Il 20 gennaio 2020 la ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova (Italia Viva) ha scritto su Twitter che «l’82 per cento delle violenze sulle donne avviene in casa».

Il post si inserisce nella polemica scatenata dalla partecipazione al Festival di Sanremo del rapper Junior Cally, i cui testi sono stati interpretati da alcuni come un’istigazione alla violenza di genere e al femminicidio. Il 19 gennaio, il leader della Lega Matteo Salvini aveva infatti scritto su Twitter: «A proposito mi vergogno di quel cantante che paragona Donne come troie, violentate, sequestrate, stuprate e usate come oggetti. Lo fai a casa tua, non in diretta sulla Rai e a nome della musica italiana».

Ma è vero come dice Bellanova che oltre 8 violenze sulle donne su 10 avviene in casa? Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando

Il Ministero dell’Interno definisce la violenza di genere come l’insieme di «tutte quelle forme di violenza, da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso».

In particolare, il report della Polizia di Stato “Questo non è amore”, pubblicato a ottobre 2019, afferma che il genere assume un ruolo preponderante in casi relativi a «maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.), percosse (art. 581 c.p.) e violenza sessuale (art. 609 bis e ss. c.p.)».

Che cosa dice la legge

Nel 2013, l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (legge 77/2013) adottata dal Consiglio d’Europa due anni prima. Come riporta il dossier della Camera dei Deputati, la Convenzione «è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante» in cui si riconosce la violenza contro le donne come violazione dei diritti umani. Con la legge 119/213 viene introdotto nel nostro ordinamento penale il riferimento esplicito all’espressione “violenza di genere”.

Sempre nella cornice della Convenzione di Istanbul, il 25 gennaio 2017 il Senato ha poi istituito la “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”, di durata annuale ma poi rinnovata anche per il 2019. Al momento, sono in corso le discussioni per una proroga nel 2020.

Dal punto di vista normativo il provvedimento più recente sul tema è la Legge 69/2019, rinominata dai giornali “Codice Rosso”, entrata in vigore il 9 agosto scorso. Il testo contiene «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere». Il provvedimento mira a velocizzare le procedure di avvio delle indagini successive alla denuncia (art. 2) e inserisce quattro nuovi reati specifici nell’ordinamento giuridico italiano: revenge porn (art. 10), lesioni al viso sfregianti o deformanti (art. 12), induzione o costrizione al matrimonio (art. 7) e violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 4).

I numeri

Per quanto riguarda l’incidenza del fenomeno della violenza di genere in Italia, i dati più recenti sono forniti dal rapporto “Questo non è amore (2019) citato in precedenza. A titolo esemplificativo, il documento afferma che nel mese di marzo del 2019 è stata registrata una media di 88 denunce al giorno da parte di vittime di violenza di genere di sesso femminile: quasi una ogni 15 minuti. È anche precisato che la maggior parte delle denunce proviene da vittime di nazionalità italiana (80,2 per cento dei casi) e che anche gli autori delle violenze sono per il 74 per cento italiani.

Ai fini della nostra analisi, però, l’affermazione più importante che si legge nel rapporto della Polizia è quella secondo cui «nell’82 per cento dei casi chi fa violenza su una donna non bussa: ha le chiavi di casa» (non è chiaro a quale periodo esatto si stia facendo riferimento). C’è dunque una leggera differenza con quanto affermato da Bellanova, che parla letteralmente del luogo della violenza, ma la sostanza delle sue parole è corretta.

Lo stesso trend, inoltre, è riscontrabile nel report Istat “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia”, ultimo pubblicato, nel 2015, e relativo all’anno 2014. Seppur con numeri e dati di base ovviamente diversi, il documento afferma che «le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici». In particolare, «gli stupri sono stati commessi nel 62,7 per cento dei casi da partner, nel 3,6 per cento da parenti e nel 9,4 per cento da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex».

Il rapporto Istat relativo al 2014 è utile anche per dare un’idea della portata complessiva del fenomeno, un tema non toccato dal documento della Polizia di Stato. L’Istat ha infatti calcolato che «6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5 percento delle donne tra i 16 e i 70 anni. Il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri».

Il verdetto

Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha scritto su Twitter che «l’82 per cento delle violenze sulle donne avviene in casa».

Il report “Questo non è amore”, diffuso dalla Polizia di Stato nell’ottobre 2019, riporta che «nell’82 per cento dei casi chi fa violenza su una donna non bussa: ha le chiavi di casa». È insomma vero che sia l’ambito domestico–familiare quello in cui avviene la grande maggioranza delle violenze.

Bellanova merita dunque un “Vero”.