano, di cui ci siamo occupati il 4 febbraio.

Rispondendo su Twitter a un utente che chiedeva maggiori dettagli e dubitava che uno Stato possa dichiarare unilateralmente di aver annesso delle aree di mare a discapito di altre nazioni e che queste davvero diventino aree del Paese dichiarante, Borghi ha risposto: «Si [sic] non può, però l’Algeria l’ha fatto. Un paese normale risponde mandando un incrociatore, noi abbiamo mandato una lettera».

Al di là delle possibili esagerazioni retoriche, davvero la risposta «normale» a un’iniziativa come quella algerina sarebbe militare? Che cosa dicono i precedenti e il diritto internazionale? Abbiamo approfondito.

L’Algeria poteva dichiarare una zona economica esclusiva

L’azione dell’Algeria di dichiarare una propria zona economica esclusiva è legittima, da un punto di vista del diritto internazionale del mare. La possibilità di una dichiarazione di questo genere è infatti prevista dagli articoli 55 e successivi della convenzione di Montego Bay, il principale trattato internazionale che regola il diritto internazionale del mare. Al massimo si può criticare la mancanza di coordinamento preliminare con l’Italia, che però non rende illegittima l’azione algerina.

Che da una dichiarazione del genere possano sorgere controversie tra Stati «con coste opposte o adiacenti», come l’Italia e l’Algeria, è poi un’ipotesi esplicitamente presa in considerazione e disciplinata ancora dalla convenzione di Montego Bay all’articolo 74. In questo caso gli Stati risolvono la questione delimitando la zona economica esclusiva «per accordo sulla base del diritto internazionale (…) al fine di raggiungere un’equa soluzione». Insomma, tramite negoziati.

Anche se un accordo non viene trovato, di norma non si mandano incrociatori ma «gli Stati interessati ricorrono alle procedure previste nella Parte XV» della convenzione di Montego Bay (la sezione della convenzione in cui viene regolata la pacifica soluzione delle controversie internazionali, tramite conciliazione o giudizio di una corte internazionale).

Nel frattempo gli Stati interessati «in uno spirito di comprensione e cooperazione», cercano di raggiungere intese provvisorie e, nel frattempo,«non debbono compromettere od ostacolare l’accordo finale».

Si possono citare diversi casi di dispute sui confini marittimi tra Stati risolte per via diplomatica. Nel Mediterraneo normalmente – spiega ad esempio il The Oxford Handbook of the Law of the Sea (pag. 615 e ss.) – l’accordo viene trovato tramite intese bilaterali tra gli Stati, dunque senza bisogno di coinvolgere le corti internazionali. Ci sono però casi in cui ci si è rivolti a giudici o arbitri internazionali, come successo ad esempio nel 2009 tra Croazia e Slovenia o, negli anni Ottanta, tra Libia e Malta, e tra Tunisia e Libia.

L’Italia e l’Algeria – come risulta anche dalle rispettive comunicazioni ufficiali, dove viene esplicitamente citato l’articolo 74 della convenzione di Montego Bay – si stanno muovendo come previsto dal diritto internazionale. Siamo, in particolare, nella fase in cui i due Paesi stanno cercando di risolvere la questione con un accordo bilaterale, i cui negoziati, come vedremo tra poco, stanno per iniziare.

“Mandare una lettera”, per usare l’espressione di Borghi, è quanto previsto dal diritto internazionale. Mandare incrociatori o compiere altre azioni bellicose apparirebbe insomma un atto ingiustificato e di una gravità sproporzionata alla situazione.

Dal Ministero degli Esteri, da noi contattato, ci hanno comunicato che entro fine febbraio dovrebbe tenersi la prima riunione della commissione tecnica bilaterale Italia-Algeria che è stata convocata, seguendo il diritto internazionale che abbiamo ricordato, proprio per risolvere la questione della zona economica esclusiva.

Nessuno dei due Paesi, fanno sempre sapere dalla Farnesina, intende mettere in campo azioni ostili nei confronti dell’altro, anche perché l’art. 74 della convenzione di Montego Bay prescrive agli Stati di «non compromettere od ostacolare l’accordo finale». Si procede dunque in spirito di collaborazione secondo i normali canali diplomatici.

Il verdetto

Il deputato della Lega Claudio Borghi ha sostenuto su Twitter che l’Algeria non potesse dichiarare una propria zona economica esclusiva che arrivi a ridosso del mare territoriale italiano e che la risposta «normale» a un’azione di questo genere dovrebbe essere mandare «un incrociatore» e non «una lettera».

Questa affermazione è però esagerata e non tiene conto dei precedenti e del diritto internazionale: l’Algeria si sta ancora muovendo nell’alveo della legalità internazionale e, dichiarando una sua zona economica esclusiva, sta esercitando un diritto previsto dalla convenzione di Montego Bay. Se, come è in effetti accaduto con l’Italia, l’esercizio di questo diritto crea delle controversie con altri Stati, la convenzione di Montego Bay stessa prevede una serie di meccanismi per la soluzione «con mezzi pacifici» di tali controversie. L’Italia, con l’invio di una lettera (e non solo), e l’Algeria si stanno muovendo in questa direzione e in passato diversi Paesi «normali» hanno seguito la stessa strada senza far uso di navi da guerra. Per Borghi, insomma, una “Panzana pazzesca”.

Replica dell’onorevole Borghi: L’espressione “mandare un incrociatore” è meramente retorica. L’intento, provocatorio, è quello di sottolineare le forti carenze del nostro paese nella gestione della politica estera e internazionale. Non sono pochi, peraltro, i casi in cui altri Stati hanno reagito con dimostrazioni di forza in situazioni similari. Sotto il profilo giuridico, è errato l’assunto dell’articolo «L’azione dell’Algeria di dichiarare una propria zona economica esclusiva è legittima, da un punto di vista del diritto internazionale del mare». Nessun articolo della Convenzione di Montego Bay contempla tale eventualità. E ancora, l’art. 74 della Convenzione (citato dall’articolo) non riguarda solamente la generica “ipotesi di controversie”, ma prescrive piuttosto il contegno che gli Stati, con coste opposte o adiacenti, si impegnano a tenere al fine di delimitare una Zona economica esclusiva – contegno che si sarebbe dovuto osservare nel caso di specie nel quale, invece, è mancato un negoziato e un accordo tra le parti. L’art. 55, d’altro canto, sancisce “(…) 3. I diritti enunciati nel presente articolo relativamente al fondo del mare e al suo sottosuolo, vengono esercitati conformemente alla Parte VI”, relativa alla piattaforma continentale. Ebbene, l’Algeria, con la ZEE dichiarata, ha di fatto “occupato” la piattaforma continentale di Italia e Spagna (per meglio comprendere i diritti esercitabili su tale zona da parte dello Stato sovrano, si vedano gli artt. 76 ss.; si veda anche la delimitazione della piattaforma continentale italiana https://unmig.mise.gov.it/index.php/it/dati/cartografia/piattaforma-continentale-italiana). Sul punto, l’art. 77 stabilisce “1. Lo Stato costiero esercita sulla piattaforma continentale diritti sovrani allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali. 2. I diritti indicati al numero 1 sono esclusivi nel senso che, se lo Stato costiero non esplora la piattaforma continentale o non ne sfrutta le risorse, nessun altro può intraprendere tali attività senza il suo espresso consenso(…)”. Appare dunque pacifico che si tratti di una situazione patologica, come riconosciuto dallo stesso Governo, il quale ha inviato “la lettera” al fine di intraprendere un negoziato per proteggere (tardivamente) gli interessi dell’Italia, invero affatto irrilevanti.