Il 29 ottobre 2019, la deputata di Forza Italia Mara Carfagna ha scritto su Facebook che «in Italia ci sono 0,05 Centri antiviolenza ogni 10 mila abitanti».

Secondo Carfagna, questo «è un dato drammaticamente basso, considerato che la Convenzione di Istanbul, che il nostro Paese ha ratificato nel 2013, ne prevede 20 volte tanti». La deputata ha inoltre aggiunto che «le donne che si rivolgono ai Centri sono in aumento e la maggior parte di loro porta con sé i bambini».

Ma è davvero così? I numeri tornano? Abbiamo verificato.

Che cosa sono i centri antiviolenza e quanti sono

I centri antiviolenza (Cav) sono strutture che si occupano della presa in carico delle donne vittime di violenza. Qui sono accolte le donne (e gli eventuali figli minorenni) che subiscono, o sono minacciate, da qualsiasi forma di violenza.

Come spiega un approfondimento del Senato del 2018, «questi centri forniscono gratuitamente assistenza psicologica e legale, sostegno (anche economico) nei percorsi di uscita da situazioni familiari violente, e ospitalità, in caso di bisogno, presso case rifugio dall’indirizzo segreto».

Il 28 ottobre 2019, l’Istat ha pubblicato il report “I centri antiviolenza” con i dati più aggiornati sul tema.

In Italia, al 31 dicembre 2017 erano attivi 281 centri antiviolenza. Questo numero è «pari a 0,05 centri per 10 mila abitanti» – come scrive Istat e riporta correttamente Carfagna – ma fa riferimento ai soli centri che rispondono ai requisiti di un’Intesa tra Stato e Regioni, sottoscritta nel 2014.

Questa intesa ha stabilito i requisiti minimi necessari, strutturali e organizzativi, che i centri antiviolenza e le case rifugio devono rispettare per essere in linea con quanto stabilito dalla Convenzione di Istanbul, di cui parleremo tra poco.

Secondo Istat, a fine 2017 nel nostro Paese c’erano però anche altri 106 centri antiviolenza, che non avevano aderito all’Intesa appena citata. Se li conteggiassimo, il numero di centri ogni 10 mila abitanti arriverebbe a 0,069.

La Convenzione di Istanbul: cosa dice e cosa no

La Convenzione di Istanbul del 2011 sulla «prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica» ha l’obiettivo di favorire la protezione delle vittime e impedire l’impunità dei colpevoli.

Il testo è stata sottoscritto dall’Italia nel 2012 e ratificato nel 2013 (legge 27 giugno 2013, numero 77) ma non indica esplicitamente l’obbligo per il nostro Paese di avere almeno un centro antiviolenza ogni 10 mila abitanti, come invece sostiene Carfagna.

Stabilisce soltanto l’obbligo, per gli Stati che hanno sottoscritto la convenzione, di adottare le misure legislative necessarie per consentire la creazione di (art. 23) «case rifugio» e (art. 25) «centri di prima assistenza» adeguati, facilmente accessibili e «in numero sufficiente».

Come riporta un dossier del Centro studi della Camera, è invece con il successivo decreto contro la violenza di genere (d.l. 93 del 2013 art. 5 bis, comma 2, lettera d)), e con la sua legge di conversione (legge 15 ottobre 2013, n.119), che l’Italia si è impegnata a rispettare il rapporto di un centro antiviolenza ogni 10 mila abitanti.

In questi provvedimenti viene infatti previsto che l’Italia porti il numero dei centri antiviolenza sul territorio italiano in linea con quanto stabilito dall’Expert meeting sulla violenza contro le donne dell’Ue tenutosi in Finlandia dall’8 al 10 novembre 1999. È proprio in quell’occasione che compare, tra le varie raccomandazioni formulate dal gruppo di esperti, la necessità di istituire almeno un centro violenza ogni 10 mila abitanti.

L’origine dell’obiettivo di avere un Cav ogni diecimila abitanti quindi non è la Convenzione di Istanbul, bensì l’Expert meeting sulla violenza contro le donne (Finlandia, 8-10 novembre 1999).

In ogni caso, per rispettare le varie norme internazionali recepite dall’Italia, è vero che i Cav presenti sul territorio italiano dovrebbero essere 20 volte tanti rispetto al numero di quelli che effettivamente stanno operando.

Aumentano le donne che hanno bisogno di aiuto?

Carfagna nel suo post sottolinea la gravità della situazione «in particolare se consideriamo che le donne che si rivolgono ai Centri sono in aumento e la maggior parte di loro porta con sé i bambini».

Per quanto riguarda la presenza di bambini, il rapporto dell’Istat“Indagine sui centri antiviolenza” pubblicato il 23 novembre 2018 dà ragione alla deputata di Forza Italia.

Nel 2017, tra le donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza – circa i due terzi del totale (43.467 donne) di chi si è rivolta ai Cav – il 63,7 per cento risulta avere figli, e nel 72,8 per cento dei casi questi sono minorenni.

Per quanto riguarda l’aumento nel tempo delle donne che si rivolgono ai Cav, purtroppo non sono disponibili dati aggregati a livello nazionale relativi agli ultimi anni. La citata indagine dell’Istat di fine 2018 è la prima del suo genere e contiene i dati relativi al solo 2017.

Per vedere l’evoluzione nel tempo degli accessi ai Cav possiamo allora guardare ai dati forniti da diverse regioni.

Per esempio, Regione Lombardia segnala che gli accessi ai Cav nel 2017 sono stati 5.892, contro i 5.244 del 2016 e i 4.317 del 2015.

In Veneto, le donne prese in carico nell’anno 2017 sono circa 3.107 mentre nel 2016 erano 2.711.

In Toscana, secondo il “Decimo rapporto sulla violenza di genere in Toscana”, le donne che si sono rivolte ai Cav tra il 2017 e il 2018 sono state 3.381: in aumento sia rispetto al biennio 2016/2017 (3.118), sia rispetto a quello precedente (nel 2015-16 sono state 2.449).

Anche in Piemonte il numero delle donne che hanno chiesto sostegno ai Cav risulta essere in aumento: secondo il report del progetto “Ricognizione dei flussi informativi sulla violenza alle donne”, le donne seguite dai Centri Antiviolenza nel 2018 sono state 3.125 mentre nel 2017 erano 2.336.

Secondo i dati raccolti dalla Regione Calabria poi, a fine 2015 i Cav hanno preso in carico un totale di 494 persone. Nel 2016, il numero delle donne che in Calabria si è rivolta ai centri antiviolenza è nettamente aumentato (686 donne in totale) e nel 2017 si è attestato su un volume sostanzialmente simile a quello dell’anno precedente (681).

Dunque i dati regionali sembrano generalmente confermare l’aumento di cui parla Carfagna.

Il verdetto

In un post Facebook del 29 ottobre Mara Carfagna (Fi) ha scritto che, secondo dati Istat, in Italia ci sono 0,05 centri antiviolenza ogni 10mila abitanti. Questo dato è corretto.

La Carfagna ha poi sostenuto che, secondo la Convenzione di Istanbul ratificata dal nostro Paese nel 2013, i centri antiviolenza dovrebbero essere almeno 20 volte tanti.

Anche questa affermazione è sostanzialmente corretta ma contiene un’imprecisione: non è la Convenzione di Istanbul – o meglio, la legge italiana che la recepisce – a stabilire questo rapporto numerico, ma un altro decreto legge che recepisce il parere di una commissione di esperti sul tema.

Al di là di questo, la deputata di Forza Italia ha poi ragione sulla prevalenza di donne con figli, tra quelle che si rivolgono ai Cav, e sull’aumento degli accessi a queste strutture negli ultimi anni.

In conclusione, Carfagna si aggiudica comunque un “Vero”.