Il 24 ottobre 2019, il sottosegretario per l’Ambiente Roberto Morassut (Pd) ha commentato su Facebook l’approvazione alla Camera della cosiddetta legge “Salva Mare”, per la promozione del recupero dei rifiuti in mare e dell’economia circolare.

Secondo il deputato del Pd, «in Italia ogni anno si disperdono in mare 150 mila tonnellate di plastiche in gran parte monouso e proveniente per l’80 per cento dalle acque interne (fiumi e laghi)».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e qualcosa non torna.

Oltre 50 mila tonnellate ogni anno

Secondo il report Fermiamo l’inquinamento da plastica – pubblicato a giugno 2019 dal Wwf (il World wildlife fund, la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della natura) – ogni anno l’Italia riversa nel Mar Mediterraneo circa 53 mila tonnellate di plastica.

Il Wwf ha elaborato queste informazioni sulla base del Rapporto dei rifiuti urbani 2018 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e diversi studi scientifici, fra i quali uno dei più citati in materia, intitolato Plastic waste inputs from land into the oceans e pubblicato su Science el 2015.

Il dato di 53 mila tonnellate è circa tre volte più piccolo di quello citato da Morassut.

La statistica delle «150 mila tonnellate» compare però nel rapporto 2018 del Wwf Mediterraneo in trappola. Questo dato fa riferimento alla quantità minima stimata di macroplastiche che l’Europa (e non l’Italia) riversa in mare ogni anno. La quantità massima stimata è invece di 500 mila tonnellate di macroplastiche riversate in mare ogni anno.

Secondo il rapporto 2018 del Wwf, il Paese maggiormente responsabile di questo fenomeno è la Turchia, seguita dalla Spagna e, al terzo posto, dall’Italia.

Per macroplastiche si intendono «rifiuti di maggiori dimensioni provenienti da oggetti comuni e quasi tutti monouso come sacchetti, filtri delle sigarette, palloncini, bottiglie, tappi, o cannucce», mentre per microplastiche «frammenti inferiori ai 5 millimetri».

Ricapitolando: Morassut sbaglia quando dice che in Italia si disperdono ogni anno 150 mila tonnellate di plastica in mare (il dato corretto è circa un terzo di questa cifra), ma è vero che le macroplastiche che finiscono nel Mediterraneo sono soprattutto composte da prodotti monouso.

Da dove viene la plastica?

Morassut ha anche affermato che l’80 per cento delle plastiche disperse in mare proviene «dalle acque interne (fiumi e laghi)».

Secondo le elaborazioni del Wwf pubblicate a giugno 2019, solo il 4 per cento (2.120 tonnellate) delle plastiche disperse in mare viene trasportato dai fiumi (e di conseguenza anche dai laghi). Di questa percentuale, il 3 per cento è rappresentato dal solo fiume Po, che è responsabile dello scarico in mare di 1.350 tonnellate di plastica all’anno.

Il Wwf riferisce inoltre che il 78 per cento (41.400 tonnellate) della plastica che si riversa in mare proviene «dalle attività costiere, a causa di una gestione inefficiente dei rifiuti, l’intenso flusso turistico e le attività ricreative», mentre il 18 per cento (9.500 tonnellate) da «attività in mare», come la pesca e la navigazione.

Morassut, quindi, sbaglia ancora.

Il verdetto

Il sottosegretario del Pd Roberto Morassut ha affermato che «in Italia ogni anno si disperdono in mare 150 mila tonnellate di plastiche in gran parte monouso e proveniente per l’80 per cento dalle acque interne (fiumi e laghi)».

Abbiamo controllato e, secondo le elaborazioni del Wwf, le tonnellate annuali di plastiche disperse in mare in Italia non sono 150 mila, ma 53 mila.

Di queste, solo il 4 per cento proviene dalle acque interne. Un dato decisamente distante da quello dell’80 per cento fornito da Morassut.

Su un punto il sottosegretario ha però ragione: la maggior parte delle macroplastiche disperse in mare proviene da oggetti monouso.

In conclusione, Morassut si merita un “Pinocchio andante”.