Il 16 gennaio 2020 il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha pubblicato un articolo sul Blog delle stelle (organo ufficiale d’informazione del Movimento 5 stelle), in cui ha rivendicato quanto fatto di buono dal suo dicastero nel 2019.

Secondo Costa, il cosiddetto “decreto Clima” approvato dal governo Pd-M5s è «la prima legge europea incentrata solamente sul contrasto ai cambiamenti climatici».

Ma le cose stanno davvero così? Abbiamo verificato.

Il “decreto Clima” e i cambiamenti climatici

Il 14 ottobre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 111, intitolato “Misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria”, meglio noto con il nome di “decreto Clima”. Il testo di conversione in legge è stato poi approvato in via definitiva, con modifiche, dalla Camera il 10 dicembre 2019, dopo il sì del Senato arrivato il 21 novembre.

Vediamo dunque che cosa prevede in concreto questo “decreto Clima”.

Il titolo ufficiale, già in prima battuta, lascia intendere che al centro del provvedimento ci sia la qualità dell’aria, piuttosto che i cambiamenti climatici. Infatti, la direttiva 2008/50/CE – recepita dal nostro Paese nel 2010 – stabilisce, tra le altre cose, i valori limite che non vanno superati per le sostanze inquinanti emesse nell’aria (per aver infranto questi limiti l’Italia ha già subito almeno due procedure di infrazione europee).

È vero che nelle premesse del testo del decreto si fa più volte riferimento alla necessità di contrastare l’«emergenza climatica», ma come vedremo è sbagliato dire come fa Costa che il testo sia incentrato «solamente sul contrasto ai cambiamenti climatici».

Come riassume un dossier del Parlamento del 27 novembre 2019 – e come abbiamo spiegato in una precedente analisi – è infatti il miglioramento della qualità dell’aria che è al centro del provvedimento.

Tra le misure di maggiore rilievo, ci sono il “Programma sperimentale buono mobilità” (per un valore totale di 255 milioni di euro) per incentivare la rottamazione di veicoli inquinanti; un programma sperimentale per la riforestazione delle città metropolitane (per un importo di 15 milioni di euro); un fondo di 40 milioni di euro per i comuni per la realizzazione di corsie preferenziali per il trasporto pubblico; un fondo di 20 milioni di euro da destinare ai comuni per incentivare il trasporto scolastico con mezzi ibridi ed elettrici; una campagna di informazione nelle scuole dedicata all’ambiente; il finanziamento (con 27 milioni di euro) delle macchinette cosiddette “mangia-plastica”, ossia quelle che raccolgono bottiglie di plastica e in cambio restituiscono un piccolo bonus; incentivi per favorire il mercato dei prodotti sfusi e alla spina.

L’articolo 1 stabilisce i contorni entro i quali dovrà essere presentato il “Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria”, che però dovrà essere approvato dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministero dell’Ambiente, entro 90 giorni dall’approvazione del “decreto Clima”.

«Il “decreto Clima” non andrebbe chiamato “decreto Clima”, perché ha molto poco sul contrasto ai cambiamenti climatici rispetto a quello che effettivamente servirebbe mettere in campo», ha spiegato a Pagella Politica Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. «È una buona legislazione in campo ambientale, con degli aspetti innovativi per esempio sulla mobilità sostenibile, ma non ha la visione e gli stanziamenti per quello che dovrebbe essere un vero “decreto Clima”».

Di opinione simile sono anche alcune organizzazioni ambientaliste, come Greenpeace, che in un comunicato stampa del 10 ottobre 2019 ha scritto che «occorrerebbero provvedimenti ben più radicali».

Ricapitolando: non è vero, come dice il ministro Costa, che il “decreto Clima” è incentrato «solamente sul contrasto ai cambiamenti climatici», ma su una serie di misure che concorrono al miglioramento della qualità dell’aria (che indirettamente incide anche sull’aumento medio delle temperature).

A dirla tutta, poi, non è neanche vero che il “decreto Clima” è la «prima legge europea» a occuparsi di cambiamenti climatici.

Che cosa hanno fatto gli altri Paesi europei

Alcuni Paesi europei hanno infatti già stabilito per legge l’obiettivo di raggiungere al massimo entro il 2050 il livello zero per le emissioni nette di CO2 (ossia la differenza tra le emissioni prodotte e quelle assorbite in natura), uno dei passi più importanti per contrastare seriamente il riscaldamento globale.

Come mostra un approfondimento dell’organizzazione britannica no-profit Energy & climate intelligence unit (Eciu) – che supporta un dibattito informato sui cambiamenti climatici – tre Paesi europei hanno approvato dei provvedimenti legislativi per impegnarsi formalmente ad azzerare le loro emissioni di CO2: la Svezia entro il 2045, il Regno Unito e la Francia entro il 2050.

Altri Stati europei in un senso ampio del termine (perché non tutti membri Ue) – Finlandia, Svizzera, Norvegia, Islanda, Danimarca e Portogallo – hanno approvato documenti che vanno nella direzione tracciata da Svezia, Regno Unito e Francia, mentre l’Italia in questo ambito non ha ancora deciso nulla.

In generale, negli ultimi anni in Europa sono stati approvati da diversi Stati numerosi provvedimenti legislativi che si sono occupati del contrasto dei cambiamenti climatici (ad oggi, però, in maniera poco efficace).

Il Grantham research institute on climate change and the environment, un istituto di ricerca della London school of economics di Londra, cura il progetto Climate laws, un database in cui sono raccolte le leggi approvate in tema di clima in giro per il mondo e per il nostro continente.

Sul database ufficiale, si scopre che il “decreto Clima” non è dunque una novità assoluta, ma è stato preceduto da altri provvedimenti simili (si vedano, per esempio, testi approvati in Portogallo, Danimarca e Francia).

Il verdetto

Secondo il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il “decreto Clima” è «la prima legge europea incentrata solamente sul contrasto ai cambiamenti climatici». Abbiamo verificato e questa è un’esagerazione, per almeno due motivi.

Da un lato, è vero che il “decreto Clima” si occupa di emergenza climatica, ma lo fa marginalmente: i provvedimenti principali contenuti dalla nuova legge fanno riferimento al miglioramento della qualità dell’aria, nel rispetto di un quadro normativo comunitario.

Dall’altro lato, altri Paesi europei hanno già approvato specifici provvedimenti, per esempio, per stabilire l’anno in cui puntano ad azzerare definitivamente le loro emissioni nette, un traguardo fondamentale per poter contrastare con efficacia l’aumento medio delle temperature. Dunque la norma italiana non è «la prima».

In conclusione, Costa si merita un “Pinocchio andante”.