Il 15 settembre 2019, al raduno leghista di Pontida, il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari ha detto che «oggi la “quota 100” per un milione e mezzo di lavoratori è realtà».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando

Il 17 gennaio 2019, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge contenente i provvedimenti per l’introduzione del reddito di cittadinanza e della cosiddetta “quota 100”.

Come spiega nel dettaglio un dossier del Servizio studi della Camera, l’articolo 14 del decreto – diventato legge in via definitiva il 28 marzo scorso – ha introdotto la cosiddetta “quota 100”, ossia «il diritto a conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni».

In sostanza, chi ha compiuto 62 anni di età e ha versato contributi per almeno 38 anni può andare in pensione prima, rispetto alla normativa generale. Il governo Lega-M5s – mantenendo una delle promesse di bandiera del Contratto di governo – ha così introdotto criteri di accesso alla pensione più favorevoli rispetto a quelli stabiliti dalla riforma Fornero del 2011.

Per il 2019, con la legge Fornero, l’età minima per ottenere la pensione di vecchiaia è infatti di circa 67 anni. Per ottenere la pensione “anticipata” normalmente servono invece – grazie a un’altra disposizione del decreto legge di gennaio, che ha bloccato l’aumento previsto per il 2019, come vedremo meglio più avanti – 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

“Quota 100” – che stabilisce quindi condizioni più favorevoli, anche se di fatto riduce l’entità della pensione che si riceve – è operativa solo in via sperimentale, dal 2019 al 2021, ed è stata finanziata con oltre 20 miliardi di euro con la legge di Bilancio per il 2019.

Ma ad oggi, i beneficiari di questa misura sono davvero «un milione e mezzo» come dice Molinari?

Quanti sono i beneficiari stimati

La Relazione tecnica del decreto-legge su “quota 100” – pubblicata dal Senato a fine gennaio 2019 – contiene alcune stime sul numero di persone che, tra il 2019 e il 2021, potrebbero usufruire della pensione anticipata con 62 anni di età e 38 di contributi.

Alla fine del prossimo triennio, con la nuova normativa sono state stimate 973 mila pensioni in più rispetto a quella vigente: 290 mila a fine 2019; 327 mila a fine 2020; 356 mila a fine 2021.

Da questo dato, però, vanno sottratte 71 mila pensioni anticipate in più, stimate tra il 2019 e il 2021, non per effetto di “quota 100”, ma del “blocco” dell’adeguamento delle pensioni anticipate – sempre contenuto nel decreto di gennaio 2019 – di cui abbiamo accennato poco sopra. Senza questo “blocco”, infatti, i requisiti sarebbero aumentati già nel 2019 a 43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Così sono invece rimasti invariati ai livelli del 2018: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

Sottraendo i 70 mila beneficiari del “blocco” otteniamo quindi la stima di poco più di 900 mila beneficiari di “quota 100” per il prossimo triennio.

Questa cifra coincide, più o meno, con quella fatta durante la presentazione del decreto a gennaio scorso dal governo, che aveva parlato di «un milione» come «numero di pensionati nel triennio».

Una statistica diversa è stata invece fornita a febbraio 2019 da Tito Boeri in un’audizione al Senato. L’allora presidente dell’Inps, parlando dei costi di “quota 100”, aveva detto che questo «trattamento privilegiato» era concesso «a circa 650.000 persone nel giro di tre anni».

Entrambi questi numeri (900 mila e 650 mila) sono inferiori rispetto al «milione e mezzo» citato da Molinari. Ma, ad oggi, quanti hanno fatto richiesta di andare in pensione prima grazie a “quota 100”?

Quanti hanno chiesto la “quota 100”

Secondo i dati ufficiali dell’Inps, al 6 settembre 2019 sono state presentate 175.995 domande per poter beneficiare di “quota 100”.

Sulle quasi 176 mila domande ricevute, oltre 65 mila sono arrivate da dipendenti nel settore privato, mentre poco più di 55 mila da dipendenti pubblici. Le domande inviate dagli uomini sono la maggioranza: oltre 130.300 rispetto alle circa 45.700 presentate da donne.

«Abbiamo avuto circa 170 mila domande di quota 100 per pensionamento anticipato e questo vuol dire circa la metà rispetto a quanto previsto in sede di relazione tecnica, circa 290 mila», ha dichiarato il 9 settembre il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, a margine di un evento ad Ancona.

Rispetto alle attese, si tratta dunque di oltre 110 mila richiedenti in meno.

È vero che l’anno in corso non è ancora finito, e dunque il totale potrebbe ancora salire, ma come spiega un’analisi del Sole 24 Ore del 16 settembre 2019, il crollo delle domande giornaliere, dai primi giorni di operatività del decreto ad oggi, è stato del 90 per cento circa. «Dopo l’entrata in vigore del decreto di gennaio – scrive il quotidiano – si viaggiava con una media di 4 mila domande, lo scorso agosto il flusso giornaliero si è ridotto a meno di 300».

Dunque l’aumento prevedibile da settembre a fine anno è di poche decine di migliaia di unità. Una quantità quasi certamente insufficiente a raggiungere le 290 mila unità previste.

Le domande con esito positivo

I quasi 176 mila richiedenti fanno però riferimento alle domande ricevute, e non a quelle effettivamente accolte con esito positivo. Le statistiche più aggiornate dell’Inps non contengono questo dato.

Secondo un’elaborazione del Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali (realtà che si occupa di ricerca in ambito pensionistico) fatta a giugno 2019, circa il 20 per cento delle domande ricevute per quota 100 (oltre 130 mila su più di 160 mila) è stato respinto.

Se applichiamo questa percentuale di bocciature alle 176 mila domande ricevute al 6 settembre 2019, significa che ad oggi le persone effettivamente beneficiarie di quota 100 sono circa 141 mila. Meno di un decimo rispetto al dato indicato da Molinari.

Il verdetto

A Pontida, il deputato leghista Molinari ha dichiarato che «oggi la quota 100 per un milione e mezzo di lavoratori è realtà». Non è chiaro se il capogruppo della Lega alla Camera faccia riferimento alla platea dei potenziali beneficiari nei prossimi tre anni o a chi è già potuto andare in pensione prima con “quota 100” quest’anno.

In base all’interpretazione, il dato di Molinari è più o meno esagerato.

A inizio anno, le stime del numero dei beneficiari nell’arco del triennio 2019-2021 andavano da 650 mila a 900 mila: non «un milione e mezzo» ma poco meno di un milione.

A inizio settembre 2019, poi, le domande effettivamente arrivate per accedere a “quota 100” sono oltre otto volte in meno rispetto alla stima del deputato leghista. Se a queste togliamo un 20 per cento stimato di domande respinte, il numero effettivo dei beneficiari di “quota 100” scende a circa 141 mila, meno di un decimo.

Molinari, anche adottando l’interpretazione a lui più favorevole, merita comunque un “Pinocchio andante”.